Sicilia 2021

Sarà che la terra che mi ha accolto sa parlare anche con le immagini, sarà che negli ultimi tempi le parole mi vengono strozzate, e che anche io alla fine preferisco così e far parlare quello che vedo.
Luoghi, momenti di relax, le cose buone, quello che vedo uscendo da casa, le tradizioni del cuore, le persone tra le righe, il mare.

Patrick Zaki, ragazzo

Oggi #PatrickZaki compie trent’anni.
Li passa chiuso in una cella di un carcere speciale egiziano, che è molto ma molto ma infinitamente peggio di Rebibbia o di Poggioreale o di qualsiasi carcere possiate immaginare.
Sta là dentro non perché sia un pericoloso criminale, che già sarebbe una condanna durissima, visto che dove sta lui i carcerati muoiono come mosche e sono sistematicamente torturati, ma semplicemente perché ha espresso una opinione di dissenso rispetto al regime criminale che regna nel suo Paese.
Adesso provate ad immaginare vostro figlio chiuso in carcere, senza un processo, torturato solo perché ha espresso un’opinione.
Ci riuscite?
No vero?
E che è, figlio a me ‘sto Patrick?
Fatti suoi, se la sarà cercata.
Come Giulio Regeni, come Stefano Cucchi, come Federico Aldrovandi.
Ecco, a me della storia di Patrick, e degli altri, oltre che la storia in sé colpisce l’indifferenza. L’indifferenza dell’opinione pubblica, che non è la bolla di ‘sti social che già basta e avanza per le schifezze che ci si trovano scritte e dette, e che, anzi, visto che ciascuno alla fine si sceglie gli amici più affini può anche sembrare che dopotutto i social sono molto attenti a certe questioni che ci stanno a cuore. No, è il menefreghismo che senti a pelle quando magari ti trovi a parlare con qualcuno realmente e capisci che di ‘ste cose a chi ti sta di fronte non gliene frega proprio niente, e che possiamo rinunciare ai commerci con l’Egitto per due che se la sono andata a cercare?
E la stessa indifferenza sostanzialmente ce l’hai in chi governa il Paese, perché a chiacchiere sono tutti bravi, ma i fatti, per Patrick, stanno a zero.
Insomma, provateci ogni tanto a camminare nelle scarpe di qualcun altro.

Scelgo Giovanni Caudo

Le primarie per la scelta del candidato a Sindaco di Roma del cosiddetto centrosinistra si avvicinano.
Il 20 giugno si potrà votare on line oppure di persona personalmente.
I candidati sono sette, immagino che chi è interessato alla cosa sa chi sono.
Ho messo la mia firma sulla candidatura di Giovanni Caudo e ovviamente voterò per lui.
Un’altra candidatura che apprezzo è quella di Stefano Fassina, che sostenni e aiutai alle scorse elezioni comunali, uno dei pochi che in questi anni ha sempre messo la sua faccia in tutti i luoghi di conflitto della città a sostegno dei più deboli. Ma a questo giro non ho capito la sua scelta. Cioè, la capisco ma non mi piace. Non mi piace perché tutto ciò che a sinistra si aggiunge a Caudo porta acqua al mulino di Gualtieri. Do per scontato che Smeriglio e co. giochino ‘sta partita, li considero da sempre una costola del PD che gioca in un altro campo per favorire la casa madre. Mi sarei aspettato da Fassina una posizione diversa in questa circostanza, ma gli voglio bene lo stesso.
Dicevo, l’acqua al mulino di Gualtieri, del PD. Ecco, il PD continua ad essere un enorme problema per la città. Come ho sempre avuto modo di dire, e lo ribadisco anche oggi, ho una grande stima per chi, di sinistra e da sinistra, come militante ha deciso di rimanere nel PD nonostante tutto, nonostante i mal di pancia, le delusioni, le mazzate che prendono in continuazione su tutti i temi possibili e immaginabili. Ne ho molta meno per la maggior parte della classe dirigente del PD romano (e nazionale). Pd romano che ha avallato la cacciata di un sindaco eletto dai cittadini con l’infamia e la vigliaccheria di una firma dal notaio, e chi si rese protagonista di quella infamia e di quella vigliaccheria sta ancora al suo posto, o è stato promosso in regione, e magari sarà anche ricandidato a ottobre perché le preferenze piacciono a tutti. Adesso si sente parlare di scuse a Marino. Sarebbero tardive e soprattutto ipocrite, visto che a distanza di anni poi le persone restano le stesse, le teste e i metodi sono sempre i medesimi.
PD Romano che continua ad essere guidato da capi e capetti, con correnti e correntine, con i metodi di sempre. Basta citare la vicenda del candidato alle primarie per il minisindaco del I Municipio, Emiliano Monteverde, che raccoglie firme e tutto, costretto a ritirarsi dal capobastone di turno che esce dal cilindro, e tutto cambia nel giro di poche ore, con le firme ovviamente già pronte, raccolte chissà come. Resto convinto del fatto che la migliore soluzione percorribile per la scelta del Sindaco di Roma sarebbe stata quella suggerita varie volte da Walter Tocci, ossia niente simbolo del PD, un passo indietro di tutti, lista/liste ispirate alle migliori esperienze ed energie diffuse in città. Ma Walter è da tempo una voce tanto lucida quanto poco ascoltata nel desolante panorama cittadino, quindi le sue parole sono rimaste nel vento.
Fatte queste premesse, il prossimo Sindaco di Roma dovrà intervenire in maniera radicale sui problemi della città.
Il primo si chiama disuguaglianze.
Il secondo, diritti.
Il terzo, lavoro,
il quarto, criminalità organizzata.
Il quinto, cultura diffusa.
Tutto fa parte di una visione del futuro della città.
Poi vengono la monnezza, i trasporti, le buche, le doppie file, il cosiddetto decoro. O meglio, è tutto incluso nella più ampia accezione di visione del futuro della città, un futuro, appunto di eguaglianza, di diritti, di lavoro, di lotta alla criminalità organizzata, di comprensione del valore della cultura, dell’istruzione, della scuola, della ricerca. Da quello che vedo dal mio personale osservatorio, un osservatorio che in questi mesi si è potuto allargare a realtà fino a poco fa a me meno note grazie a quel po’ di attività di volontariato che faccio con Baobab Experience, semplicemente il PD su questi temi non ci sta, non ci sta a livello cittadino e non ci sta a livello nazionale. Il PD è un partito vagamente centrista che ogni tanto si ricorda che qualcuno che sta là dentro ha una storia di sinistra e prova, tra mille compromessi al ribasso, ad introdurre un mezzo diritto là, un aiuto ai più deboli qua, sempre attenti a non inimicarsi troppo Confindustria, chi campa di rendita, chi fa impresa sfruttando i lavoratori.
Lo schema delle primarie con il PD quindi non mi piace, ma capisco che è l’unico che potrebbe consentire ad un aspirante Sindaco di sinistra di avere qualche chance di vittoria delle elezioni.
Quindi il mio voto convinto a Caudo (e a Paolo Emilio Marchionne che corre alle primarie per la scelta del candidato alla presidenza del Municipio in cui vivo), ma personalmente non sento di dover sottostare ad alcun vincolo di coalizione nel caso in cui fosse vincitore delle primarie Gualtieri (la partita è tra loro due, gli altri fanno solo ammuina). Se sarà così mi riservo di decidere cosa fare al primo e al secondo turno, anche in base ai risultati dei fascisti e della Sindaca attuale.

p.s. lo so che i blog non si portano più, ma per me va così

La città che ci rende vivi, nonostante tutto

La città dei vivi non è un romanzo. È un reportage di Nicola Lagioia feroce molto di più de La Ferocia. Perché riporta un fatto di cronaca nerissima, l’omicidio insensato, assurdo, efferatissimo, crudele all’inverosimile di Luca Varani ad opera di Manuel Foffo e Marco Prato. Perché oltra alla narrazione della cronaca attraverso la voce dei protagonisti, delle vittime, degli investigatori, dei parenti, degli amici, dei cronisti, La città dei vivi ci parla di noi, del nostro lato oscuro, del lato oscuro dei nostri figli.

Questo il passaggio che riassume il libro.

E sia chiaro, l’autore non assolve nessuno. Non offre giustificazione alcuna all’orrore, cerca piuttosto di capire da dove provenga questo buio nella mente. Qualcosa in più Nicola Lagioia lo spiega in questa bella intervista.

Sullo sfondo, una Roma fetida, sporca, indifferente, cinica, violenta, corrotta, fatalista, arresa.

Una Roma eterna, che tutto guarda e tutto tollera, tanto io, la Città Eterna, ci sono ieri, ci sono oggi, ci sarò domani.

Una Roma dalla quale tutti abbiamo pensato di scappare, tanto è innaturale viverci senza servizi, senza opportunità, senza futuro.

Una Roma che però ci ha irretiti, Roma maliarda, seduttrice, mignotta dalla quale non riusciamo a separarci. Chi fugge via da lei ne sente immediatamente nostalgia, cammina dolente per le sue strade come un profugo, e poi ci torna, nonostante tutto.

 

Renoir astrofisico by Stefano Pezzola

 

Tra le persone che conosco di persona personalmente e che si dilettano a scrivere libri Stefano è quello che posso dire di conoscere più di tutti. Se non altro perché è stato tra quelli che mi ha insegnato il mestiere che svolgo attualmente (e i suoi “concetti forti” me li rivendo quotidianamente), perché ci si incrocia (incrociava, in smart un po’ meno) spesso durante la settimana e con l’occasione ci si scambia un saluto, una chiacchiera, una battuta. Quindi quando mi ha parlato del suo progetto partito su Bookabook (https://bookabook.it/libri/renoir-astrofisico/) non ho esitato nemmeno un attimo a dirgli ok, ci sono. E ho aspettato pazientemente per avere il suo Renoir Astrofisico tra le mani, perché ancora nutro la passione per la carta, il formato digitale non ha avuto il sopravvento e non credo ce lo avrà mai.
Della trama non vi dirò nulla di particolare, ma sappiate che Renoir Astrofisico è un libro delizioso, delicato, pieno di speranza, autentico, solare, positivo, scanzonato. Stefano-Renoir sa essere bambino, e con i loro occhi vedere il mondo; scienziato, e con la sapienza raccontare le stelle, il cielo e la loro grande bellezza; persona curiosa, sempre attenta a coltivare i rapporti umani, anche quelli che nascono da un incontro casuale con sconosciuti e che può cambiarti la vita; cittadino, consapevole della delicatezza del nostro ecosistema e della responsabilità che tutti abbiamo per preservare il mare, il cielo, l’acqua, la terra e tutti i suoi frutti: amico sincero, capace di coltivare i rapporti con le persone importanti della vita, anche nei momenti di grande, enorme sofferenza personale.
Il libro è stato realizzato grazie ad una campagna di crowdfunding e i diritti di autore sono stati devoluti per un progetto di riforestazione in Australia.

https://store.ecofactory.eu/renoir-astrofisico

Motivo in più per comprarlo.
Se avrete modo di leggerlo, poi mi direte.
https://www.facebook.com/Renoir-Astrofisico-101798561393415/

La verità di Dario e Massimo

Angelo.

Legalità.

Verità.

Giustizia.

Dolore.

Pazzia.

Falsità.

Opportunismo.

Queste le parole chiave del libro di Dario Vassallo “La Verità Negata”.

Leggetelo il libro di Dario. Troverete tutto quello che Dario, Massimo, la Fondazione, gli amici hanno fatto in questi anni, a partire dal quel maledetto 5 settembre del 2010. Le persone che hanno incontrato, i progetti che hanno portato avanti, le follie che sono diventate realtà, i tradimenti, le delusioni, i silenzi, i ripensamenti, le seconde possibilità. E troverete anche la soluzione giudiziaria al caso dell’assassinio di Angelo Vassallo. Dario non fa i nomi, ma se leggerete le pagine del suo libro fino alla fine, la soluzione sarà lì, sotto gli occhi di tutti. E toccherà a chi di dovere mettere insieme tutto ciò che è avvenuto per arrivare alla verità e alla giustizia.

Dario, e Massimo, hanno un dono, raro di questi tempi. Sono persone sincere, leali e generose che chiedono a chi gli sta davanti altrettanta sincerità, lealtà e generosità. Per il periodo nel quale abbiamo condiviso un pezzo di strada mi sono sentito davanti a Dario nudo, felicemente nudo, consapevole del fatto che l’unico modo per avere la sua fiducia incondizionata fosse quello di essere leale e sincero come sa essere lui. Io credo che la capacità di “fiutare” le persone sia il frutto degli anni passati in mare a capire le difficoltà della navigazione, a sapersi muovere tra le onde, a combattere con i pesci, a pensare come riportare a casa la pelle dopo aver lavorato duro. Cose semplici, condivise con persone altrettanto semplici, ma che in qualche modo ti sensibilizzano rispetto al mondo che ti circonda, mettono in moto altri sensi.

Nel libro anche Dario si mette a nudo, e non ha alcun pudore parlare del suo dolore per l’assassinio di Angelo, della delusione provocata dai falsi amici, dalla disillusione dovuta all’inerzia e alla insensibilità delle istituzioni e delle personalità politiche, soprattutto quelle del PD, che non dimentichiamo era il partito al quale Angelo era iscritto quando fu ucciso.

Non ha alcun pudore, Dario, a confessare quanto abbia sottratto agli affetti, alla famiglia, coltivando anche il dubbio della pazzia, per soddisfare la sua sete di giustizia e di verità, in nome di Angelo e della sua idea di politica, fatta di valorizzazione della bellezza, di amore per il bene comune, di legalità come principio cardine dell’agire di un amministratore, di un Sindaco, di un uomo.

E queste sue debolezze diventano la sua forza, quella forza che ha fatto superare i momenti difficili, i momenti neri, i momenti in cui tutto è in discussione, anche la tua stessa vita.

Perché poi c’è la speranza, e non a caso la festa che si celebra ogni anno per Angelo si chiama proprio Festa della Speranza, quella speranza che tutto tiene insieme, che spinge a continuare così (mai fermi, mai domi è il mantra della Fondazione) nella consapevolezza che solo in questo modo si potrà tenere in vita Angelo e le sue idee.

Grazie Dario, grazie Massimo, grazie a tutte le persone che avete incontrato in questi anni e che vi hanno sostenuto.

Memoriale della Resistenza Italiana

Ho appena finto di leggere questo libro.

Che poi sarebbe la versione stampata delle testimonianze ascoltate dalla viva voce dei protagonisti su Rai 3, in una trasmissione andata in onda fino a qualche settimana fa.

Un grazie infinito a Gad Lerner e ai suoi collaboratori per il lavoro che stanno facendo. Le testimonianze di chi ha partecipato alla Resistenza costituiscono un patrimonio per l’intero Paese e non si dovrà mai smettere di raccontare le storie di uomini e donne che hanno fatto la storia dell’Italia, e se siamo oggi qui a vivere in piena libertà lo dobbiamo principalmente ai protagonisti di quella stagione.

Come già mi era successo guardando queste donne e questi uomini in televisione, leggendo le loro parole non puoi che commuoverti. Per i loro gesti eroici, per la fermezza dei loro convincimenti, per i sacrifici fatti per noi, generazioni successive. E penso che vorrei avere un po’ del loro coraggio, che se ciascuno di noi, oggi, avesse un briciolo del coraggio che hanno avuto non solo a combattere nella Resistenza tra il 1943 e il 1945, ma anche ad opporsi alle leggi razziali, al fascismo, alle ingiustizie nelle fabbriche e nei campi, ai soprusi subiti durante il ventennio, alle deportazioni, e se quel coraggio a nostra volta riuscissimo a trasmetterlo ai nostri figli e ai nostri nipoti, beh, vivremmo in un mondo un po’ più giusto.

Nelle pagine del libro poi ci sono altri spunti di riflessione.

Il ruolo delle donne, staffette, combattenti, senza le quali semplicemente la Resistenza non sarebbe esistita. Un ruolo riconosciuto in quel periodo ma negato successivamente, anche da chi aveva combattuto con loro nelle varie formazioni partigiane. E della questione della parità di genere se ne continua ahinoi a parlare ancora a 75 anni di distanza.

La qualità della classe dirigente venuta fuori dalla Resistenza, si pensi non solo ai nomi più noti, che so, Luciano Lama, Tina Anselmi, Sandro Pertini solo per citare i primi che mi vengono in mente, ma anche a tutti i protagonisti della lotta partigiana che nel tempo hanno avuto la possibilità di sedersi in Parlamento. E ogni confronto con la classe dirigente attuale è semplicemente improponibile.

E poi la memoria per i morti, dai singoli eroici combattenti ai tanti innocenti delle stragi nazifasciste, orrore nell’orrore della guerra, orrore che tanti, troppi, vorrebbero edulcrorare nell’oblio del volemòse bene, del riconoscimento delle ragioni dei vinti, della riappacificazione collettiva, del minestrone storico che accomuna torti e ragioni.

Mai.

Mai.