Archivio mensile:Gennaio 2010

Vi avanza un aereo?

Degno di un "porcellum" il commento del signor Calderoli (e di altri suoi compari fascio-leghisti) sull’iniziativa dello sciopero dei migranti previsto per il 1° marzo prossimo.
Un piccolo problema però lo intravedo: dove trovare gli aerei per rispedire tutti a casa?
Un cialtrone così non si era mai visto. Un vero padre costituente. Che schifo.

Fermiamoli prima che sia tardi

A proposito di paletti che si spostano in continuazione, ecco l’ultimo di una lunga serie. Non sappiamo bene dove andremo a finire, ma forse bisognerebbe imparare dalla storia, quella del ventennio. E guarda caso il problema riguarda solo il nord. Non possono trovare un modo più becero di fare campagna elettorale.

Giù le mani

Ve lo ricordate chi disse che il  problema del lavoro precario non è una priorità del paese?
Ecco i risultati. Per inciso, quando passo davanti al ministero del welfare e vedo la targa "Palazzo Marco Biagi" mi sento ribollire il sangue. Si sono appropriati indebitamente del pensiero e dell’azione di un uomo che, sono sicuro, davanti allo scempio che abbiamo sotto gli occhi avrebbe avuto qualcosa da ridire.

Appunto, nessuno

Pippo ci regala un post pieno di amarezza che rappresenta perfettamente la realtà attuale del nostro paese.

Nessuno si senta escluso

Sono lontano dall’Italia, ma non riesco a staccare. Forse è sempre stato il mio problema: non riuscire a prendere le distanze. Bene, guardo da lontano quello che accade a Rosarno e il dibattito (che non poteva essere peggiore) che dalla località calabrese e da quanto sta succedendo ha preso le mosse. Per me, la verità è tragicamente semplice: Rosarno è una metafora di quello che ora è l’Italia. Lavoratori stranieri che dipendono fisicamente dal datore di lavoro e sono pagati una miseria: 15 euro al giorno (non vi preoccupate, succede anche al Nord e le gabbie non sono solo salariali). Una miseria che accettano solo perché nei paesi da cui provengono questa miseria è ancora più miseria (si parla di 2 dollari al giorno, il cambio fatelo voi, ma si tratta di un decimo di quanto percepiscono lavorando in quelle condizioni schifose). Gli italiani che non sono mai colpevoli, anzi: sono loro che sono troppi, anche se stanno lavorando per noi, anche se alcuni di loro hanno tutti i documenti in regola (come uno dei due stranieri feriti ieri). Perché, si dirà, come dice uno dei peggiori ministri dell’Interno che la storia repubblicana ricordi (il prossimo che dice «Maroni è uno bravo»…), sono clandestini: faccio notare che, per decenza, il termine andrebbe rivisto, perché si sa benissimo chi sono, questi clandestini, tanto che un addetto è preposto ad andare a raccoglierli, come loro raccolgono i pomodori (caporale, si chiama, l’addetto). C’è un dibattito che si trascina da anni, in cui tanti hanno avuto modo di guadagnare: perché prima, per parecchi stronzi, c’erano i terroni, poi i terroni si sono coalizzati con gli stronzi per prendersela con chi non poteva difendersi. C’è la criminalità organizzata che imperversa, che spara, che controlla, che ordina, che stabilisce quello che deve accadere e quello che non deve succedere: però non esiste, è solo un problema di marketing. E di fronte a questa Italia, autorevoli commentatori (gli stessi, da secoli) dicono che siamo stati troppo buoni. Sono gli stessi che simpatizzano per il clima d’amore che ci dovrebbe accompagnare nei prossimi mesi, tra un premier con problemi giudiziari (sapete com’è? Un tale è stato condannato per avere corrotto i giudici per conto suo, una delle cose più gravi che ci possano essere) e un’opposizione (vedi alla voce: l’alternativa) che è amorevole verso l’esterno e litigiosa al suo interno, come accade da vent’anni. Da sempre. Ecco il Paese del sole, dei pomodori, della mafia, abbracciato dall’amore di quelli che sono stati troppo buoni. Ecco, questa è l’Italia. Nessuno si senta escluso.

Ci meritiamo questo e altro

Ecco, dopo quanto è successo a Rosarno ieri sera, penso che lo sciopero dei lavoratori immigrati, tutti, sia ancora più giusto e necessario. Tante, troppe sono ormai le situazioni nelle quali i lavoratori sono ridotti in schiavitù, sfruttati, sottopagati, privati dei più elementari diritti e non solo nei campi, ma anche nelle fabbriche, nei cantieri edili. Tutto ciò avviene sotto gli occhi di tutti, senza che nessuno muova un dito. Anzi, il ministro Maroni, come tutti gli stolti, guarda il dito.

Kultura in RAI

Sostengo da tempo che in TV, soprattutto quella pubblica, è l’offerta che fa la domanda e non viceversa. Ne abbiamo avuta un’altra piccola riprova. Mi sembra però che il dibattito sulla qualità della TV di stato ormai sia caduto nel dimenticatoio. Del resto anche con il centrosinistra al governo, dai tempi di Zaccaria in poi, non mi sembra che il livello globale del prodotto sia aumentato. Anzi.

1° Marzo 2010

Sta prendendo corpo l’potesi di uno sciopero degli immigrati.  Mi sembra una iniziativa da sostenere, tanto per far capire a chi concepisce l’immigrazione unicamente come un problema di ordine pubblico che il fenomeno è, ovviamente, molto più complesso e non può essere usato a mò di clava per fini propagandistici-elettorali.
Soprattutto da quelli con la camicia verde. Ma dubito che ci sentiranno, da quell’orecchio.


«L’amore che detta ogni legge», canta l’ultimo Lorenzo. Già. L’anno dell’amore e delle riforme, come no? Abbiamo, però, presto scoperto che l’amore “di governo” non è universale. La maggioranza è stata chiara: nessuna decisione a proposito della legge sulla cittadinanza prima delle Regionali. Come già per il nucleare, è il caso di rinviare: stranieri e impianti radioattivi possono nuocere alla campagna elettorale della destra, dividere le tribù, seminare scompiglio nella loro tetragona unità, dettata dall’adorazione del capo e garantita dal “dolce far niente” di questi due anni. Anche i Fini sembrano giustificare i mezzi. Qualcosa, invece, non molto lontano dalla politica, si muove. Perché i “luoghi comuni” non bastano più a una società che chiede soluzioni. Perché non ci si può fermare sulla soglia e, pensando a quel film nelle sale di questi tempi, Welcome, sul confine: bisogna entrare nel merito.
 
Ecco l’idea dello sciopero degli stranieri. Che parte da una domanda che tutti dovrebbero porsi, prima di tante altre: «Non volete immigrati tra i piedi? Benissimo: provare per credere. Che cosa accadrebbe se i 4 milioni di immigrati presenti in Italia incrociassero le braccia per un giorno? Se migliaia di infermieri, pizzaioli, muratori semplici e specializzati, saldatori, mulettisti, badanti, baby sitter, cassiere, capireparto, artisti, mediatori culturali ed educatori, addetti alle pulizie negli uffici, custodi e camerieri, centralinisti, magazzinieri, operatori informatici, insegnanti, medici… si fermassero tutti insieme?».
 
C’è un gruppo su Facebook (7000 adesioni in pochi giorni). C’è un blog (www.primomarzo2010.blogspot.com) con tutte le “istruzioni per l’uso”. C’è l’iniziativa di un gruppo di donne, guidato da Stefania Ragusa, Daimarely Quintero e Cristina Seynabou Sebastiani. Perché i democratici italiani, iscritti e simpatizzanti, non si mettono a disposizione di questo progetto? Perché, oltre al «soldato Sarubbi» (lasciato fin troppo solo in una battaglia decisiva), non ci si muove tutti-ma-proprio-tutti insieme, all’insegna di quell’alleanza tra vecchi e nuovi cittadini che non abbiamo mai praticato? Perché stiamo incredibilmente lasciando questo spazio di iniziativa ad altri, dimenticandoci che non c’è tema più costituzionale di questo? Come già in passato, mi si risponderà: così si perdono voti. Molto triste e tutto da dimostrare. Una cosa è certa: ci si guadagnerebbe in dignità. E si scoprirebbe magari quell’identità del Pd di cui spesso sentiamo parlare, nei congressi e nei dibattiti, e di cui si trova ancora troppo flebile respiro nella società italiana. Perché in nome della cittadinanza e del rispetto dei diritti di chi lavora, di chi produce il 10% del Pil, di chi paga le tasse (e non le può evadere, tra l’altro), di chi paga e pagherà la pensione anche a noi italiani, non ci mobilitiamo? Sarebbe bello, sarebbe democratico.