Archivio mensile:Luglio 2014

Abbasso la partecipazione

Le strade politiche si dividono. Scoppiano le coppie, i divorzi aumentano, figuriamoci se non possono dividersi le strade in politica.

Epperò a me tornano in mente i compagni di viaggio persi per strada (per i quali, sia chiaro, stima e affetto sono immutati), in questi cinque anni. Cosa condividevamo, tra le altre cose?

Il desiderio di costruire un Partito Democratico aperto alla partecipazione. Un PD che sentisse la necessità, impellente, fisiologica, connaturata, inderogabile, di consultare i propri iscritti e i propri elettori per farli esprimere sulle decisioni più importanti che il partito avrebbe dovuto assumere. Erano le parole d’ordine di Albinea, della prima Leopolda, di Bologna. Per alcuni di noi quelle parole erano (e restano) scolpite nella roccia, e il solo ricordarlo, oggi, ci fa passare per inguaribili scassacazzi, gufi, rosiconi, frenatori, conservatori. Ma voi, dove siete voi? Cosa ne avete fatto, di quelle idee? Non ho sentito nessuno di voi chiedere ai circoli di riunirsi per discutere, e dire la propria, e far giungere la propria opinione al segretario-premier, sulle riforme messe in campo dal governo. Ne avevo parlato con il responsabile comunicazione del PD nazionale, mi aveva assicurato che era sua ferma volontà far ricorso allo strumento dei referendum, previsto nello statuto del partito. Nello Statuto.

Zero, niente, zero assoluto. Il vuoto. Il nulla.

E dove sono quelli che si sono sempre lamentati perché i circoli non contano una beneamata mazza? Allineati e coperti, col culo su uno strapuntino di una segreteria provinciale, o regionale, organismi inutili perché tanto le decisioni le prendono altri, altrove. Fedeli alla linea, perché solo così arriverà qualche elemosina dal parlamentare amico, quel tanto che basta per andare avanti. E al massimo i circoli che si riuniscono ratificano, sempre per non crear danno e dispiacere al capo o capetto che sia.

È questo il PD che volevate, volevamo costruire? A che serve un partito?

Adesso state con quelli che hanno creato il deserto, un deserto sul quale continuate a spargere sale. Dove nulla potrà ricrescere, e il Capo agirà indisturbato, circondato dai suoi cortigiani, pronti ad accoltellarlo quando il potere l’avrà logorato quel tanto che basta.

Gli USA e la pena di morte

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Obama, la NBA, il Village Vanguard, Yellowstone, Rosa Parks, JFK, MLK, il Jack Daniels, la Budweiser, Springsteen, Spike Lee, Niagara Falls, Carmel, i film di Clint Eastwood, Seattle, il grunge, Kurt Kobain, la Fender Stratocaster, New Orleans, Louis Armstrong, Neil Armstrong, Strand Book Store, Brooklyn Brewery, Harley Davidson, le bistecche, Napa Valley, Bill Gates, Cindy Crawford, Steve Jobs, i parchi nazionali dell’Alaska,

Tutto bello, bellissimo.

Ma finché negli USA continueranno con la pena di morte, saranno sempre un Paese di serie B.

I comportamenti dei forti che generano odio

All’indomani dell’11 settembre mi colpì una dichiarazione, non ricordo bene ma credo fosse del vescovo di Chicago o qualcuno del genere, che disse più o meno:
l’America ha spesso un comportamento odioso nei confronti di altri Paesi, non meravigliamoci se poi qualcuno odia l’America e tal punto da fare quello che è stato fatto.
Israele si comporta allo stesso modo.
Ho già parlato del diritto sacrosanto, intangibile, del popolo di Israele a vivere in pace.
Ma per preservare questo diritto Israele utilizza sempre, sempre, sempre, mezzi spropositati rispetto ai pericoli, reali o potenziali, ai quali il suo territorio, la sua popolazione è sottoposta.
A leggere le cronache di guerra nessun missile sparato da Hamas ha raggiunto il territorio Israeliano, tutti abbattuti dal sistema di difesa missilistico.
Quindi nessun civile Israeliano ha persa la vita dall’inizio del conflitto, a parte i tre poveri ragazzi rapiti e giustiziati da cellule fondamentaliste impazzite che consideravano persino Hamas troppo moderata.
Di contro più di cinquecento palestinesi sono rimasti uccisi dai bombardamenti su Gaza City.
I morti sono morti, e il dolore è dolore.
Ma la conta è costantemente sbilanciata a sfavore dei più deboli: bambini, donne, anziani, civili.
La forza di un Paese, militare e morale, si misura anche dalla capacità di fermarsi.
Invece Israele non si ferma. Sa che ci sono gli scudi umani colpisce lo stesso. Sa che ci sono ambulanze per strada a raccogliere feriti ma colpisce lo stesso.
Sa che ci sono ospedali che scoppiano di feriti, di volontari, ma colpisce lo stesso.
Ci sono le richieste dell’ONU, ma Israele non si ferma.
In passato ci sono state risoluzioni dell’ONU che Israele ha impunemente disatteso.
Altre guerre, altri interventi, sono invece nati accampando la scusa di risoluzioni ONU disattese.
Quale credibilità hanno le istituzioni mondiali se vale la legge del più forte?
Eccoli i comportamenti “odiosi” di cui parlava il vescovo di Chicago, o chi per lui.

La scuola è pubblica. Stop.

Personalmente i finanziamenti alle scuole private li abolirei del tutto, per dire.
Vuoi andare alla scuola privata, cattolica, buddhista, ebraica, marxista-leninista, musulmana, atea, agnostica, venusiana, amish, neocatecumenale, juventina, romanista, Dukan, macrobiotica, vegana?
Pagatela.
Che poi nella scuola pubblica le aule cadono addosso ai ragazzi e portiamo da casa carta igienica e sapone.
E divento ancora più intransigente dopo storie tipo questa.

Cosa cambia?

Berlusconi assolto nel processo Ruby.
A parte il fatto di aspettare il terzo grado di giudizio, per dire una parola definitiva sulla vicenda.
A parte il giudizio politico, che rimane quello, al di là dell’assoluzione. Un Presidente del Consiglio ricattabile da nani, mignotte e ballerine, che chiama un funzionario di Polizia per affidare una minorenne non ai servizi sociali ma ad un’altra “bottana industriale”.
A parte il giudizio morale, e quello più di ogni altro l’ha dato la ex moglie, ma che ci volete fare, sapete quanti ottantenni vorrebbero provare l’ebrezza della carne giovane (e quando hai il potere tutto è più semplice).

A parte tutto questo.
Per il Paese, cosa cambia?
Nulla, dovrebbe cambiare.
In un Paese normale.

Berlusconi resta un pregiudicato, ma nonostante questo continua ad imperversare a reti unificate.
Berlusconi resta un pregiudicato, ma nonostante questo il Presidente del Consiglio si sente garantito da un personaggio che doveva essere politicamente morto, e che invece sta contribuendo a rimettere in campo.
Berlusconi resta un pregiudicato, e invece Renzi lo sta facendo assurgere a padre della patria.
Berlusconi resta un pregiudicato, e il Marinetti di Palazzo Chigi (correre! velocità! zang! tumb! futuro! zang!) continua a dialogare con la parte peggiore dell’emiciclo (oltre al pregiudicato ci sono il Pater-Porcellum Calderoli e l’ominicchio Alfano) piuttosto che ascoltare persone sagge del proprio partito, tipo Vannino Chiti, il più pericoloso dei bolscevichi, additato a nemico del popolo insieme ad un manipolo di gufi traditori.
Perché le riforme non si possono fermare (correre! velocità! zang! tumb! futuro! zang!), e il Parlamento, e il dopolavoropersindaci (detto Senato), meglio sceglierselo, che farlo eleggere ai cittadini.
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Come dite? Non si governa con i sondaggi?
Giusto, stava tutto nel pacchetto del 40,8%.
Prendere o lasciare.

Conflitto eterno

Palestina-Israele-Labirinto

I morti sono morti.

Israeliani o Palestinesi che siano. E il dolore identico, quello che si rinnova di anno in anno, di mese in mese, di giorno in giorno. Da una parte e dall’altra. Ogniqualvolta un fanatico, un gruppo di fanatici (come ricordava Lucio Caracciolo), da una parte o dall’altra, decide di far esplodere nuovamente la polveriera del Medio-Oriente, buco nero della politica mondiale, fallimento vivente degli USA, dell’Europa, della Russia.

A distanza di tempo, per usare parole di Ida Dominijanni, si fa fatica a reggere la ripetitività del conflitto e del dibattito che ne scaturisce.

Entrambi i popoli hanno diritto alla pace. Gli abitanti delle città di Israele hanno il diritto di camminare per strada senza il timore che gli arrivi un razzo sparato dai territori sulle teste, e il popolo Palestinese ha diritto di vivere nelle proprie case senza il timore che un raid aereo le rada al suolo solo perché in famiglia c’è un cugino del nipote del figlio che imbraccia un fucile o tira sassi.

L’unica cosa che mi colpisce, ad ogni recrudescenza del conflitto, è la sproporzione che Israele mette in campo nel rispondere agli attacchi subiti. Sproporzione di mezzi, tra uno degli eserciti più organizzati del mondo che fronteggia i militanti di Hamas e i combattenti “civili”. E sproporzione tra i morti, in genere nel rapporto 1 a 10 a sfavore dei palestinesi. Nessuno sarebbe contento se il rapporto fosse 1 a 1, sia chiaro. E a chi muore, ai suoi cari, cambia poco sapere che il dolore è condiviso da altre 10, 100 o 1000 persone. Ma anche questo è un dato che, nella sua crudezza, finisce per alimentare ulteriormente l’odio.

Mi vengono sempre in mente le parole di MLK: “La vecchia legge dell’occhio per occhio lascia tutti ciechi”.

Le 10 domande

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Del PD al M5S. Vere (quelle farlocche stanno qui).

1. Per noi un vincitore ci vuole sempre. Siete disposti a far disputare lo spareggio finale tra le prime due classificate in serie A, nel caso in cui la differenza di punti a fine campionato non sia maggiore di 18 punti?

2. Siete disponibili ad assicurare che un tiro a canestro dalla propria metà campo valga 5 punti anziché 3?

3. Siete disponibili a tenere le elezioni solo nel caso in cui si decida a tavolino chi sarà il vincitore, il cui nome deve iniziare con la M e finire con la O?

4. Siete disponibili a far verificare la costituzionalità della legge elettorale a J-Ax, Piero Pelù, Raffaella Carrà e Noemi?

5. Siete disponibili a ridurre il potere di Capitan Findus, che impone a bambini innocenti di mangiare i bastoncini al posto di sano pesce fresco?

6. Siete disponibili a ridurre il prezzo del biglietto degli spettacoli di Beppe Grillo a 2,5 € su tutto il territorio nazionale?

7. Siete disponibili ad abolire “La vita in diretta”?

8. Siete disponibili a scegliere i senatori tra i membri della bocciofila del Tufello?

9. Vuoi bene alla mamma?

10. Ti tocchi?

NON CHIUDIAMO GLI OCCHI

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Sono immagini terribili, lo so. E in genere non mi piace mostrarle.

Ma è l’unico modo per tenere nelle nostre menti, viva vivissima, l’immanità della tragedia quotidiana che si consuma lungo le coste siciliane.

Il conto, poi, lo tiene Il Tempo, qui. O almeno, ci prova.

Si muore nel Mediterraneo. Nel loro viaggio della speranza verso l’Italia e l’Europa, il numero di chi ha perso la vita in fondo al mare è indicibile. Secondo dati forniti nel corso degli anni da Fortress Europa, Comunità di Sant’Egidio, Unhcr, dal 1988 a oggi, fra morti annegati, di freddo, dispersi o periti di stenti, si contano quasi 20mila decessi. Circa diecimila negli ultimi dieci anni. E l’elenco di solo una parte di queste povere anime, è straziante.

L’8 agosto 2004, nel Canale di Sicilia, 100 migranti muoiono durante la traversata. Il 22 settembre, a sud della Sicilia, vengono ripescati 12 corpi. Il 5 ottobre cola a picco una barca: perdono la vita in 64. Il 24 marzo 2005 sulle coste ragusane annegano 6 migrati. L’11 settembre 2005, al largo di Gela, vengono rinvenuti 11 extracomunicari. Il 25 ottobre i cadaveri di tre clandestini vengono localizzati a tre miglia da Malta. Il 18 novembre, sulle coste siciliane, altri nove immigrati perdono la vita. Venti i dispersi. 10 giugno 2006, tra Malta e la Sicilia naufragano 11 disperati. Il 25 luglio gli scafisti obbligano tre clandestini a gettarsi in acqua. Il giorno dopo il Mediterraneo inghiotte altri 17 immigrati. Il 29 luglio, nel Canale di Sicilia, 13 immigrati muoiono in mare. 30 luglio, basso Mediterraneo, perdono la vita 17 clandestini. Sono invece 40 quelli che annegano il 19 agosto al largo di Lampedusa. Dopo poche ore stesso destino per altri 50 migranti. Il 25 agosto, tra Lampedusa e Porto Palo, perdono la vita 3 migranti bambini. Altri tre clandestini muoiono il 24 ottobre al largo della Sicilia. Una era incinta. È il 26 maggio, 27 migranti, nel basso Mediterraneo, attendono la salvezza aggrappati alle gabbie di allevamento dei tonni. Non arriverà nessuno. 2 giugno, stesse acque, una nave militare francese recupera 21 cadaveri. Il 22 giugno un motopesca italiano recupera, a 80 miglia da Malta, 24 extracomunitari morti. Il 18 luglio altri cinque, tra cui un bambino, muoiono in un naufragio al largo delle acque libiche. Tre giorni dopo due clandestini muoiono nella collisione fra una carretta del mare e un peschereccio. È il 25 luglio. Tra Malta e la Sicilia viene recuperato un cadavere. I corpi dei 14 dispersi vengono avvistati il 14 agosto al largo di Lampedusa. Il 28 ottobre, in Calabria, affonda un barcone: nove clandestini perdono la vita. Lo stesso giorno in Sicilia un gommone si infrange sulla riva: muoiono in nove. Il 7 giugno 2008 un’imbarcazione diretta in Italia naufraga e dona la morte a 40 clandestini. Oltre cento i dispersi. Il 14 luglio un gommone si ribalta al largo di Lampedusa: tre morti, 20 dispersi. Due giorni dopo, il 26 luglio, un bambino, morto di stenti, viene gettato in mare dal padre. Nelle stesse acque, il 29 luglio, si rovescia una carretta del mare. Muoiono sette clandestini. Il 31 luglio al largo di Lampedusa perdono la vita due donne. Una era incinta. Ed è ancora per arrivare a Lampedusa che il 12 agosto muoiono altri due migranti. Il 13 ottobre, nella acque a sud della Sicilia, 13 clandestini vengono gettati in mare ancora vivi. La loro presenza a bordo era ritenuta causa di sfortunati eventi. Il 30 marzo 2009, tra Africa e Sicilia, affonda un peschereccio. Muoiono 21 immigrati. Ed è il 20 agosto quando al largo di Lampedusa perdono la vita 73 extracomunitari. Il 30 marzo 2011, nel Canale di Sicilia, il mare risucchia la vita di altri 11 migranti, tra i quali un bambino. Il 3 aprile settanta profughi fuggono dalla Libia. Muoiono tutti durante la traversata. Nelle acque maltesi, il 6 aprile, un barcone si inabissa portando con sé 250 persone. L’1 agosto, ancora nel Canale di Sicilia, perdono la vita 25 disperati. Il 3 ottobre un clandestino minorenne perde la vita mentre tenta lo sbarco in Calabria. E siamo al 2012. Il 3 aprile, sulla rotta per Lampedusa, affogano in dieci. Il 10 luglio 54 migranti, in mare aperto tra Libia e Italia, annegano dopo aver rifiutato il soccorso. È il 29 luglio. Un gommone parte dalle coste libiche e naufraga. Muoiono in 31. Tra il 6 e l’8 agosto al largo di Lampedusa vengono recuperati i corpi di un bimbo e quattro donne. L’11 agosto, al largo della Sicilia, perdono la vita altri sei migranti. Il 30 settembre, 13 muoiono mentre tentano di raggiungere Scicli.

Siamo al 2013. Il 3 ottobre un’imbarcazione libica affonda. I morti sono 366. Il 12 ottobre, al largo delle Pelagie, annegano 21 clandestini. L’8 giugno 2014 sbarcano a Pozzallo cento migranti. Fra loco alcuni morti. Il 14 giugno ancora 10 migranti morti. Il 19 giugno l’Unhcr comunica che nel 2014 i morti nel Mediterraneo sono 300. Mancano i 45 del 30 giugno scorso. Qualcuno ponga fine a questo inferno.

Opere pubbliche e mobilità in provincia di Latina (e nel Lazio)

no autostrada

Non mi piace l’autocitazione, ma per una volta derogo. Ho parlato più volte dell’Autostrada Roma-Latina e dalla bretella Cisterna-Valmontone. Ne feci un punto del programma con il quale mi presentai alle parlamentarie del PD in provincia di Latina. Fu molto più convincente di me chi l’autostrada e la bretella l’ha sempre fortemente voluta, Con Fabio abbiamo provato a dar voce ad un’idea di mobilità diversa, anche durante la campagna elettorale per le elezioni regionali.

Arrivano adesso anche le perplessità dei costruttori (!), che avrebbero tutto l’interesse a costruirla, un’infrastruttura del genere. E invece chiedono a Zingaretti e Renzi di ripensare l’opera.

Mi associo alla richiesta, e la estendo agli esponenti del PD della provincia di Latina che hanno sempre sponsorizzato entusiasticamente l’opera. E li invito a ripensare la mobilità nella provincia pontina e nella regione Lazio.

Repetita iuvant.

Queste le priorità:

Messa in sicurezza della Pontina (che costerebbe molto ma molto meno della spesa prevista per la realizzazione dell’Autostrada).

Metro leggera di superficie per portare i pendolari a Roma.

Realizzazione della gronda merci che libererebbe tracce per i treni sul reticolo ferroviario romano per i treni passeggeri.

Chiusura dell’anello ferroviario di Roma.

Utilizzazione dell’asse AV/AC Torino-Milano-Bologna-Firenze-Roma-Napoli-Salerno per il trasporto merci in orario notturno (attualmente le linee AV esistenti è praticamente inutilizzata per il trasporto merci, nonostante i modelli di esercizio di progetto prevedesse il transito di  treni cosiddetti “Merci AV”)

Valorizzazione delle bellezze artistiche, culturali, paesaggistiche dell’agro romano e dell’agro pontino.

Autostrade informatiche per mettere in contatto domanda e offerta di cultura, in tutti i sensi.

Ne parliamo, allora?