Archivi giornalieri: 12 Marzo 2012

Una linea, possibilmente retta

Gianni Cuperlo, sulle pagine de L’Unità.

È su questo che l’Europa si gioca il suo avvenire. E per quanto ci riguarda pure l’America democratica. Se dalle diseguaglianze immorali travestite di modernità degli ultimi sei o sette lustri si uscirà con un nuovo patto politico e sociale tra economia, finanza e democrazia. O se preferite, tra Stati, mercati e persone. Sarà uno scontro niente affatto moderato, nei toni come nelle soluzioni. E l’idea stessa della politica, come strumento agibile per milioni di individui, ne risentirà. Anche perché cresce l’onda lunga di una riciclata teoria delle élites, figliastra di vecchie scuole e invaghita oggi di una “tecnica” spacciata come neutra, ma in realtà intrisa di pregiudizi e di una concezione aristocratica del potere. Ecco, mi parrebbe curioso che mentre l’universo dei “democratici” su scala globale si interroga e si spende in questa partita, noialtri ci si scarnifichi sulla foto di Vasto.

Al diavolo Vasto e le foto. Siccome conviene passare dal muto al sonoro, a me pare decisivo rispondere a una sola domanda: ma noi siamo parte di quella ricerca, e dunque vogliamo tenere aperto il dialogo, prima di tutto in Italia, con forze, culture e movimenti che si collocano da questa parte del campo, oppure siamo dannati ancora una volta nel girone degli sperperatori del proprio talento e soprattutto consenso? Il tempo non abbonda e una risposta va data.

Quanto alla domanda «ma quale centrosinistra?» risponderei così: quello che noi – e sottolineo il “noi” – avremo la forza di forgiare, con quanti sono pronti a condividere, a parole e con gesti impegnativi e coerenti, un medesimo impianto culturale, uno stesso programma, una comune visione del futuro dell’Italia in un’Europa politica e non solo valutaria. E allora ha ragione chi invita il Pd a discutere di questo snodo. Anzi, se un appello posso rivolgere a Bersani è quello di non attendere oltre. Affrontiamola questa prova. Mettiamo in campo per l’anno o poco più che ci separa dal voto una strategia che investa su di noi, sul giudizio che diamo di questa stagione e delle prospettive per il dopo. Disponiamoci a una lunga rincorsa elettorale con lo spirito di chi può e vuole vincerla. Abbiamo un partito. Abbiamo un leader. Votiamo una linea. In fondo questa è la democrazia.

Due parole sulla manifestazione della FIOM

Venerdì c’ero anch’io, a manifestare con la FIOM. Ma non ero lì per la FIOM. La FIOM fa il suo lavoro, con i suoi limiti, le sue certezze, le sue contraddizioni. Difende i lavoratori e saranno i lavoratori a dire se lo fa bene o lo fa male.  E comunque la storia che il sindacato voglia giocare un ruolo politico non mi convince. Le stesse cose furono dette a Sergio Cofferati quando portò 3 milioni di persone in piazza per l’articolo 18, e sono passati giusto 10 anni e il sindacato continua a fare il sindacato e le questioni sono ancora le stesse.

Ero lì per i lavoratori. Non c’erano pericolosi terroristi, bolscevichi in tuta da lavoro o rivoluzionari con la pancia piena. C’era il mondo del lavoro operaio. Quello che paga, come molti e forse più nel Paese, il prezzo della crisi. Un mondo che chiede equità, giustizia sociale, democrazia. Che chiede lavoro. Forse parole davvero rivoluzionarie, al giorno d’oggi. Chissà cosa ne penserebbe Di Vittorio. Non potevo che essere lì, venerdì. E anche il PD avrebbe dovuto esserci. E in effetti c’era, in qualche forma. C’era Pippo Civati, c’era Vincenzo Vita, c’era Marco Miccoli, c’era Furio Colombo e c’erano, soprattutto, tanti iscritti e militanti del PD nel corteo, sicuro. Non per una passeggiata, ma perchè condividono la preoccupazione per tutte quelle domande che non hanno ancora trovato una risposta. Ma se non c’è il PD come partito significa che in quella piazza è assente la politica.

E chi, se non la politica, ha il compito di dare soluzioni alle questioni che affliggono il mondo del lavoro? E chi, se non il PD, ha il compito di indicare una strada che sappia coniugare protezione sociale, difesa dei diritti e nuova forma del rapporto tra capitale e lavoro? E chi, se non il PD, ha il dovere di evitare che opposti settarismi spingano la FIOM da un lato e la Confindustria dall’altro ad assumere posizioni intransigenti che rischiano di spingere un intero ceto produttivo verso posizioni sempre più estreme? Sempre che il PD voglia fare il PD, ovvio. Trovare le risposte. Tic toc tic toc.

p.s. per chi volesse approfondire, tre bei post sulla manifestazione qui, qui e qui.