Archivio mensile:Novembre 2015

Il cane morde sempre in culo allo stracciato

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Si scopre (?) in questi giorni la grande truffa sull’olio. E poi c’è quella sul vino, sulle mozzarelle, sul tonno, sul formaggio, sulla carne, sulla maggior parte dei cibi che mangiamo. Nessuno sano di mente può pensare che un litro di olio extravergine di provenienza italiana possa costare 4 € al litro, o vino decente 1,5 € al litro. Però poi questi prodotti sugli scaffali ci stanno, e al di là di quello che si trova scritto sulle etichette, in maniera più o meno comprensibile, della tracciabilità e di tutto il resto, i consumatori comprano. Con la crescita delle disuguaglianze socio-economiche nel Paese non si fa fatica a capire chi, nella maggior parte dei casi, sia diventato il maggior consumatore di prodotti a basso costo (e bassissima qualità). In sostanza chi sta bene economicamente mangia meglio di chi ha difficoltà. E quindi oltre al danno di vedere eroso il proprio potere di spesa, la beffa di essere costretto a nutrirsi di prodotti scadenti. Non siamo al junk-food ma poco ci manca.

Come potremmo chiamarlo, food-divide?

SEL è la pietra al collo della sinistra 

S’è capito, ormai. Il problema della sinistra italiana, a voler personalizzare, non è Civati. Né Fassina, o Landini. Ma ha un nome e cognome. 

Anzi, sigla. Acronimo. 

SEL. 

O anche Vendola, se vogliamo. E tutti quei dirigenti che non riescono a staccarsi dal cordone ombelicale del padre nobile. Nella migliore delle ipotesi. 

È del tutto evidente che SEL abbia esaurito la sua funzione storica, e da tempo ormai. Capisco che sia difficile rinunciare al governo, che so, della regione Lazio. Alcuni lo fanno. Altri no. Candidarsi in alternativa al PD e a Piero Fassino, a Torino, contemporaneamente partecipare alle primarie del centrosinistra a Milano, dove presumibilmente è destinato a vincere Sala (sempre che si facciano), genera smarrimento ulteriore in un popolo di sinistra che già ha preso le sue mazzate, negli ultimi anni. 

Basta ambiguità. Basta. O con il PD del ponte sullo stretto, della finta lotta all’evasione fiscale, del demansionamento dei lavoratori, oppure contro. Basta. 

Ascoltare, capire, partecipare

Sabato mattina sarò al Teatro Quirino, a Roma, all’incontro che segna l’inizio di un percorso che spero porterà lontano.

Vado per ascoltare quello che avranno da dire le persone che lì si riuniscono. Che siano parlamentari, semplici cittadini, persone attive nella società, precari, insegnanti, amici, compagni.

Vado per capire se sia davvero finito il tempo delle ambiguità e per ascoltare parole chiare sui rapporti con il Partito Democratico.  Mi aspetto questo soprattutto dai compagni di SEL, ai quali mi sono rivolto nei giorni scorsi per chiedere loro, dal mio modestissimo osservatorio, di fare scelte coraggiose e coerenti. Sinceramente non vedo perché chi è uscito dal PD dovrebbe tornare a farsi il sangue amaro inseguendo improbabili alleanze. Sostenere questa tesi è solo gettare benzina su un fuoco di polemiche che andrebbero semplicemente evitate, se basate su illazioni e considerazioni di fantasia. Del resto lo schema nazionale mi sembra abbastanza chiaro: pur di fermare l’avanzata di M5S Renzi farà di tutto, dal cambiare nuovamente l’Italicum ad alleanze organiche e strutturali anche con Forza Italia, in nome di non so quale pericolo incombente  sulla Nazione. A meno che il pericolo non si chiami democrazia.

Vado per partecipare, con il mio umilissimo e piccolissimo contributo di cittadino, ad un progetto al quale tengo da tempo e che nasce da una esigenza che non è più eludibile, visto anche il fallimento del progetto del PD: dare voce, forza, rappresentanza, nel nostro Paese, nelle nostre comunità, alla sinistra. Semplicemente. Sui temi della legalità, dell’uguaglianza, della giustizia, dei diritti, dell’ambiente, del lavoro, della mobilità, del welfare.

È una sfida agli esiti incerti, difficile, difficilissima, che ha visto fallire molti in passato. Ma chi ha veramente a cuore la nascita di una forza di sinistra ampia, plurale, moderna, europea, aperta alla partecipazione e soprattutto che non aspiri a essere residuale ma ad essere forza di governo nel Paese e nelle città, non può che esserci, sabato mattina al Teatro Quirino. Non è, questo, il tempo dei distinguo, delle ripicche personali, dei processi alle intenzioni, dell’isolazionismo. Non mi interessano le sigle, le formule. Mi interessano i contenuti. I metodi. E va bene la costruzione dal basso che procede di pari passo con la costruzione dall’alto, se alto vuol dire dare maggiore voce anche in Parlamento, nelle Istituzioni alle battaglie che “il basso” discute, prepara, anima con passione e competenza. Dividersi ancora prima di partire è un errore. C’è tanto da fare. Tanta strada da percorrere e suole da consumare. Competenze, esperienze, idee da mettere a fattor comune. Personalmente vorrei che fossimo in molti, moltissimi, e che nessuno, almeno per ora, restasse indietro o pensasse di fare balzi in avanti in solitaria.