Archivio mensile:Novembre 2010

Bilancio a metà strada

Un piccolo bilancio dei primi giorni di "campagna elettorale" in vista del congresso provinciale del PD di Latina.
Ho iniziato questa avventura da poche settimane, ho contattato via e-mail o telefonicamente persone che nemmeno conoscevo e che hanno deciso di darmi una mano.
Metodo FitzGibbon.
MoveOn in salsa Traettese.
Sto ricevendo consensi e critiche, com'è giusto che sia quando ci si mette in gioco con determinazione e trasparenza.
In alcuni casi, però, il plauso per il coraggio con il quale abbiamo deciso di concorrere alla segreteria  provinciale del PD non si trasforma in un appoggio diretto alla nostra "mozione". Nella quasi totalità dei circoli la stratificazione della contrapposizione tra ex DS ed ex Margherita è tale da non consentire defezioni. Una chiamata alle armi che non prevede la possibilità di schierarsi apertamente per chi vorrebbe che il PD facesse uno scatto d'orgoglio per uscire, finalmente, dallo stallo nel quale si è cacciato con le sue stesse mani.
Allora mi chiedo e chiedo ai miei compagni di partito: ma il PD è nato per questo?
La fusione tra il riformismo socialdemocratico post-comunista e il cattolicesimo democratico è stata pensata per contare le tessere in occasione dei congressi? Oppure il PD è nato per indicare il percorso lungo il quale possa evolvere la società italiana negli anni a venire?  Welfare, previdenza, diritti civili, precarieto, immigrazione, energia, scuola, sapere, ricerca, università, mobilità. Legalità. Sobrietà. Sono parole che dobbiamo riempire di nuovi significati e di progetti che segnino una disconuità con l'attendismo (e a volte l'immobilismo) che ha contraddistinto la nostra storia recente. Significati e progetti nei quali riconoscerci tutti, se davvero vogliamo offrire un futuro dignitoso alle nuove generazioni, ai nostri figli, ai nostri nipoti.
E mi fanno tristezza i giovani che hanno già assorbito la mentalità perversa di quei dirigenti che riducono il dibattito congressuale ad una conta delle tessere. Loro, che dovrebbero invece chiedere conto alle teste pensanti del nostro partito del perchè siano passati gli anni, ma le contrapposizioni, i veti incrociati, le azioni e le conseguenti reazioni siano sempre le stesse.
Ragazzi, ma se non ora, quando?

Diritti negati

La lungimiranza del ministro ancoraperpoco Maroni in tema di immigrazione ha del proverbiale. Le elezioni si avvicinano, il clima si surriscalda, la Lega mostra, come sempre, il suo volto più spietato. Intanto a Brescia la protesta degli operai continua, e io mi associo all'appello che è stato inviato nei giorni scorsi al Presidente Napolitano.

Nuova immagine_3

Precisazione su quanto pubblicato da “La Provincia”

Gentili redattori de "La Provincia", nel ringraziarVi per l'attenzione dimostrata nei riguardi dei protagonisti del dibattito che si sta sviluppando intorno al congresso provinciale del PD di Latina, non posso però fare a meno di segnalare una piccola (e unica) imprecisione riportata nell'articolo apparso oggi e che riguarda la mia candidatura.
Tengo infatti a precisare che, per quanto in mia conoscenza, non ho ricevuto alcun appoggio dalla mozione Marino nè da parte di essa. Pur avendo partecipato al congresso nazionale del 2009 come convinto sostenitore del senatore Ignazio Marino, persona che gode di tutta la mia stima politica e personale, sarebbe per me oltremodo difficile riuscire a capire, oggi, cosa sia la mozione Marino in provincia di Latina. Le defezioni de facto di alcuni illustri rappresentanti della mozione Marino hanno, infatti, prodotto un tale rimescolamento di carte sul tavolo della politica pontina da rendere ormai azzardata qualsiasi ipotesi circa l'effettiva esistenza e strutturazione di mozioni e correnti nel partito provinciale, per come le abbiamo conosciute nel congresso nazionale dell'anno passato.  Cito su tutti Giovanbattista Giorgi e Sandro Bartolomeo, i quali, forti dell'autonomia di pensiero che sempre ha contraddistinto il proprio agire politico, hanno deciso di appoggiare, legittimamente ma non senza contraddizioni evidenti, candidati che afferiscono a differenti correnti che animano la vita del PD, sia alle elezioni comunali di Latina sia alla segreteria provinciale del partito. Tale disinvoltura nell'appoggiare ora uno ora l'altro candidato, a seconda delle convenienze politiche del momento, è il segno evidente di come parte del personale politico del PD che ancora agisce nel nostro territorio continui a ragionare secondo schemi, quelli si, da rottamare. Per questo nasce la mia candidatura, ossia in contrapposizione alle catalogazioni correntizie che mortificano il dibattito e riducono la militanza a pacchetti di tessere da spostare in occasione dei congressi, al di là di qualsiasi riflessione sui contenuti con i quali connotare l'azione politica del PD.
Nel ringrziarVi ancora per lo spazio concesso, porgo i miei più cordiali saluti.

Procreazione forzata

Sacconi si candida ad essere il ministro più culturalmente arretrato all'interno di un partito che, a detta di uno dei suoi fondatori, è il più culturalmente arretrato d'Europa.
Stronzate a parte, la cosa che mi lascia più perplesso è il concetto "orientati a procreare".
Se una coppia, quand'anche sposata, non vuole avere figli oppure non può averne e versa in condizioni di indigenza, allora non merita alcun aiuto?
Ma che razza di socialisti erano 'sti ominicchi che si sono accasati nel PdL?
Nel pomeriggio ho avuto la risposta: sono peracottari.

ministro_sacconi

Lettera agli amici del PD

Carissimi tutti,
come certamente saprete è partito il treno del congresso Provinciale che ci porterà all'appuntamento conclusivo di Latina, previsto per il mese di dicembre prossimo.
Ho deciso di correre anche io, e così sulla scheda da utilizzare per scegliere quale sarà il vostro segretario provinciale troverete il mio nome e il simbolo della lista collegata alla mia candidatura.
Controcorrente.

Controcorrente_2Un termine che riassume il mio pensiero e il mio impegno. Contro le correnti figlie delle mozioni, che hanno ingessato il PD, mortificato il dibattito, spartito posti e candidature.
Il simbolo è formato da tre frecce bianche contrapposte ad una freccia rossa che va a sinistra – il cuore batte lì, è nella mia natura.
In direzione ostinata e contraria.
La mia piccola storia politica personale è costellata di ostinati appelli rivolti a tutti i compagni di viaggio affinchè si provasse, insieme, a rendere il nostro partito migliore, più forte, più bello. Spesso questi appelli sono caduti nel vuoto.
Come a Minturno, ad esempio, quando rappresentavo la necessità di uscire dagli schemi, proporre metodi nuovi, segni tangibili di discontinuità rispetto al passato.
La politica è altro, mi sono spesso sentito dire. Ha i suoi riti, le sue regole, le sue alchimie.
No. La politica siamo noi, le nostre idee, le nostre storie personali, la nostra passione disinteressata. 
Si possono anche vincere piccole battaglie personali, ma si perde, tutti insieme, la guerra.
E la guerra consiste nella sfida che abbiamo davanti: lavorare per lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti un paese migliore di quello nel quale oggi molti di noi sono costretti a vivere.
Per errori altrui.
Per un disegno ben orchestrato che, nel tempo, ha instillato nella società italiana, il virus dell'incultura che si fa consuetudine, da ostentare e sulla quale creare consensi.
Ma non dimentichiamo la nostra inerzia.
La nostra complicità.
La nostra inettitudine.
Abbiamo avuto, negli anni, svariate occasioni per cambiare il corso della storia del nostro Paese.
Ma non l'abbiamo fatto.
Non siamo stati capaci di indicare con credibilità una strada alternativa. Spesso è prevalso il calcolo politico, la convenienza del momento, l'opportunismo, il cinismo.
Diciassette (!) anni della nostra vita sembrano passati invano.
Sono rimasti sul piatto i problemi di fondo del Paese, semmai aggravati dall'inazione dei governi che si sono, negli anni, succeduti (Prodi I a parte).
Sono rimasti identici gli attori che hanno calcato la scena politica italiana in questi 3 lustri e poco più.
Accomunati, nessuno escluso, dal sentirsi insostituibili.
Diciassette anni sono quasi sufficienti a fare di un bimbo appena nato un uomo, ma non bastano a vedere rinnovata la classe dirigente di un paese. Tantomeno a vedere rinnovata la classe dirigente del nostro partito. Che riassume in sè, anche nella nostra provincia, quegli aspetti negativi della società (familismo, cooptazione, correntismo) che si vorrebbero combattere, estirpare, eliminare.
Molti di quelli che sono, oggi, classe dirigente, vengono dal '68. O dal '77.
Hanno conquistato con i denti le posizioni che oggi occupano, ingaggiando battaglie con i loro illustri predecessori se non con i loro padri, senza colpi bassi ma con fermezza, consapevoli di lottare in nome di un bene supremo, ossia l'evoluzione della società verso forme di convivenza civile universalmente riconosciute che fossero più moderne, partecipate, accessibili, contendibili.
Oggi, fatte le dovute differenze, la società è attraversata dalle stesse pulsioni.
Una larga fetta della popolazione più giovane è tenuta ai margini del mondo del lavoro, delle istituzioni, della politica.
Ma chi prova ad indicare una strada diversa, passa per maleducato.
I "giovani" del PD sono anch'essi maleducati perché osano porre il problema del rispetto delle regole che noi stessi ci siamo dati, come il limite dei mandati oppure l'utilizzo delle primarie per la selezione dei candidati alle elezioni, politiche o amministrative che siano.
Non ne faccio una questione puramente anagrafica, si può essere giovani ma vecchi di cervello e di cuore, come si può essere in là con l'età ma portatori di idee fresche, nuove, e che soprattutto interpretano la realtà dei giorni difficili nei quali viviamo il nostro presente.
C'è, in questo tempo sospeso, fermo al secolo scorso, la necessità di farsi portatori di una politica diversa, più sobria, più rappresentativa, più dignitosa ma anche più creativa di quella che attualmente conosciamo, come è necessario che il contributo di chi si affaccia oggi sulla scena pubblica (parlo dei giovani elettori, non dei giovani dirigenti) sia preso in considerazione.
Credo sia, questo, il tempo della responsabilità di ciascuno di noi. E' essenziale che chiunque, nella consapevolezza delle difficoltà, nell'assenza di risposte precostituite, nel dubbio del risultato, si spenda in prima persona, s'impegni per il cambiamento.
E' giunto il momento di provare ad occupare spazi, senza aspettare che qualcuno apra la porta e ci faccia accomodare al tavolo, seduti sullo strapuntino, in attesa di un posto più comodo.

Non aprite quel cassonetto

Grazie alla segnalazione del solerte sindaco di Capizzone, in provincia di Bergamo, hanno arrestato due persone che frugavano tra i cassonetti della differenziata in cerca di qualcosa da rivendere.
La prossima volta arresteranno qualcuno che cerca, nei cassonetti, i resti dei nostri pasti.
Perchè nel nostro paese, sempre più civile, ormai la povertà è un reato.