Archivio mensile:Luglio 2013

Ieri sera a Giulianello

Si è parlato di Cisterna-Valmontone e Roma-Latina, due infrastrutture della quali da anni si dibatte in provincia di Latina. Lo dico subito: la messa in sicurezza della Roma-Latina è necessaria, chiunque percorra quella strada si rende conto della pericolosità delle rampe di accesso, della mancanza di corsie di emergenza, di curve che andrebbero addolcite. Non mancano progetti alternativi Altro è realizzare un’autostrada a pagamento. La Cisterna-Valmontone, invece, è la classica opera inutile che devasta un territorio da un punto di vista ambientale, paesistico e non apporta alcun tipo di beneficio ai territori che attraversa. Tutto ciò al netto di considerazioni trasportistiche relative a studi di traffico che sicuramente andrebbero aggiornati alla situazione attuale, che vede una diminuzione costante dei trasferimenti su gomma tanto delle persone quanto delle merci (a maggior ragione da a e per un’area industriale come quella del frusinate in piena crisi). Nemmeno può funzionare il ricatto della perdita dei finanziamenti (458 milioni di € sui quali il CIPE dovrà deliberare in maniera forse definitiva il prossimo 2 agosto). Quel denaro pubblico (non mi dite che starà fermo presso la Cassa Depositi e Prestiti fino all’apertura dei cantieri), benché non speso per le opere in questione, potrebbe essere recuperato, ad esempio, per la realizzazione di una metropolitana leggera che unisca Roma, Cisterna, Aprilia, Pomezia, Ardea e per migliorare l’intero assetto logistico dell’area.

Il PD della provincia di Latina, che ha più volte ribadito il suo favore alla realizzazione di ambedue le opere, è vittima consapevole di una miopia politica che si perde nella notte dei tempi. Mancanza di programmazione e di idee per la mobilità, per l’integrazione tra trasporto su gomma e su ferro, per l’uso del suolo. Mancanza di comprensione della vocazione dei territori, assenza di condivisione con i cittadini. Come si è detto ieri sera è il modello di sviluppo che va cambiato. Il territorio compreso tra Cisterna e Valmontone non ha bisogno di autostrade d’asfalto ma di autostrade informatiche che mettano in comunicazione la domanda e l’offerta di chi vuole valorizzare e conoscere il patrimonio artistico, culturale, archeologico, naturalistico e ambientale dell’area. Ha bisogno di piccoli interventi di recupero dei beni esistenti piuttosto che di opere faraoniche che non si sa bene a cosa servano. Soprattutto i cittadini hanno diritto ad una informazione completa affinché possano decidere in autonomia del destino dei propri territori.

Questa, nel PD pontino, è purtroppo una posizione assolutamente minoritaria, condivisa dagli amici Fabio Luciani, Tommaso Conti, Sindaco di Cori e pochissimi altri. Sentiamo però il dovere di portare all’attenzione del PD la necessità di pensare ad un modello di sviluppo alternativo e di iniziare a parlare di ambiente come possibilità di sviluppo economico e non come ostacolo alla crescita dei territori. Una battaglia culturale che faremo nel PD anche nel congresso.

Volete cambiare lo statuto?

Il PD sta perdendo tempo, e non da adesso. Tempo politico, tempo sociale, tempo economico.

Appresso alle regole del congresso,  che nella migliore delle ipotesi potrebbero essere riscritte per sfavorire uno dei possibili partecipanti.  Nella peggiore per conservare un gruppo dirigente indigesto e invotabile che sostiene un governo che definire una schifezza è poco. E allora abbiate bontà,  prendete atto dell’impossibilitá di cambiare lo statuto e facciamoci ‘sto benedetto congresso con le regole del 2009.  Subito. E se proprio volete cambiare una regola, si agisca sulla composizione di assemblee e direzioni. 1000 persone in un’assemblea nazionale sono troppe. 400 persone in una assemblea regionale sono troppe. 200 persone in un’assemble provinciale sono uno sproposito. Perché sono assemblee che non decidono un fico secco, e allora le decisioni si prendono altrove. Idem per le direzioni. Organismi pletorici che servono solo a riempire caselle di un puzzle. Gente che si scanna per un posto in assemblea ma poi non ci va mai, l’importante è aver marchiato un territorio. È un primo passo, lo so. Ma servirebbe.

Ecco, cambiatelo, lo statuto.

La situazione è questa

Non è questione di “figo“, o “fighetto”.

There is no alternative? Yes, dear oldyoung nephew of Gianni Letta, but you forgot politics.

E invece le mie sono ragioni politiche, che ci sono e ci sarebbero a prescindere, e che sono maturate ai tempi dei 101 e di chi, allora come oggi, preferiva questa soluzione alle altre: quando il Pd si imporrà sulla legge elettorale? Quando il Pd chiarirà se abbasserà le tasse sul lavoro, invece di intervenire sulle tasse sul patrimonio? Quando saremo autorizzati a dire la nostra su alcune questioni serie che ai nostri elettori stanno a cuore, a cominciare dai cacciabombardieri? Quando torneremo a confrontarci con quel tema politico, che ci vede alleati con Sel dappertutto (anche dopo aver inaugurato il governissimo), sulla base di principi e modalità opposti rispetto a quelli del governo nazionale?

 

 

Occhieggiare a sinistra

Stamattina mi sono divertito a sfruculiare Ivan Scalfarotto, ospite a Radio Città Futura. Sapete com’è, è possibile inviare SMS con domande che i conduttori riportano all’ospite. E non ho resistito.

Prima domanda: ma invece di inventarvi formule astruse, civil partnership, all’inglese, alla tedesca, non sarebbe meglio parlare di matrimoni e basta (sottinteso per le persone omosessuali). Risposta:fosse per me! E lo so caro Ivan, ma sono curioso di vedere cosa proporrà Renzi, visto che, durante le primarie dello scorso anno, aveva (e avevate) spiegato che per andare da A a B è meglio farsi tutto l’alfabeto piuttosto che una linea retta.

Seconda domanda: cosa pensi della candidatura di Pippo Civati al congresso? Risposta: stimo molto Pippo ma mi sembra che occhieggi ad una sinistra radicale, a MircoMega (!), a Ingroia (!!), al M5S che peraltro di sinistra non ha nulla. Ora sarebbe facile rispondere con la battuta che uno sembra tanto più di sinistra quanto gli altri si spostano a destra (cit.). Oppure ricordando a Scalfarotto che la stragrande maggioranza di quelli che votano M5S votavano PD o voterebbero PD, se solo fosse un partito diverso da quello che è oggi. Però credo ancora abbia un senso capire da che parte si sta. O meglio, capire da che parte si vogliono andare a prendere i voti e per farne cosa. Mi dispiace non aver sentito l’opinione di Ivan sulla vicenda FIAT-Cassazione (ero in macchina, sono entrato in un garage), che lui stesso aveva annunciato come eterodossa. Ma posso immaginarla. È giusto rinunciare a diritti sotto lo schiaffo del ricatto occupazionale. È giusto additare la FIOM come massimalisti (che i contratti li firmano, eccome). È inopportuno, anzi sbagliato partecipare alle manifestazioni della FIOM. Come se lì, tra quelle persone, non ci fossero lavoratori con i propri diritti. Spesso calpestati. Beh, io sono contento che ci sia un candidato alla segreteria del PD come Pippo che in mezzo a quei lavoratori ci va, e lo rivendica.

Occuparsi dei lavoratori, dei diritti, dell’ambiente, delle donne, della cultura sarà tanto “di sinistra” ma è sempre qualcosa di rivoluzionario.

Ecco, bene che le posizioni emergano, in vista del congresso. Perchè dovremo capire, nei prossimi mesi, il PD dove vuole andare, e dove vuole portare il Paese.

Il congresso che sarà

Secondo Pippo Civati. E noi con lui.

Azione popolare è un bel concetto-strumento che Salvatore Settis ha recuperato in una delle sue più recenti pubblicazioni. Azione è anche la parola preferita dei sostenitori di Obama e la matrice di tutte le sue iniziative. Organizing for action ovvero Democracy in action.

Ecco, a chi mi chiede che tipo di campagna congressuale farò, rispondo così: che non sarà semplicemente una campagna per la segreteria, ma sarà una campagna politica, in cui le ‘tesi’ non solo siano associate alle ‘persone’, ma a una grande mobilitazione, che spalanchi le porte del Pd e della politica italiana nel suo complesso, che metta alla prova la democrazia rappresentativa attraverso una grande partecipazione di persone e di idee.

Un congresso per campagne e per azioni che muoverà dai temi di oggi per disegnare un futuro che oggi ci neghiamo, perché qui, secondo qualcuno, dobbiamo stare. E pensare al futuro, soltanto pensarlo, potrebbe fare cadere il governo e mettere in discussione chissà quale certezza.

Un cambio di prospettiva radicale: non un paludato e paludoso congresso per mozioni e correnti, ma una campagna che attraversa l’Italia e che ci porterà comunque lontano, che interpellerà le coscienze e si appellerà ai cittadini perché siano loro i protagonisti.

Un modo per disegnare il Nuovo Partito Democratico fin da ora, ribaltandone le consuetudini, dando senso alla mobilitazione cognitiva (come dice Fabrizio Barca) e morale e civile, sulla base di obiettivi in cui il profilo del Pd finalmente si riconosca, perché netto, perché preciso, perché democratico.

Una campagna che finalmente ci rappresenti e che dimostri che si può fare diversamente, che ci sono alternative e che la sfida è proprio quella di scegliere qual è l’alternativa che ci convince di più.

Per dare una prospettiva di governo al cambiamento, per tornare a fare politica, per dare dignità al conflitto sociale e recuperare la sfiducia.

Un congresso può essere la cosa più noiosa del mondo, se si limita a contare dirigenti, a fare tessere in batteria, a misurare le regole sulla convenienza di qualcuno. Ma può essere la cosa più appassionante, se serve a cambiare.

Sono anni che attendiamo un cambiamento di questo tipo, che si tenga lontano da Scilla e dalla partitocrazia più dura e tetragona e da Cariddi e dal populismo più velleitario. Ora tocca a noi, che abbiamo un piccolo vascello, ma sappiamo che il vento soffia nella direzione corretta.

Non che sia facile, ma se lo fosse, non sarebbe così appassionante.

C’è solo un non-segretario

Il giudizio personale e umano lo lascio a ciascuno di voi, io ho il mio. Fatevi il coro che volete. Quello politico no. Di quello va discusso. Perchè forse non se n’è discusso abbastanza. E la non-discussione dopo la non-vittoria (siamo specialisti, nel PD, a non-affrontare le analisi politiche post elettorali) fa si che ci ritroviamo (ancora) tutto intero il potere dell’ex segretario (c’è solo un segretario?) che coordina truppe, distribuisce posti, prova a dettare le regole. Non va così. Dopo i giaguari da smacchiare che stanno sempre là, dopo il daremo un pò di lavoro (programma memorabile), dopo l’ostinazione nel voler legare il proprio destino personale a quello di un possibile governo del cambiamento (un passo indietro no, eh?), direi che è troppo.

Grazie non-segretario ma adesso vai. Vai Bersani, vai.

p.s.  E se poi sapesse, Bersani, che i suoi sostenitori più accaniti vanno in giro per i territori (leggittimo, per carità) a far proselitismo per Renzi…

 

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Il giudizio personale e umano lo lascio a ciascuno di voi, io ho il mio. Fatevi il coro che volete. Quello politico no. Di quello va discusso. Perchè forse non se n’è discusso abbastanza. E la non-discussione dopo la non-vittoria (siamo specialisti, nel PD, a non-affrontare le analisi politiche post elettorali) fa si che ci ritroviamo (ancora) tutto intero il potere dell’ex segretario (c’è solo un segretario?) che coordina truppe, distribuisce posti, prova a dettare le regole.

Arresi

Giusto per chiuderla, ‘sta vicenda Alfano-Ablyazov. Come se poi fosse possibile. Vabbè. Aver trasformato il voto di fiducia sull’operato di un ministro che mente spudoratamente nel voto di fiducia all’intero esecutivo. Che proprio perchè ha un ministro che mente spudoratamente fnisce per essere indebolito e screditato nella sua interezza. Qui sta la differenza tra un presidente del consiglio con le palle e uno senza. Qui sta la differenza tra un partito con le palle e un partito senza. Tra un partito e un non-partito. Potere di interdizione zero. Su questa vicenda come su tutto il resto. F35, IMU, IVA. Adesso tocca ai diritti. Tra un pò alla giustizia (di nuovo). Siamo semplicemente arresi. Al Capo dello Stato. Alle necessità del PDL. Alle volontà dei singoli. Al destino cinico e baro.

A proposito di non-democrazia

Tira una brutta aria sulla nostra democrazia, scrive Ilvo Diamanti oggi:

…Così, poco a poco, ci si assuefà. A una democrazia-per-così-dire. Non si tratta neppure più della post-democrazia, ridotta al rito elettorale, cui fa riferimento Colin Crouch. Perché, nella post-Italia, descritta da Berselli giusto 10 anni fa, anche il rito elettorale è divenuto indifferente e irrilevante. La polemica politica e fra politici esiste solo nei talk televisivi. La partecipazione dei cittadini diventa poco influente e rilevante…  

Davvero brutta, direi. La democrazia rappresentativa che non rappresenta più i cittadini, la loro volontà espressa con il voto. Governi tecnici o larghissime intese che tengono insieme maggioranze contro natura, che non-decidono perché i partiti che le compongono hanno non-vinto le elezioni. Passi per il PDL, che di democratico ha avuto ben poco, partito padronale per eccellenza.

Il PD aveva un’altra missione.

Partito aperto alla partecipazione di iscritti ed elettori. E oggi non si tiene in alcun contro nè degli uni nè degli altri.

Partito che seleziona sindaci, parlamentari, leader con le primarie. E da marzo in poi i parlamentari che hanno fatto primarie vere sono sotto accusa per eccessiva autonomia, perché dissidenti rispetto a scelte non condivise dal proprio elettorato, con il quale (incredibile) riescono ancora ad avere un rapporto diretto.

Partito che decide (almeno dovrebbe) la propria line politica con un congresso, ogni quattro anni. E oggi c’è chi il congresso vuole rimandarlo sine die (almeno fino al 2015), perchè discutere, democraticamente, mette a rischio il governo delle larghissime intese e della democrazia non-rappresentativa.

C’è da essere soddisfatti. Soddisfattissimi.