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La verità di Dario e Massimo

Angelo.

Legalità.

Verità.

Giustizia.

Dolore.

Pazzia.

Falsità.

Opportunismo.

Queste le parole chiave del libro di Dario Vassallo “La Verità Negata”.

Leggetelo il libro di Dario. Troverete tutto quello che Dario, Massimo, la Fondazione, gli amici hanno fatto in questi anni, a partire dal quel maledetto 5 settembre del 2010. Le persone che hanno incontrato, i progetti che hanno portato avanti, le follie che sono diventate realtà, i tradimenti, le delusioni, i silenzi, i ripensamenti, le seconde possibilità. E troverete anche la soluzione giudiziaria al caso dell’assassinio di Angelo Vassallo. Dario non fa i nomi, ma se leggerete le pagine del suo libro fino alla fine, la soluzione sarà lì, sotto gli occhi di tutti. E toccherà a chi di dovere mettere insieme tutto ciò che è avvenuto per arrivare alla verità e alla giustizia.

Dario, e Massimo, hanno un dono, raro di questi tempi. Sono persone sincere, leali e generose che chiedono a chi gli sta davanti altrettanta sincerità, lealtà e generosità. Per il periodo nel quale abbiamo condiviso un pezzo di strada mi sono sentito davanti a Dario nudo, felicemente nudo, consapevole del fatto che l’unico modo per avere la sua fiducia incondizionata fosse quello di essere leale e sincero come sa essere lui. Io credo che la capacità di “fiutare” le persone sia il frutto degli anni passati in mare a capire le difficoltà della navigazione, a sapersi muovere tra le onde, a combattere con i pesci, a pensare come riportare a casa la pelle dopo aver lavorato duro. Cose semplici, condivise con persone altrettanto semplici, ma che in qualche modo ti sensibilizzano rispetto al mondo che ti circonda, mettono in moto altri sensi.

Nel libro anche Dario si mette a nudo, e non ha alcun pudore parlare del suo dolore per l’assassinio di Angelo, della delusione provocata dai falsi amici, dalla disillusione dovuta all’inerzia e alla insensibilità delle istituzioni e delle personalità politiche, soprattutto quelle del PD, che non dimentichiamo era il partito al quale Angelo era iscritto quando fu ucciso.

Non ha alcun pudore, Dario, a confessare quanto abbia sottratto agli affetti, alla famiglia, coltivando anche il dubbio della pazzia, per soddisfare la sua sete di giustizia e di verità, in nome di Angelo e della sua idea di politica, fatta di valorizzazione della bellezza, di amore per il bene comune, di legalità come principio cardine dell’agire di un amministratore, di un Sindaco, di un uomo.

E queste sue debolezze diventano la sua forza, quella forza che ha fatto superare i momenti difficili, i momenti neri, i momenti in cui tutto è in discussione, anche la tua stessa vita.

Perché poi c’è la speranza, e non a caso la festa che si celebra ogni anno per Angelo si chiama proprio Festa della Speranza, quella speranza che tutto tiene insieme, che spinge a continuare così (mai fermi, mai domi è il mantra della Fondazione) nella consapevolezza che solo in questo modo si potrà tenere in vita Angelo e le sue idee.

Grazie Dario, grazie Massimo, grazie a tutte le persone che avete incontrato in questi anni e che vi hanno sostenuto.

Il nostro dovere nei confronti dei martiri di mafia

Non sono riuscito a trattenere le lacrime nel visitare, stamattina, le stanze del Tribunale di Palermo nelle quali hanno lavorato Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e uno dei loro collaboratori, Giovanni Paparcuri, che ci ha fatto da cicerone. Dotazioni informatiche, lettere, faldoni, bobine, assegni, papere, calendari, borse, appunti, fotografie, aneddoti e un tenerissimo biglietto che Francesca Morvillo scrisse al suo Giovanni e che il suo amato non ha fatto in tempo a leggere.

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L’ingresso del bunker

 

 

La scrivania di Giovanni Falcone

La scrivania di Giovanni Falcone

La scrivania di Paolo Borsellino

La scrivania di Paolo Borsellino

A volte penso che non siamo stati capaci di meritarcelo il sacrificio di Falcone, Borsellino, Costa, Chinnici, Giuliano, Montana, Cassarà, Livatino, Scopelliti, Fava, Impastato, Grassi, Vassallo, e di tutti gli uomini delle forze dell’ordine, delle istituzioni, o semplici cittadini che hanno dato la vita per fare il proprio dovere.

Andateci a visitare questi luoghi, e tenete viva la loro memoria.

Noi non possiamo fare altro, oltre che seguire il loro esempio.

Scassaminchia costituzionale

E quindi? Quindi c’è un articolo della Costituzione (messa così male, ultimamente) che è l’articolo 4 e dice: Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Insomma non essere scassaminchia è anticostituzionale, eh.

Giulio Cavalli rischia la vita per il suo essere scassaminchia nei confronti della mafia. E la mafia lo vorrebbe morto, per questo. Storie già sentite, e non per questo meno attuali e pericolose. Storie che dovrebbero occupare le prime pagine dei giornali e dei telegiornali e invece non fanno notizia, nemmeno in un’estate torrida persa appresso alle larghissime intese, appresso a vent’anni della nostra storia buttati nel cesso, al royal baby, alle creme solari e ai consigli per l’estate.

Ciascuno di noi può fare qualcosa, nel suo piccolissimo, per Giulio.

La camorra nel sud pontino

Esiste.

“È la prima volta che un tribunale romano certifica l’esistenza di un’associazione mafiosa camorristica nel Lazio e nella capitale, applicando il 416 bis”, sottolinea il procuratore capo Giuseppe Pignatone.

A dire il vero non è che se ne sia sentito parlare molto. Comunque, leggete qui, qui e qui.

Libera non si ferma

 

Ancora atti intimidatori contro il Villaggio della Legalità a Borgo Sabotino, gestito da Libera. Vetri in frantumi, telecamere sfasciate, tentativi di effrazione. Tutta la mia vicinanza a Libera e a chi, anche in provincia di Latina, si oppone alle infiltrazioni della criminalità.

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Quel giorno di vent’anni fa ero in Francia. Una settimana di vacanza con l’amico Fabio in un paesino al centro del Paese che si chiama Roanne. Una specie di scambio culturale, all’insegna dell’amicizia, della spensieratezza, del divertimento. Avevo appena fatto l’esame di Fisica I e partimmo la sera stessa. Non c’erano telefoni cellulari, all’epoca. Chiamavamo noi a casa, quando ce ne ricordavamo. Quindi nessuno ci avvisò. Ricordo che il mattino del 20, presso la sede dell’associazione, il responsabile dell’organizzazione mi mostrò il Corriere della Sera che aveva in prima pagina le foto della strage e mi disse: avete qualche problema, in Italia. Eravamo increduli, una mazzata in pieno stomaco, e corsi a chiamare i miei, come per condividere quel dolore che speravamo non avremmo dovuto provare mai più, dopo il 23 maggio. E invece la mafia, e un pezzo di Stato, s’era portato via anche Paolo Borsellino insieme agli uomini della sua scorta. 

La cosa più triste della sua vicenda è il fatto che, lui per primo, sapeva di non avere più molto tempo da vivere. Di non avere scampo. Dead man walking, si sarebbe detto se solo si avesse voluto avere il coraggio di capire quello che stava succedendo, dopo la morte di Giovanni Falcone. Invece, nella solitudine, Paolo Borsellino divenne un bersaglio troppo facile da colpire.

La storia è cambiata ancora una volta, da quel giorno. O forse no. Forse le cose sono davvero andate solo e sempre così, nel nostro Paese. Di sicuro Paolo Borsellino non ha vissuto questi vent’anni che avrebbero messo anche lui nel tritacarne dello scontro politica-magistratura, funzionale agli interessi personali di B. e dei suoi e al quale in molti non si sono sottratti per il solito fottuto, dannato, maledetto senso di responsabilità.

Sale slot, riciclaggio e politica

Cristiana lancia l’ennesimo allarme sulle mafie che continuano a prendersi pezzi di economia per riciclare denaro. A Minturno, come avevo già segnalato, negli ultimi mesi le sale giochi sorgono come funghi e praticamente sono le uniche attività commerciali che aprono. Vogliamo parlare della criminalità organizzata nel nostro Comune? Vogliamo dirlo che nella Provincia di Latina Fazzone e i suoi metodi contunuano a dominare la scena politica e gli accordi che si fanno nei comuni che andranno alle urne passano da lui?  Vogliamo dirlo che a Latina c’è un’amministrazione provinciale di centrodestra si regge grazie ad un pezzo di potere fazzoniano? E vogliamo dirlo che non è tollerabile che l’UDC provinciale governi contemporaneamente con Fazzone e con il PD?