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Marco Guglielmo per il PD Lazio

Di congresso in congresso, adesso si parte (al volo) per scegliere il nuovo assetto del PD Lazio. Nota metodologica: visto che i candidati sono solo tre sarà saltato il passaggio nei circoli, il nuovo segretario sarà scelto con le primarie aperte e quindi potranno votare TUTTI.

L’area Civati c’è. Marco Guglielmo sfiderà Fabio Melilli e Lorenza Bonaccorsi per la segreteria regionale.

gug civ

Le dinamiche interne al PD Lazio sono difficili a morire, insomma il verso non si cambia. Fabio Melilli, deputato reatino, si presenta come neorenziano, appoggiato da AreaDem, Bettiniani, Zingarettiani, Giovani Turchi e chi più ne ha più ne metta. Insomma, i capibastone sono già al lavoro, vicesegreterie assegnate a Giraldi e Moscardelli, sulla fiducia. Lorenza Bonaccorsi, già assistente di Paolo Gentiloni (!) e deputata si ritiene, invece, depositaria del marchio “Renziana-DOC”, o protorenziana che dir si voglia. E quindi sfida l’arrogante Melilli per contendersi lo scettro del renzismo in regione. E’ questo ciò che serve al PD Lazio? No.

Per questo siamo in campo. Perché nelle tre settimane che ci separano dal voto del 16 febbraio vogliamo parlare con tutti. Nel PD e fuori del PD. Con chi non è mai stato favorevole alle intese a fisarmonica (che si allargano e restringono a seconda della convenienza del momento), con chi ha dato una delega in bianco a Renzi e s’è ritrovato Berlusconi (di nuovo) al proprio fianco, con chi pensa che il PD non possa essere il partito dell’uomo solo al comando che dice prendere o lasciare, con chi pensa che gli occupanti del carro del vincitore non debbano più fare i propri comodi sui territori (e li conosciamo bene i Moscardelli, gli Astorre, i De Angelis, i Fioroni, i Vincenzi) e lasciare tutto com’è. Vogliamo parlare a chi s’è scandalizzato per l’utilizzo dei fondi del gruppo regionale del PD Lazio nella passata consiliatura, e i protagonisti di quella storia invece di restare fermi un giro e chiedere scusa  sono stati tutti promossi, chi in Senato, chi alla Camera, chi a al Comune di Roma. Vogliamo parlare a chi pensa che ci sia bisogno di incalzare le amministrazioni, anche quelle amiche, a partire da Zingaretti e Marino, da sinistra. Vogliamo parlare di sanità, di ambiente, di rifiuti, di politiche per il lavoro, di difesa del territorio, di consumo del suolo, di trasporti, di diritti.

È una sfida difficile, Marco ci mette la faccia, la passione, la forza di credere in un PD rinnovato. Noi con lui, e con chiunque voglia darci una mano.

p.s. dedicato ai miei amici cuperliani (e non solo a loro) del PD della provincia di Latina: sicuri di votare per Moscardelli vicesegretario oppure per una Renziana DOC? O di non scegliere davanti ad una prospettiva del genere? Dopo aver appena terminato la battaglia per l’elezione di Mansutti alla presidenza dell’assemblea provinciale?

Il post del post

Il mio primo pensiero va a Pippo. Per ringraziarlo. Se in questi ultimi anni ho continuato ad interessarmi attivamente di politica è grazie a lui. Dalla delusione alla speranza. Oggi c’è un po’ di delusione in più, ma la speranza è più che viva. Il tempo di ricaricare le batterie e si riparte. Insieme alle persone meravigliose che ho conosciuto in questi anni, a partire da quella riunione al circolo ARCI di Via Bellezza, a Milano, passando per Albinea, Firenze e Bologna e fino a Reggio Emilia. Insieme alle persone che ho conosciuto in questi mesi, aiutando a mettere in piedi la mozione in tutto il Lazio. Energie da valorizzare, tanti giovani (di testa, di cuore e di carta d’identità) da sostenere perché il futuro è il loro.

Un pensiero va a Gianni Cuperlo, troppo onesto, intelligente, e serio per meritarsi di finire nel tritacarne di una classe dirigente al tramonto. Non ve lo meritavate Cuperlo, voi che avete portato il PD al governo con Berlusconi e pensavate di sopravvivere a voi stessi. Sparite dalla scena, una volta per tutte. D’Alema, Finocchiaro, Turco, Fioroni, Amici.

E poi un pensiero va anche a Matteo Renzi, perché tutto l’ambaradan è servito a scegliere il nuovo segretario del mio partito. A Renzi chiedo coraggio. A Renzi chiedo di occuparsi del PD. Che non deve essere solo lo strumento per le sue legittime aspirazioni alla premiership. La rottamazione non si fa liberandosi di due o tre nomi nazionali importanti. La rottamazione si fa sui territori, come nella provincia di Latina, dove continuano ad imperversare capibastone neo-renziani che lasciano tutto così com’è (chiedere ai protorenziani). Si fa sui territori, come nella provincia di Latina,  impedendo le adesioni in massa di ex-qualcosa, che salteranno sul carro senza averlo nemmeno spinto. Qui si gioca la partita del PD e del Paese. Perché a cascata rischia di avverarsi anche la profezia della mutazione antropologica del PD di cui parlava Scalfari tempo addietro. Alcune delle persone che cantano vittoria hanno posizione retrograde sui diritti (Cristiana, ci sei?), sulla laicità dello stato, sulle spese militari, sulle infrastrutture, sull’ambiente, sul precariato, sui diritti, sul welfare. E allora ai tanti che hanno trovato come ragione qualificante per votare Renzi “perché finalmente vinciamo” io vorrei, sommessamente chiedere cosa si vincerà. Quale Paese costruiremo. Quindi segretario, coraggio. Oppure perderai tu e perderemo tutti.

 

Il nuovo segretario del PD

Sarebbe proprio così. Ma dipende da voi, solo da voi. Eccolo.

Se tutto va come ci auguriamo che vada, il 9 dicembre mi alzerei presto e andrei a Bologna, per prima cosa, per dare una tessera a Romano Prodi. Una tessera Gold per il 2014. Non è detto che accetterebbe, ma è necessario provarci.

Nel pomeriggio, chiederei un incontro ai gruppi parlamentari di Sel, per sottoscrivere ancora la carta d’intenti che facemmo firmare a tre milioni di persone giusto un anno fa, anche se sembrano passati secoli. E proporrei loro di fare un unico partito del centrosinistra, che farebbe bene sia al Pd sia a Sel.

Chiederei a Enrico Letta e ai ministri, viceministri e sottosegretari del Pd di incontrarci e parlarci francamente, sulla base delle indicazioni ricevute dagli elettori delle primarie. Sulla legge elettorale, per prima cosa (perché avremmo dovuto votare il ritorno al Mattarellum quando arrivò alla Camera, ormai sei mesi fa) e su un messaggio da dare sull’uguaglianza, subito, senza perderci in miliardi di mediazioni confuse e spesso fallimentari.

Chiederei un appuntamento a Giuliano Amato, per capire se lui non intenda dare l’ottimo esempio e rinunciare a due delle sue tre pensioni. E se dal punto di vista costituzionale i diritti acquisiti di chi sta bene non possano trovare un equilibrio con i diritti acquisiti (e negati) a chi sta male. E chiederei a Stefano Rodotà di vederci al teatro Valle, in settimana, perché ci sono un milione di cose di cui dobbiamo parlare. E anche qualche scusa da porgere.

Lancerei una campagna di moralizzazione totale della politica, a cominciare dai costi degli enti locali per arrivare al Parlamento. Chiederei ai parlamentari del Pd di rinunciare a un terzo dello stipendio, non per darlo al Pd come fanno ora, ma per lasciarlo alla Camera e al Senato. E a chi tra loro abita a Roma di considerare se è il caso di percepire una diaria analoga a quella che riguarda i parlamentari che abitano nel Sud-Tirolo o in provincia di Nuoro.

Sentirei Gian Piero Scanu, che sta facendo un ottimo lavoro, per chiedere che il Pd, in commissione Difesa, dica cosa più chiare sugli F-35. E le dica alla svelta.

Ovviamente farei tutto quanto dopo avere sentito Cuperlo e Renzi e anche Pittella, perché mi sembra giusto fare così. E chiederei loro di indicarmi le persone migliori con cui costruire insieme il nuovo Partito democratico, che premi il merito e non l’appartenenza a questa o a quella corrente. La qualità e non la fedeltà.

Verso sera, come in quel film, offrirei un bicchiere di vino a Fabrizio Barca, per quello che ha fatto in questi mesi, restituendo alla politica il sapore antico dello studio e della riflessione ‘lunga’: gli chiederei di guidare un centro studi formidabile, all’aria aperta, diffuso sul territorio nazionale e autonomo: autonomo rispetto alla quotidianità della dichiarazione continua di tutti su tutto e autonomo rispetto alla mia stessa segreteria. Perché è così che si ragiona meglio, quando le persone possono dare il meglio di sé, senza condizionamento alcuno.

Personalmente, rifletterei sul fatto se sia giusto rimanere in Parlamento o se non sia meglio dedicarsi esclusivamente al lavoro di segretario, anche perché dovremo girare molto con il nuovo gruppo dirigente (nuovo perché, senza toni eccessivi, lo cambieremo tutto, e spero si sia capito). Sui luoghi di lavoro, per prima cosa, in tutta Italia, in un viaggio tra piccole aziende e grandi stabilimenti, nelle startup e nei call center, nelle fabbriche e nei centri di ricerca. Dove le cose vanno bene e dove purtroppo le cose vanno malissimo. E dovremo stare la maggior parte del nostro tempo nella provincia del Paese, dove tutti o quasi si sentono lontani – non solo geograficamente – dai luoghi dove si prendono le decisioni.

E il bello è che potrebbe succedere. Dipende da voi.

Il mio segretario, il mio PD

Elly Schlein e Andrea Ranieri. Mirko Tutino e Walter Tocci. Se c’è un’immagine che mi resta impressa nella mente alla fine della presentazione “ufficiale” della candidatura di Pippo Civati alla segreteria del PD, giovedì sera a Roma, è quella del patto generazionale. Amici e compagni di lungo corso che mettono a disposizione dei giovani la loro esperienza per rendere il PD migliore di quello che è attualmente. E lo fanno alla pari, mettendosi in discussione, contribuendo ad elaborare le proposte da offrire al Partito Democratico, ai suoi iscritti, ai suoi elettori. Sperimentalismo democratico e ricongnizione cognitiva. A chi tesseva le lodi di Fabrizio Barca senza avere la minima idea di ciò che significassero le sue parole voglio dire che noi, quel lavoro, l’abbiamo fatto. Nella mozione di Pippo c’è tutto questo. E sono orgoglioso di aver dato il mio modestissimo contributo alla formazione dei gruppi tematici che, a Roma, hanno lavorato a partire dal mese di maggio per elaborare proposte che poi sono finite nel documento congressuale. Militanti storici, neo iscritti, precari, professori universitari, ricercatori, studenti, sindacalisti, amministratori locali. Che si sono confrontati su economia, ambiente, diritti, giustizia, welfare, cultura, scuola, università, ricerca. Quello che andrebbe fatto nei circoli, appunto. Altro che votifici e sudete di autoanalisi collettiva. E, credetemi, sessantanove pagine non sono tante, se si vuole ragionare del futuro del PD e del Paese e non si vogliono lanciare spot pubblicitari, frasi ad effetto, slogan.

E poi Pippo.

La sua idea di sinistra. Le sue idee di sinistra, moderne e riformiste. Che molti vorrebbero far apparire radicali ma non si accorgono di quanto il PD, si sia spostato al centro, in questi anni (relatività applicata alla politica). Con le intese in lungo e in largo. Rinunciando a parlare in maniera chiara di uguaglianza, di beni comuni, di diritti, di ambiente, di conflitto di interesse (non solo quello enorme che tutti conosciamo, ma quelli piccolissimi che riguardano molti di noi). Perdendo per strada milioni di elettori che invece dobbiamo riportare a casa.

Pippo che non farà nemmeno una tessera, altrimenti questo congresso sarà un’altra occasione persa.

Pippo contento del fatto che sua figlia non potrà votarlo, perché tra diciassette anni di sicuro avrà smesso con la politica.

Pippo che non tira fuori la palle, perché c’è bisogno di ragionamento e non di urla. E basta con il maschilismo, anche in politica.

E chi non vuole vedere, sentire, ascoltare, resti cieco e sordo. Il cambiamento, quello vero, parte da ciascuno di noi. Altrimenti, davvero, ci terremo tutti quello che c’è.

Per questo

Ci penso. Davvero. Di cosa avrebbe, ha, avrà bisogno il PD. E il Paese. Parole chiare. Prospettive. Strade. Fatte di pietre, magari. Anche senza asfalto. Ma strade da seguire. Con  i piedi che sanguinano, le gomme che scoppiano, magari. Però sai dove andare, metti gli stracci nella gomma e procedi. Il mastice no, quello azzecca tutto e il contrario di tutto. E poi fai la fine di Veltroni. Che voleva tenere insieme Binettilatorredalemabersanifranceschiniorfinifassinafassinobianco. E così metti insiemeIchinoboeribinettiscalfarottodelriofioronibiancolatorreveltronifransceschinimoscardelli, tanto va bene tutto, pur di vincere. E poi vincere cosa, boh, che abbiamo perso vent’anni appresso agli slogan, e se non sei MLK o JFK gli slogan non è che te li puoi permettere, sai. Ecco di cosa ha bisogno il PD. Prospettive. Voglio che l’unione tra due persone dello stesso sesso si chiami M-A-T-R-I-M-O-N-I-O. Voglio che i 101 non stiano più in Parlamento a far danni. Voglio che non si consumi più suolo. Voglio che i circoli tornino ad affollarsi di persone che contano perchè pensano e non perchè pesano. Voglio che chi più ha più dà, e che il lavoro costi meno, molto meno. Per questo voglio Civati segretario. Null’altro.