Di Berdini e di Roma

Paolo Berdini ha gestito in maniera pessima, soprattutto dal punto di vista comunicativo, la sua fuoriuscita dalla giunta. Sarebbe bastato attendere qualche giorno e il dissenso sarebbe maturato ed esploso sulla questione stadio. Ne sarebbe uscito pulitissimo e a testa alta. Ad ogni modo la sua presenza nel governo della città era l’unico elemento che mi facesse nutrire un minimo di fiducia nell’operato dell’amministrazione. Perché ho avuto modo di conoscere personalmente Berdini e condivido la sua idea di sviluppo urbanistico della città. Andato via lui, da oggi la mia opposizione alla giunta Raggi sarà netta, per quello che è nelle mie possibilità di cittadino residente a Roma.

Non mi pento di aver votato Raggi al ballottaggio. Quel voto aveva un duplice intento. Spronare la base del PD affinché la sonora sconfitta di Giachetti, dopo l’infame cacciata di Ignazio Marino, servisse per rivoluzionare il PD romano, per fare piazza pulita dei dirigenti, dei capibastone, degli ominicchi che hanno condotto il Partito Democratico a Roma in una maniera scandalosa. Noto con tristezza che ciò non è avvenuto., quindi da questo punto di vista il mio primo obiettivo è miseramente fallito. L’altro intento era quello di sfidare sul piano dell’amministrazione M5S per capire se fossero o meno in grado di governare la città. E di avere una visione di città diversa dal passato. Da questo punto di vista il mio voto è servito eccome.

A questo punto andassero via prima possibile, forse a Roma serve solo un altro commissario, in attesa che maturi una nuova classe dirigente che sappia amministrare la Capitale con coraggio (vero), efficienza, onestà (vera) e competenza.