Archivi categoria: Società

I sogni, il futuro e i Foo Fighters

“Italy is a country where dreams cannot easily come true. But it’s a land of passion and creativity. So what we did is a huge, huge miracle”.

Lo, so mi direte che i Foo Figthers con la politica ci azzeccano poco o nulla. Allora facciamo che c’azzeccano con la società, con le giovani generazioni, con i sogni che troppe, troppe volte nel nostro Paese sono così difficili da realizzare. Quanta creatività, quanta passione mortificate, in quel 44,2% di disoccupazione giovanile.

Mi sono emozionato, a guardare il video.

Per la musica, certo. Ma anche per il solo fatto di cogliere una luce nelle facce di quelle persone che cantavano, e suonavano. E pensavo che magari molti di loro stanno in quel 44,2%, senza prospettive, pronti a fare le valigie. Ma che chiedono solo di mettere al servizio del Paese la loro passione e la loro creatività, per compiere un altro miracolo.

Potrebbe essere il caso di de-informatizzare, a volte?

Informatica_01-800x506

Una delle novità della scuola (media inferiore, nel caso dei ragazzi) introdotta quest’anno è il registro elettronico. Ti colleghi da casa con un tuo nome utente e una tua password e puoi accedere a varie informazioni. I voti, le assenze, i compiti a casa. A dire il vero non ne sentivo il bisogno in modo particolare, diciamo che in casa qualche parola ancora si scambia, magari a cena ci si racconta la giornata si chiede anche ai figli cosa sia successo a scuola. Per ora rispondono, poi si vedrà.

Ulteriore funzione del registro elettronico è, ovviamente, la possibilità di consultare la pagella on-line.

Ecco, non mi è piaciuto.

Mi è mancato il contatto umano con i professori, che ti consegnano un foglio e ti guardano negli occhi mentre raccontano un successo, o un fallimento, di tuo figlio.

Condividere quel momento vis a vis fa si che venga raccontata la storia di quel foglio di carta che contiene apparentemente solo numeri, ma che invece nasconde un percorso di crescita, di autonomia, di speranza, fatto di piccoli grandi errori, di piccoli e grandi conquiste.

E così esci da quell’edificio orgoglioso, o depresso, o sconsolato, o fiducioso. Magari la brezza mattutina dell’estate che sta per arrivare ti asciuga una lacrima, o ti fa sbollire la rabbia. Quello che sia, ma sei umano, umanissimo, in quel momento.

Si può tornare alla scuola 1.0, in questi casi?

Expo? Si, dei popoli.

Di questi tempi capita che si chiacchieri tra amici e ad un certo punto qualcuno chieda all’altro: ma tu ci vai all’Expo?

Ecco, io penso proprio che non andrò all’Expo. Non che non sia interessato alle architetture dei padiglioni, ci mancherebbe. Però davvero ho l’impressione che si stia riducendo quello che poteva essere un momento di seria riflessione su come nutrire, in futuro, il pianeta in una grande fiera del cibo mondiale e poco più. A prezzi esorbitanti per i visitatori, peraltro.

Un evento di tale portata non è stato preparato nelle coscienze delle persone, e di sicuro non è stato preparato nelle coscienze di noi italiani, cittadini del paese ospitante.

Avrei voluto vedere un lavoro preparatorio nelle scuole, ad esempio, per insegnare ai ragazzi una corretta alimentazione, sempre più importante visto l’aumento dell’obesità infantile. E, possiamo dirlo, non è che McDonalds e Coca-Cola non siano proprio attenti nell’incentivare una corretta alimentazione presso i ragazzi.

Avrei voluto che si fosse aperto, per tempo, un dibattito serio, nel paese, sugli OGM, quantomeno per rendere i consumatori liberi di scegliere, consapevolmente, cosa mangiare e cosa non mangiare.

Avrei voluto che si denunciasse con forza lo sfruttamento dei lavoratori nei campi, il caporalato, la schiavitù che ancora oggi esiste nella pianura pontina, a Nardò, a Rosarno, a Pachino.

Avrei voluto che si discutesse di come salvaguardare le specie in estinzione, come il tonno rosso, pescato sulle rotte migratorie in atlantico ancor prima che arrivi sulle coste del mediterraneo.

Avrei voluto che fosse lanciata una campagna mondiale contro lo spreco di cibo, e non lasciare esclusivamente alla buona volontà dei singoli paesi l’approvazione di leggi sui reati alimentari.

Niente di tutto questo è stato messo in campo, mi sembra. E allora i turisti vadano alla fiera del cibo mondiale. Personalmente, me ne sto a casa.

E se vi interessano gli argomenti ai quali accennavo, magari potete fare un giro all’Expo dei Popoli.

Expo-dei-Popoli_logo

Quote rosa e quote azzurre

Che poi le donne nominate sono tutte Presidentesse (e la riduzione dello stipendio per ora riguarderà solo le presidenze), e gli AD tutti maschietti.

Per dire.

Legalizzare le droghe leggere

Io credo che la legalizzazione, e non la liberalizzazione, sia l’unica strada. Due termini simili che spesso vengono confusi, ma che indicano due visioni completamente diverse. Legalizzare significa spostare tutto quanto riguarda la produzione, la distribuzione e la vendita di stupefacenti sotto il controllo dello Stato. Significa creare un tessuto di regole, diritti e doveri. Liberalizzazione è tutt’altro. È privare il commercio e l’uso di ogni significatività giuridica, lasciarlo senza vincoli, disinteressarsi del problema, zona franca. Invece legalizzare è l’unico modo per fermare quel silenzioso, smisurato, violento potere che oggi condiziona tutto il mondo: il narco-capitalismo

Leggete Roberto Saviano, qui.

TuParlamento

 

Dal sito di TuParlamento, piattaforma LiquidFeedBack che i cittadini possono utilizzare per proporre e discutere direttamente proposte da portare in Parlamento: 

Un gruppo di parlamentari di diverse formazioni politiche su iniziativa della senatrice Laura Puppato, ha promosso l’uso della piattaforma TuParlamento, che  permette ai cittadini di avanzare proposte al Parlamento per affrontare le emergenze politiche, economiche e sociali del paese. Queste proposte vengono rivolte direttamente ai parlamentari delle forze politiche presenti in Parlamento che si sentono impegnati a valorizzare la democrazia partecipativa come fattore di  rinnovamento del Paese e della politica.

La partecipazione è aperta a tutti i cittadini di qualsiasi orientamento ed appartenenza politica. Il Patto Partecipativo è ciò che impegna reciprocamente i cittadini che partecipano e i parlamentari che si registrano e  sottoscrivono  il Patto.  In particolare  l’impegno dei parlamentari consiste nel portare le proposte approvate dai cittadini sulla piattaforma all’interno della loro attività parlamentare e legislativa dandone pubblico riscontro nel Diario della Partecipazione.

Forward them

E niente, la mia immagine delle elezioni che, spero, rieleggeranno Obama è questa:

Il mio Boss, il nostro Boss, che abbraccia il Presidente. Se poi volete sapere qualcosa in più di queste elezioni, potete dare un’occhiata qui. Oppure qui.

Con la cultura si mangia

Bello l’intervento di Edoardo Nesi, che propone di scrivere l’enciclopedia della bellezza italiana.

[…] Si cominci usando la ragione, eliminando per sempre dalle menti la sciagurata idea secondo la quale la spesa pubblica per la cultura non è che un costo, sostituendola con il concetto che rappresenti, invece, e da sempre, l’investimento migliore possibile per l’Italia, magari istituendo severissime pene per chi osi ripetere in pubblico che “con la cultura non si mangia”.

[…] Ci si renda finalmente conto che l’Italia ha poche eccellenze vere e riconosciute in tutto il mondo. Forse solo due: il nostro immenso patrimonio culturale e quel meraviglioso intreccio di piccola e media industria e artigianato e tecnologia che, nei suoi esempi di maggior successo, proprio alla fonte della cultura e della conoscenza si abbevera da sempre.

[…]  Si vada invece a cercare migliaia e migliaia di ragazze e ragazzi, e suggerirei di scegliere tra i laureati in materie umanistiche – persone preparatissime, fresche d’una conoscenza preziosa e rara eppure oggi sfiduciate e smarrite – e si investa in loro chiedendogli di trasformarsi in amanuensi moderni,e catalogare ogni eccellenza artistica italiana. Ogni opera d’arte, ogni chiesa, ogni edificio architettonicamente rilevante, ogni museo, ogni sito archeologico. Tutto. Immaginate un’Enciclopedia dell’infinito patrimonio artistico italiano.

[…] Già questa sarebbe un’operazione grandemente meritoria e necessaria, di cui le generazioni future ci sarebbero grate, ma ora provate a immaginare di proiettare nel futuro questo atto d’amore e rispetto verso il passato, e di rendere L’Enciclopedia facilmente consultabile e digitalmente disponibile a tutti, su internet e su ogni telefonino, in qualsiasi momento e in tutto il mondo. E poi, perché fermarsi? Perché non inserire nell’idea di patrimonio italiano anche il culto del saper vivere? Perché non affiancare all’arte anche le grandezze del nostro design, dell’arte contemporanea, della moda, della musica, dell’opera, del teatro e del cinema, dell’artigianato, persino del cibo e del vino? Perché non segnalare al mondo la bellezza, sia quella che si può comprare, sia quella che non si può comprare: i panorami più belli del mondo, i luoghi della storia, le spiagge più belle, i gioielli che sono le nostre isole?

Eh, ditemi, perché no?

Stanno tutti bene!!

Come non essere d’accordo con le parole di Filippo Facci?

Aspettiamo che i gerontocrati muoiano tutti: forse è l’unica strada. Sono così vecchi che non dovrebbe mancare molto. Suonerà come l’ennesima «provocazione» (come si dice di ogni concetto che non sia banalissimo) ma forse è proprio così, la gerontocrazia che sovrasta il nostro Paese è troppo smaliziata perché a scalzarla siano giovani generazioni che viceversa sono troppo perbene, oneste, normali. I vecchi hanno fatto il dopoguerra, il Sessantotto, il terrorismo, hanno passato ogni buriana e insomma: non li affondi più. Le nuove generazioni, invece, sono cresciute inzuppate in sani principi neo-borghesi (meritocrazia, civismo, altruismo, bene comune) e hanno finito addirittura per crederci, fortunatamente: in altre parole sono migliori dei vecchi e dunque sguarniti delle armi per abbatterli. Ci saranno certo tanti bamboccioni, l’abbiamo detto, il problema è che dall’altra ci sono dei banditi, dei reduci di guerra: chi volete che vinca? Un bravo laureato di sani principi non ha alcuna probabilità di scalzare gente che ha sventolato ogni bandiera e ancora galleggia. Li voti, e sono lì. Non li voti, e sono lì. Li arresti, e sono lì. Li ammazzi, e spunta un parente. E allora arrendiamoci, aspettiamo che muoiano tutti: fanno anche pena, hanno i capelli bianchi e inseguono ancora il potere come criceti nella ruota. L’unico problema lo trovate nel titolo.