Archivio mensile:Settembre 2015

When you got nothing, you got nothing to lose

Una combinazione di quelle che capitano la mattina mentre ascolti la radio in macchina, andando in ufficio. Un servizio sui migranti, poi cambi canale e passano like a rolling stone.

E giusto a questo pensi, che le persone quando non hanno niente non hanno proprio niente da perdere. I trafficanti, i barconi, le mazzate sottocoperta, i binari lungo le frontiere, i centri di accoglienza, con la paura di non farcela e la morte che non fa sconti. Ma se non hai niente, rischi tutto. E non c’è differenza tra profugo e “migrante economico”. Perché se scappi dalla guerra o dalla mancanza di futuro, è uguale.

Non hai niente, e non hai niente da perdere.

Dieci anni senza Federico

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Avevi diciott’anni. Oggi ne avresti avuti ventotto.

Chissà cosa ti avrebbe riservato la vita. Gli amici, le ragazze, la musica, lo sport, la politica, il volontariato. Anche il niente. Si, anche quello.

Avevi diritto di viverla a modo tuo, quella vita che poliziotti infami ti hanno portato via, quel giorno.

Forse avresti trovato l’amore della tua vita. Forse avresti avuto un figlio.

Forse saresti stato in giro per l’Europa, cervello in fuga. Forse avresti deciso di restare nel tuo Paese, a Ferrara, per tigna, come tanti.

Penso a te, e a tua mamma e tuo papà, e li ringrazio per averci fatto conoscere la tua storia. E per aver lottato contro uno stato che ammazza i propri figli, che non tutela i propri cittadini.

Il sogno di Papa Francesco

 

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“Ho sostenuto l’’abolizione globale della pena di morte. Sono convinto che questa sia la via migliore, dal momento che ogni vita è sacra, ogni persona umana è dotata di una inalienabile dignità, e la società può solo beneficiare dalla riabilitazione di coloro che sono condannati per crimini”

“Perché armi mortali sono vendute a coloro che pianificano di infliggere indicibili sofferenze a individui e società? Purtroppo, la risposta, come tutti sappiamo, è semplicemente per denaro: denaro che è intriso di sangue, spesso del sangue innocente. Davanti a questo vergognoso e colpevole silenzio, è nostro dovere affrontare il problema e fermare il commercio di armi

“Noi, gente di questo continente, non abbiamo paura degli stranieri, perché molti di noi una volta eravamo stranieri. Vi dico questo come figlio di immigrati, sapendo che anche tanti di voi sono discendenti di immigrati. Tragicamente, i diritti di quelli che erano qui molto prima di noi non sono stati sempre rispettati. Per quei popoli e le loro nazioni, dal cuore della democrazia americana, desidero riaffermare la mia più profonda stima e considerazione”

Parole semplici, quelle pronunciate da Papa Francesco al Congresso degli Stati Uniti d’America. Per la prima volta un Papa ha parlato in quel luogo. E con il coraggio che lo contraddistingue ha detto ciò che nessuno aveva detto prima, in quel luogo.

No alla pena di morte, no al commercio di armi, si all’accoglienza dei migranti.

Spero che serva a risvegliare la coscienza di qualche americano, anche se molto tristemente appena uscito da lì è ricominciato il consueto lavoro delle lobby in un congresso tra i più divisi della storia Americana.

Comunque la si pensi, ieri a Washington si è fatto un pezzetto di storia.

Quella foto e tutto il resto

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Che, ahimè, non sposta un bel niente.

Guardarla, non guardarla, postarla, ri-postarla, non-postarla sta al livello di sopportazione fisica che ciascuno di noi ha dentro di sé. Una cosa personalissima nella quale nessuno ha il diritto di metter becco. Tra l’altro sono anni che ad intervalli regolari irrompono nelle nostre vite immagini che pensiamo siano quelle decisive, quelle che da oggi tutto cambia, quelle che adesso basta, ribelliamoci, si è passato il segno. E invece.

La cultura dell’accoglienza non fa un passo in avanti che è uno, nel Paese, in Europa. Anzi. Nonostante le foto.

Le persone sensibili al tema dell’immigrazione, dei profughi, della guerra, dell’infanzia negata saranno corroborate nelle loro convinzioni. Chi si muoverà concretamente. Chi si indignerà dietro la tastiera e basta (la solidarietà ai tempi di Facebook). Chi si sforzerà di socializzare la propria indignazione scrivendo un pensiero il più originale possible, non letto su altre bacheche, possibilmente.

Le persone insensibili al tema dell’immigrazione, dei profughi, della guerra, dell’infanzia negata rimarranno così come sono. Perché la cattiveria ce l’hanno dentro. Perché se un cuore è nero, un’anima è nera. resta tutto nero. Perché il figlio di quel nero sarà tanto più al sicuro (e scuro) quanto più questi straccioni resteranno al loro paese, evitando di farci vedere l’oscenità della morte a ora di cena, possibilmente.