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Capitale morale?

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Sinceramente non mi interessa contribuire alla discussione sulla diatriba Roma-Milano. I problemi di Roma li conosciamo tutti. Milano, per chi ci è stato ultimamente, dà l’idea di essere una città accogliente, pulita, efficiente. Insomma, hanno la nebbia ma pure una qualità della vita soddisfacente. Immagino che pure Milano abbia le sue contraddizioni, che le periferie, anche lì, non siano il posto migliore per vivere. E che sei povero, disoccupato, pensionato al minimo, precario, senzatetto, cassintegrato, Milano e Roma non è che facciano tutta ‘sta differenza. Però quello che non mi va è la definizione di Milano capitale morale d’Italia. Ma capitale morale de che? Digitate le parole arresti, corruzione, manette, tangenti insieme a Milano e vedete cosa vi esce fuori. Una sfilza di notizie che la metà basta. E, con tutto il rispetto per il lavoro dell’ANAC, le bacchette magiche non le hanno ancora inventate.

Sicurezza cenerentola, come sempre

A construction worker or foreman at a construction site observing the progress of construction job or project, with copy space

Ieri il Senato ha approvato il disegno di legge delega n° 1678 che porterà alla riscrittura del codice degli appalti (D.Lgs. 163/06).

Sono state introdotte importanti novità, da dettagliare nel decreto delegato, che si propongono, tra l’altro, di correggere alcune delle storture portatrici di fenomeni corruttivi a tutti noti.

Tra queste la legge delega prevede che negli appalti affidati con la formula del Contraente Generale (parliamo di realizzazione delle linee AV, della Metro C di Roma, della Salerno-Reggio Calabria, per capirci), sia “vietata l’attribuzione del compito di responsabile o direttore dei lavori allo stesso contraente generale” (art. 1 comma p del DDL 1678).

Inoltre si stabilisce la “creazione di un albo nazionale, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dei soggetti che possono ricoprire rispettivamente i ruoli di responsabile dei lavori, di direttore dei lavori e di collaudatore negli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente generale, prevedendo specifici requisiti di moralità, di competenza e di professionalità e la loro nomina nelle procedure di appalto mediante pubblico sorteggio da una lista di candidati indicati alle stazioni appaltanti che ne facciano richiesta in numero almeno triplo per ciascun ruolo da ricoprire​”​ (art. 1 comma p-bis del DDL 1678).

In pratica si​ indicano alla stazione appaltante tre nomi presi nell’albo ​nazionale ​ e il direttore lavori, il responsabile dei lavori e il collaudatori ​sono estratti a sorte​. In ​questo modo si dovrebbe garantire l’assoluta indipendenza di figure professionali fondamentali per la corretta realizzazione di un’opera.

Viene sancito un principio giusto (il controllato non può pagare il controllore) ma con una formulazione in parte errata e a mio avviso incompleta.

Perdonatemi se entro in questioni tecniche, ma è necessario.

Il Responsabile dei Lavori (RdL) è una figura presente nel Titolo IV del D.Lgs. 81/08 (il cosiddetto Testo Unico del Sicurezza) ed è una figura specifica della sicurezza che, nel caso di appalti pubblici, coincide con il Responsabile Unico del Procedimento (RUP).

Il RUP è il garante verso il Committente della corretta attuazione degli iter procedimentali previsti dalla normativa e dal rapporto contrattuale con chi esegue l’opera.

Il Direttore Lavori (DL) è il soggetto responsabile dell’esecuzione dei lavori in termini di qualità, tempi e costi secondo le previsioni normative e secondo il rapporto contrattuale. Sostanzialmente, come dice un mio collega, il DL è il “contratto fatto uomo”.

Quindi già al comma p) con quella “o” tra le parole “responsabile” (dei lavori?) e “direttore dei lavori” (il diavolo sta nei dettagli, si sa) c’è un errore.

La formulazione corretta, se l’intento è quello di creare un albo di soggetti indipendenti da sottrarre al controllo diretto del CG, sarebbe: “…vietata l’attribuzione del compito di responsabile dei lavori e direttore dei lavori allo stesso contraente generale” .

Ma, come dicevo, il comma p è a mio avviso anche incompleto.

Il RdL è un soggetto specifico della sicurezza, portatore di obblighi e di responsabilità sia in fase di progettazione sia in fase di esecuzione delle opere. Tra i suoi numerosi obblighi, ha quello di nominare, nei casi previsti dalla legge, due ulteriori soggetti fondamentali per la sicurezza, ossia il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Progettazione (CSP) e il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione (CSE).

Il CSP è colui il quale redige il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC), ossia il progetto della sicurezza di un’opera.

Il CSE è, invece, il soggetto che affianca il Direttore dei Lavori per il controllo dell’attuazione delle misure di sicurezza contenute nel progetto della sicurezza.

Nelle formulazioni dei commi p e p-bis dell’articolo 1 del DDL 1678 queste due figure mancano. Ed è una mancanza grave, perché secondo me nasconde, nella migliore delle ipotesi, un’ignoranza del legislatore riguardo all’organizzazione della sicurezza in fase di progetto e in fase di esecuzione. Nella peggiore delle ipotesi una mancanza di sensibilità riguardo la sicurezza sul lavoro, che resta una priorità solo a chiacchiere.

Per avere un’idea, dall’inizio dell’anno i morti sul lavoro sono 274, ai quali se aggiungono almeno 580 deceduti in itinere. Il conto lo tiene Carlo Soricelli sul suo sito, Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro.

Nell’attuale formulazione dei commi p e p-bis, fatte le dovute differenze, è come se dal punto di vista della gestione dei lavori sparisse il Direttore dei Lavori e si facesse riferimento solo alla figura del RUP.

In definitiva la formulazione corretta del comma p dovrebbe essere:

…vietata l’attribuzione del compito di responsabile dei lavori, del coordinatore in fase di progettazione, del coordinatore in fase di esecuzione e direttore dei lavori allo stesso contraente generale” .

Ne deriva che anche CSP e CSE dovrebbero avere un loro albo nazionale al quale attingere i tre nomi da sorteggiare, e quindi la formulazione corretta del comma p-bis dovrebbe essere:

creazione di un albo nazionale, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dei soggetti che possono ricoprire rispettivamente i ruoli di responsabile dei lavori, di coordinatore in fase di progettazione, di coordinatore in fase di esecuzione di direttore dei lavori e di collaudatore negli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente generale,..”

Spero ci sia modo di presentare e approvare questi emendamenti nella discussone alla Camera.

Il silenzio che uccide

Forse quello strano sono io. Oppure mi sono perso qualcosa, oppure mi sono informato male.

Però, davvero, credo che di fronte all’omicidio di Mario Piccolino avvenuto qualche giorno fa il silenzio dei componenti pontini della commissione parlamentare antimafia sia assordante.

Certo non mi aspetto dichiarazioni di fuoco contro le infiltrazioni malavitose da parte di Claudio Fazzone, però ricordo a tutti che in commissione siede anche Claudio Moscardelli, del Partito Democratico. E fino ad oggi non ha trovato il tempo per dire una parola che sia una su questo omicidio che o è stato commesso da un pazzo oppure è un’esecuzione di mafia vera e propria.

Aspettiamo fiduciosi una voce dall’istituzione, mica dall’uomo.

Riflessioni ai tempi delle quattro fiducie

Cosa dire di queste ore, di questi giorni, delle quattro fiducie che si aggiungono alle precedenti trentaepassa, degli strappi, dei ripensamenti, delle poltrone.

Renzi, segretario di un partito che da un po’ non è più il mio, ha distrutto un patrimonio umano e politico. Nella sua logica non esistono prigionieri, non esistono intelligenze da preservare. Esistono teste da far cadere, arnesi da ferrovecchio. Esiste il disprezzo degli anni che sono passati, e non lo dico con specifico riferimento a parte della vecchia classe dirigente del PD, quella che non si è piegato ai suoi autaut e che in passato ha commesso errori a pacchi, a nastro. Lo dico come forma mentis. Emerge il disprezzo per tutto ciò che non è del suo tempo e che non è plasmato a sua immagine e somiglianza. Il gettone telefonico, il cellulare grande, la macchina da scrivere. L’età, appunto. Come se i quattro giovani capre ignoranti di cui si è circondato fossero in grado di offrire una prospettiva culturale, politica, economica al Paese, A me questa cosa me l’hanno fatta capire (e mi dispiace esserci arrivato con un po’ di ritardo) i miei genitori, quando si sentivano offesi dalla parola “rottamazione”. CI fa sentire come una roba da buttar via, mi dicevano, quando invece vorremmo, potremmo ancora essere utili.

E poi c’è il disprezzo totale, il dileggio, la calunnia per chi non si conforma al pensiero unico. Tipo la storia di Letta e Prodi che criticano per vender libri. Che miserabile.

Renzi voleva arrivare esattamente dove è arrivato, poveri quelli che hanno sperato in qualcosa di diverso. E provo davvero una gran pena per chi ha deciso di sostenerlo per opportunismo, per splendere di luce riflessa, per guadagnare un posto o semplicemente per non perderlo.

E provo invece rabbia per l’inganno, gli inganni che si continuano a perpetrare. Il sommo inganno della necessità di riforme. Si sono fatte in questi anni riforme, come se non si sono fatte.

Riforme elettorali, almeno due.

Riforme delle pensioni, tre o quattro.

Riforme del lavoro.

Riforme della sanità.

Riforme della scuola, Berlinguer, Moratti, Gelmini.

Riforme della Costituzione.

Riforme della Giustizia, il giusto processo, le leggi ad personam.

Riforme del fisco.

Tante riforme, fatte da destra e sinistra. Ma riforme brutte, approvate a colpi di maggioranza, senza una condivisione nel paese. Esattamente come adesso. Esattamente.

E siccome non credo alle virtù messianiche di chicchessia, non vedo perché queste dovrebbero funzionare.

L’inganno di un consenso carpito in un congresso con proposte che sono opposte a quelle che si fanno adesso, e su questo inganno si è demolito un partito, una comunità di donne e uomini che non si riconoscono più, che si guardano in cagnesco esattamente come abbiamo fatto per anni con chi votava centrodestra. Probabilmente perché chi votava centrodestra ora sta nel PD, e noi siamo rimasti gli stessi.

L’autostrada Roma-Latina non si fa

E nemmeno la bretella Cisterna-Valmontone.

Con buona pace dei signorotti locali, della stragrande maggioranza del PD locale e di tutti quelli salutavano con favore queste opere inutili da un punto di vista economico, strategico, infrastrutturale e dannose per il patrimonio ambientale, culturale, artistico di interi territori.

Molti cittadini si sono da sempre opposti a questo scempio, proponendo soluzioni alternative, prima su tutte la messa in sicurezza della Pontina. Poi si sono aggiunti i dubbi degli stessi costruttori. Sul tema ci siamo personalmente spesi con l’amico Fabio all’interno del PD della provincia di Latina, con il Sindaco di Cori Tommaso Conti e pochissimi altri.

Adesso è il Governo a metterci una pietra sopra.

Leggete l’allegato al DEF, pag. 75, 76 e 77.

Bene così.

In tanti già scalpitano, fremono, sbraitano. Penso che sarebbe un paese di pulcinella quello in cui il primo che passa alza il telefono, chiama un ministro e fa cambiare documenti fondamentali per lo sviluppo di una nazione. Mi auguro di no, davvero.

I conti si fanno alla fine

Anzi, fra tre anni. Tanto bisogna aspettare per capire quale sarà stato l’impatto del jobs-act sul mondo del lavoro italiano. E sul precariato.

I 79.000 (ricordate questo numero, diventerà un mantra come 40,8) assunti grazie alle decontribuzioni introdotte nella legge di stabilità e quelli che verranno con il contratto a tutele crescenti sono una buona notizia ma, consentitemi, anche un’ovvietà. Se lo strumento prevalente (non unico, lo sappiamo) è quello del contratto a tutele crescenti, e soprattutto se è conveniente per le aziende, è ovvio che i nuovi assunti (oppure le altre forme contrattuali preesistenti che sono trasformate nel nuovo contratto) usufruiscano di quella tipologia di contratto.

Penso alla mia azienda. i 5 entrati nelle ultime settimane invece del contratto interinale avranno il contratto del jobs-act. Ma sempre precari sono, per i prossimi tre anni.

Il 27 marzo del 2018 sapremo se avranno meritato l’agognato contratto a tempo indeterminato o se saranno rimasti precari.

Il tempo, come sempre, sarà galantuomo.images

L’anello ferroviario di Roma NON si chiude

Mi stupisco sempre della faciloneria altrui. Ma è un problema mio, suppongo.

Leggo dichiarazioni entusiaste di Zingaretti:

zing

 

e di Marino (giornata storica!!):

Mar

Peccato che l’anello ferroviario di Roma, per ora, non si chiuda.

Basta leggere il resoconto della seduta del 18 marzo della Commissione Trasporti della Camera:

“…relativamente al nodo urbano di Roma, destinare specifiche risorse, quantificabili in 120 milioni di euro, al completamento della linea Vigna Clara – Valle Aurelia, considerato che il completamento dell’anello ferroviario di Roma Nord richiederebbe risorse attualmente non disponibili…”.

Per chi parla con un minimo di cognizione di causa, chiusura del’anello ferroviario significa creare una nuova infrastruttura ferroviaria dall’altezza di Prato della Signora fino a Vigna Clara, passando sulla Salaria, sul Tevere, e da via Camposampiero.

Anello

 

Va benissimo destinare risorse per potenziare le linee esistenti, ma l’anello ferroviario di Roma resta aperto.

Così, per la precisione.

 

Le tutele di chi

Oggi entra in vigore il jobs-act. Fra tre anni avremo la conferma del suo fallimento, quando sarà evidente il numero di contratti a tutele crescenti ancora in vigore. Quanti, insomma, avranno passato la soglia dei tre anni. Saremo stati gufi indovini.

Intanto il principio è stato sancito: la tutela crescente. Tocca solo vedere la tutela di chi. Il CUI nella formulazione Boeri-Garibaldi ripreso nel DDL Nerozzi durante la scorsa legislatura, pur non essendo un provvedimento perfetto, stabiliva la tutela crescente del lavoratore. Nel corso della sua applicazione il soggetto tutelato era comunque il lavoratore, e si rendeva sconveniente per l’impresa liberarsene. Con il jobs-act il principio è rovesciato. Il soggetto tutelato è il datore di lavoro, che ha tutta la convenienza a liberarsi della lavoratore visto che alla fine dei tre anni il saldo tra sgravi fiscali e indennizzo è sbilanciato a suo favore. Calcio nel culo e ricomincia la giostra con un altro.

Quindi, dalle tutele crescenti del lavoratore, soggetto debole nel rapporto di lavoro, alle tutele crescenti del datore di lavoro.  Una cosa di sinistra, insomma.

Cose semplici e banali

Che poi uno dice dov’è che s’è consumato lo strappo, dov’è che s’è capito che un gruppo di giovani dirigenti del PD che, passando da Piombino, iMille, Albinea, Bologna e fino alla Leopolda 1 sembravano poter marciare uniti contro la vecchia classe dirigente e invece erano, in definitiva,  del tutto incompatibili.

Ecco dove s’è consumato lo strappo:

AAA

Quando si è scelto di stare dalla parte di un altro capitano coraggioso, di chi porta la sede della propria società all’estero per pagare meno tasse, di chi vive il ruolo del sindacato come un fastidio, di chi comprime diritti, di chi costringe a firmare contratti con la pistola puntata alla tempia, invece di scegliere gli operai.

Risarcire Taranto

ilva-di-tarantoNel governo si è tanto parlato di Ilva, di Taranto, indicando i provvedimenti adottati per salvare il salvabile come simbolo supremo dell’efficienza dell’esecutivo. E come simbolo della sensibilità governativa nei riguardi della salvaguardia dell’ambiente. Tra Sblocca Italia, trivellazioni di petrolio in Adriatico e stop a leggi regionali che salvaguardano il suolo, qualche dubbio è più che lecito.

A Taranto, poi, resta in piedi il problema dell’inquinamento, quello presente e quello passato. E del diritto di persone, imprese, cittadini a vedersi risarcire per le morti, le malattie, i danni morali e materiali. Con l’amministrazione straordinaria della società il GUP di Taranto si è vista costretta a bloccare i risarcimenti chiesti alle tre società del Gruppo Riva messe in liquidazione. Se le parti civili vorranno farsi risarcire, toccherà bussare direttamente alla porta della famiglia Riva.

Ecco, secondo me qualcuno, a Palazzo Chigi, dovrebbe farsi carico del problema.