Di sardine, di movimenti, di boh!

E giunse il giorno delle sardine romane. Che poi a Roma si portano l’alici, ma va bene uguale.

Sia chiaro, a me le sardine piacciono, in tutte le salse. Da un punto di vista gastronomico e politico. Mi sono trovato per caso a Bologna, in Piazza Maggiore, la sera in cui tutto è cominciato. Ho cantato e ballato con loro, impossibile rimanere zitto e fermo. Impossibile non condividere il loro manifesto. Contro i populismi, l’odio, la menzogna. Contro la Lega. E in effetti quella sera di novembre a Piazza Maggiore si era mobilitato spontaneamente un popolo, in opposizione al raduno della Lega al Paladozza, segnando l’inizio della campagna elettorale per le elezioni regionali dell’Emilia Romagna. Da qui poi il movimento ha iniziato ad estendersi in tutto il paese, in altre città europee e non solo. Va tutto benissimo. In questo periodo storico che dura da troppo ormai, nel quale noi di sinistra ci troviamo smarriti, senza punti di riferimento, senza una classe dirigente degna di fiducia,  il solo fatto di ritrovarsi in piazza viene vissuto sempre come una boccata d’ossigeno. Come fu per i girotondi, il popolo viola, e altri movimenti che hanno animato stagioni (purtroppo) brevissime a sinistra.

Il problema è proprio questo. Che fine fanno questi movimenti? É quello di cui si ha effettivamente bisogno, a sinistra? Personalmente non riesco a capire fino in fondo il passaggio dalla dimensione regionale dell’Emilia Romagna a quella nazionale. Può bastare il fatto che, in una regione importantissima, ci si mobiliti per opporsi all’avanzata della Lega, sostanzialmente  al grido di #BolognaNonSiLega, #NonAbbocchiamo., senza un programma politico (c’è quello della coalizione che sostiene Bonaccini, nel caso), semplicemente dicendo che c’è bisogno di modi diversi di agire, di confrontarsi. E fermo restando che di mettere da parte l’odio, i populismi, ricordando il valore della democrazia e della Costituzione, c’è sempre bisogno, vedo il rischio, al livello nazionale, di un equivoco di fondo. Al netto del tentativo di molti di mettere il cappello sulle sardine, o meglio di inscatolarle dentro qualche contenitore politico (e al netto delle ingenuità nella comunicazione che hanno dato adito alle polemiche sulla presenza o meno in piazza di Casapound), credo che tante tra le persone che sono già scese in piazza con loro, e di quelle che saranno in piazza oggi a Roma, coltivino da anni una totale sfiducia nella classe dirigente della sinistra, del centrosinistra, di tutto quello che si è mosso in quel campo a partire da anni e anni fa, per non aver saputo rappresentare un argine alla legalizzazione del precariato, alla perdita di valore dei salari, alla continua sottrazione di diritti a danno dei lavoratori, all’idea di una Europa matrigna buona solo ad imporre politiche di austerity, alla mancanza di protezione dell’ambiente, all’impossibilità di accedere alla sanità pubblica, ad una casa popolare, allo studio. Insomma, non vedo una critica a tutto questo, non vedo all’orizzonte, per il movimento delle sardine, la voglia, il desiderio, la necessità di mettere in discussione tutti i paradigmi sbagliati che hanno portato la sinistra, il centrosinistra, a perdere il consenso di fasce sempre più larghe di elettori.  Ecco, vorrei che una delle grida di battaglia di un nascente movimento, non necessariamente quello delle sardine,  fosse #conquestinonvinceremomai (ricordate Nanni Moretti?) e #conquesteideenonvinceremomai. Quindi bene farsi portatori di valori di semplice civiltà nel dibattito pubblico, di ribadire la fedeltà alla Costituzione, alla Resistenza, all’antifascismo. Ma i nodi da sciogliere stanno tutti là, aggrovigliati come non mai, e non vede all’orizzonte qualcuno o qualcosa capace di scioglierli. Magari anche le sardine non sono nate per questo, dopotutto.

Buona piazza a tutte e a tutti, da domani si ricomincia.