Archivi giornalieri: 20 Febbraio 2012

Ma gli esami non finiscono mai

Ce l’avete presente quella sensazione di rilassatezza mista a stanchezza mista a unnonsoche? Tipo quella che prende dopo un esame universitario, di maturità, della patente o del sangue? Ecco. Le primarie del PD Lazio sono finite e mi sento un po’ così. Ci sarà modo e tempo di analizzare i risultati “globali”. Mi conforta l’aver condiviso quest’esperienza con persone davvero speciali. Persone che hanno la tua stessa idea di PD pur avendo, ciascuna, un percorso diverso alle spalle. Di quelle con le quali ti senti a casa tua. A partire da Giovanni.

E non aggiungo altro.

Mi vengono in mente dei flash, tipo quando siamo andati a parlare con Chiti, ed era ottobre del 2010 e sembravamo un gruppo folli. E poi quella sera di luglio alla festa democratica a Caracalla, quando Cristiana ci serviva al tavolo ed eravamo rimasti sei gatti sei e tra una portata e l’altra faceva ‘na capa tanta a Giovanni per convincerlo a candidarsi. Altro che Rosy Bindi, con tutto il rispetto, s’intende. Il patto della sasizza. E agosto. E novembre. E le persone che ci siamo persi per strada, e di questo mi rammarico. E le riunioni a Trastevere, e Chiara che ci cazziava, mozione d’ordine fatta persona. Senza big alle spalle (non mi venite a dire che Rosy sposta le masse di iscritti ed elettori eh…) abbiamo raggiunto un risultato insperato, abbiamo rimesso in moto le idee e soprattutto abbiamo fatto eleggere un segretario regionale che ha una legittimazione democratica. E di questi tempi non è poco.

Grazie a tutti. Ricarichiamo le pile e ripartiamo.

Primarie PD Lazio in provincia di Latina

Di seguito i risultati ufficiosi delle primarie nella provincia di Latina.

Votanti: 8376

Voti validi: 8343

Bachelet: 1830 (21,93%)

Gasbarra: 5730 (68,68%)

Leonori: 783 (9,39%)

 

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Linguaggi, partecipazione, voto

Una analisi impeccabile dello scenario entro il quale si svolgeranno le prossime tornate elettorali.

Nel calo della partecipazione tradizionale non c’è, infatti, il segnale di un rifiuto, quanto di una trasformazione delle modalità che danno corpo ad atteggiamenti e comportamenti nuovi. Un processo che corrisponde a un cambio di prospettiva, che non parla solo italiano: i cittadini delle società contemporanee sono sempre meno favorevoli a sostenere le gerarchie istituzionali e le grandi organizzazioni come i partiti di massa, perché vogliono incidere direttamente nella cosa pubblica. E vogliono farlo in forme non tradizionali. Questa spinta ha portato verso un cambio dei paradigmi riconducibili all’impegno politico tradizionale, particolarmente visibile nelle nuove generazioni, più esposte ai processi di cambiamento valoriale e al post-materialismo.

I cittadini non sono distaccati dai valori civili e democratici, non sono disimpegnati. Al contrario, diventano sempre più competenti, interessati, e si mobilitano prevalentemente in forme non convenzionali, all’interno di piccole organizzazioni e gruppi, spesso informali. La partecipazione oscilla da forme più impegnate a forme più leggere, con modalità di mobilitazione più discrete, dove manca un carattere ideologico strutturato, tanto che i cittadini faticano a definirsi “politicamente attivi”.

Per ricucire il legame con i nuovi cittadini, meno sensibili al richiamo ideologico, occorre rovesciare i paradigmi che hanno ispirato le scelte dei partiti negli ultimi anni, puntando sulla realizzazione di reti orizzontali piuttosto che su intelaiature verticali, portando la politica nei luoghi, anziché i luoghi alla politica. Non è sufficiente utilizzare i social network per essere al passo con i tempi. I tentativi, anzi, appaiono persino goffi. C’è un’inflazione di partiti e di politici che occupano la rete in modo improprio e con linguaggi inadeguati, che ritengono internet un nuovo “strumento” per raccogliere adesioni da contabilizzare con i vecchi metodi, quando, invece, internet è un “luogo”, dove le idee e i progetti possono prendere forma e maturare in una dimensione politica veramente nuova, senza per questo sovrapporsi o necessariamente intrecciarsi con il vecchio. Innovare usando facebook e gli altri social come fossero sedi di partito virtuali, o twitter come un ufficio stampa più fashion, è solo il segno dell’incapacità di leggere il mondo e i suoi fenomeni.

Occorre esplorare strade nuove. Questo è l’obiettivo che il sistema politico deve porsi per frenare l’erosione della partecipazione e per trasformare un’azione, come quella del voto, in partecipazione piena e consapevole. E per farlo deve ritornare a pensare dal basso perché, per quanto paradossale possa sembrare, le grandi sfide trovano risposte soltanto in un sistema diffuso di governo della società, dove la Polis ha una dimensione politica e non solo amministrativa. Le riforme istituzionali, comprese quelle elettorali, possono fare molto ma non sono sufficienti se non s’innestano positivamente con una cultura capace di recuperare una dimensione partecipativa che non si è indebolita, ma ha assunto soltanto nuove forme di espressione.

Sulla strada (poi lo vediamo)

Baciare il rospo. Non lasciare campo alla destra. Responsabilità. Un passo indietro. Il Paese non è “di sinistra”. Sacrificio. Sdoganamento. I cambiamenti sono lenti. Dobbiamo spaccare il fronte avversario. Digeriamo bocconi amari.

Ho squadernato una serie di espressioni derivate da una strategia politica che sembra permeare il PD dal centro alla periferia.  E potrei continuare. Ma lo scopo, di tutto ciò? La meta? Quale paese, paesello, borgo, frazione si immagina di costruire, alla fine di un percorso del genere?

Poi lo vediamo.

Intanto ci si incammina. È come se si partisse per arrivare, che so, in cima allo Stelvio e poi ti ritrovi sull’Ortles. Ti sei fatto di sicuro un culo a capanna, ma arrivi da un’altra parte. Ma proprio da un’altra parte. E allora sulle scelte di fondo occorrerebbe che ci fosse chiarezza. La direzione, almeno quella.