Il mio no all’accordo PD-UDC a Minturno

Tutti noi abbiamo un amico che consideriamo un fratello.

Il mio, nelle rubriche del telefono o in quelle di carta, sta proprio sotto la voce “fratello”. Cerco di coinvolgerlo nelle mie scelte politiche. Gli rompo sempre e immancabilmente i cabasisi per dargli indicazioni su chi votare, non senza aver provato a spiegare le ragioni che stanno dietro quella mia scelta. E alla fine di ogni appuntamento elettorale, che sia riservato al PD o che si tratti di elezioni vere e proprie, mi manda un messaggio: m’hai fatto perde’ pure stavolta.

Politicamente parlando, è proprio vero.

Sto sempre dalla parte degli sconfitti. O meglio, delle minoranze.

A Minturno, però, mi sento proprio di averla persa la mia battaglia, almeno nel PD.

Le elezioni amministrative sono alle porte e il PD di Minturno ha fatto le sue scelte. Democraticamente. Con un voto.

Personalmente pago il prezzo di vivere a 150 km di distanza, e in più sono spesso fuori per lavoro. Perciò la sera in cui il direttivo del PD di Minturno ha ratificato la scelta di candidare a sindaco Gerardo Stefanelli ero assente.

La votazione si è conclusa con un solo astenuto e un convitato di pietra a fronte di tutti voti favorevoli. Ma non ho motivo di nascondere che, se fossi stato presente, avrei votato no all’accordo PD-UDC.

E se avrete la pazienza di leggere le mie parole, vorrei spiegare perché avrei fatto questa scelta.

Nutro nei confronti dell’UDC una pregiudiziale etica a causa delle scelte su temi politicamente sensibili come la legge sul fine vita, i diritti delle coppie di fatto, la laicità dello stato.

Trasportate questa mentalità da stato etico alla Regione Lazio e vi ritrovate, ad esempio, la legge Tarzia sui consultori familiari, fortemente voluta dall’UDC e dall’assessore Forte, che annulla anni di conquiste in tema di diritti civili e sposta la tutela dalla donna alla famiglia tradizionale, fondata sul matrimonio.

L’esempio che ho portato si riferisce ad un “valore”, quello della laicità dello stato, che dovrebbe essere irrinunciabile per il mio partito, almeno per come me lo sono immaginato quando ho contribuito a fondarlo. E del resto credo che non aver detto parole chiare su un argomento del genere abbia creato, negli anni, non pochi malumori tra gli elettori del PD, e soprattutto tra quelli (molti) che se ne sono allontanati.

Non volendo però cadere a mia volta nel settarismo politico e nelle pregiudiziali anti-qualcosa a prescindere, vorrei provare a mantenere un approccio laico nei confronti dell’UDC, anche perché sembrerebbe, stando al clima politico attuale, che un’alleanza PD-UDC potrebbe sopravvivere anche al Governo Monti.

Provo quindi a trasferire sul piano locale il mio ragionamento in merito all’alleanza che si è formata attorno alla candidatura di Gerardo Stefanelli, cercando di tenere distinti metodo e merito della questione.

Metodo.

Inutile girarci intorno, la questione è quella delle primarie. Ma non per lo strumento in sé, piuttosto per il valore politico che attribuisco ad una consultazione aperta alla partecipazione degli elettori.

Un partito che fa le primarie è un partito che non ha paura di cedere pezzi della propria sovranità e del proprio potere a favore dei cittadini. Condividere le scelte con i propri elettori significa stabilire con loro un rapporto di reciproca stima e considerazione. Coinvolgere i cittadini nelle decisioni piú importanti, al di là dei confini dei partiti, è un’invenzione del PD. Per un partito fatto di iscritti e dirigenti le primarie sono un atto di grande generosità e fede nella partecipazione democratica.
La decisione di non utilizzare le primarie come strumento di selezione del candidato a sindaco, pur legittima, denota una condotta politica del circolo PD di Minturno nella quale non mi riconosco. Perché in continuità con la scelta di chiudere le porte alla condivisione delle scelte con i propri elettori il PD di Minturno non ha sentito la necessità, da due anni a questa parte, di confrontarsi con i cittadini in assemblee pubbliche, tanto più indispensabili quando si è forza di governo. Forse per paura delle critiche che sarebbero sicuramente arrivate viste alcune scelte politiche a dir poco discutibili da un punto di vista di legalità (vedi alla voce: Del Balzo e vicenda dei rifiuti), trasparenza e condivisione (vedi alla voce: staff del sindaco), si è rinunciato alla spinta propositiva che poteva derivare da un rapporto serrato con la cittadinanza che non può e non deve tenersi solo sulla pubblica via, ma soprattutto nei luoghi a ciò deputati.

Il PD di Minturno, quindi, non ha voluto assecondare il rinnovato desiderio di partecipazione che i cittadini hanno dimostrato, anche nel nostro territorio, a partire dalle campagne referendarie più recenti. Compito di un partito politico è saper leggere il mondo e i suoi fenomeni, cogliere e favorire le istanze che provengono dalla società. Invito a leggere nella sua interezza un articolo  apparso qualche giorno fa su L’Unità (http://www.unita.it/italia/voto-oggi-terremoto-politico-br-pd-primo-partito-ma-non-basta-1.383738) e del quale riporto alcuni passi.

I cittadini non sono distaccati dai valori civili e democratici, non sono disimpegnati. Al contrario, diventano sempre più competenti, interessati, e si mobilitano prevalentemente in forme non convenzionali, all’interno di piccole organizzazioni e gruppi, spesso informali. Per ricucire il legame con i nuovi cittadini, meno sensibili al richiamo ideologico, occorre rovesciare i paradigmi che hanno ispirato le scelte dei partiti negli ultimi anni, puntando sulla realizzazione di reti orizzontali piuttosto che su intelaiature verticali, portando la politica nei luoghi, anziché i luoghi alla politica. Occorre esplorare strade nuove. Questo è l’obiettivo che il sistema politico deve porsi per frenare l’erosione della partecipazione e per trasformare un’azione, come quella del voto, in partecipazione piena e consapevole. E per farlo deve ritornare a pensare dal basso perché, per quanto paradossale possa sembrare, le grandi sfide trovano risposte soltanto in un sistema diffuso di governo della società, dove la Polis ha una dimensione politica e non solo amministrativa.

Con questo spirito ho contribuito a fondare il Cantiere per Minturno, un luogo aperto nel quale elaborare nuove forme di partecipazione alla vita pubblica che, mettendo a fattor comune le esperienze dei partiti, delle associazioni e dei singoli cittadini si proponesse di elaborare un programma condiviso che segnasse la rinascita civile, sociale, etica e amministrativa del Comune.

Un percorso alla luce del sole in cui tutti gli attori avessero pari dignità in quanto portatori di idee e non di voti. Un percorso che avrebbe dovuto concludersi con la scelta del candidato a sindaco con le primarie svolte tra chi si fosse assunto la responsabilità e l’onere di poter rappresentare, con coraggio e in forza della propria storia personale e della propria sensibilità politica, le istanze provenienti dalla parte migliore della società minturnese.

Nella scelta di non svolgere le primarie vedo una mancanza di coraggio dei partiti e degli uomini.

Non si può accettare di farle solo se si è sicuri di prevalere sui concorrenti.

In tempi non sospetti e in svariate occasioni ho sollecitato sia chi, tra i miei amici e dirigenti di partito, avesse un ruolo pubblico di spicco e sia l’attuale candidato a sindaco affinché si spendessero perché le primarie si potessero svolgere e affinché accettassero di partecipare essi stessi alla competizione. Non essendo certi del proprio successo personale ho sempre ricevuto come risposta, dalle persone interpellate, un no. Tra le motivazioni a giustificazione di quel no (non c’è tempo, temiamo l’inquinamento del voto) mi ha colpito in particolar modo questa: i cittadini di Minturno non sono pronti. Ecco, io trovo profondamente offensivo per i cittadini di Minturno un’affermazione del genere, come se i traettesi non sapessero maneggiare con cura la democrazia e la partecipazione. I Minturnesi non sono figli di un dio minore. Invito pertanto tutti a riflettere quando persone che hanno una tale considerazione dei propri concittadini busseranno alla porta per chiedere, ancora una volta, il voto.

Sempre parlando del metodo con il quale si è giunti alla scelta di Gerardo Stefanelli come candidato a sindaco della coalizione di centro-centro-sinistra devo dire che ho trovato poco dignitoso, politicamente, l’intero percorso che ha seguito il PD di Minturno. Non per colpe esclusivamente proprie, peraltro. Una mano sostanziosa è stata fornita dalla segretaria provinciale, debole come non mai nella proposta politica e di conseguenza nei rapporti con le altre forze presenti sul territorio.

Parlo di dignità perché pur di “combinare” l’accordo con l’UDC il PD di Minturno ha preferito rinunciare non solo alle primarie, ma anche a presentare un proprio candidato (ce ne erano sicuramente due che avrebbero potuto rappresentare il PD al meglio per storia personale e per il ruolo ricoperto nella passata amministrazione). E non mi si venga a parlare di “sacrificio” politico e di senso di responsabilità. Perché quando all’interno del circolo qualche dirigente pensa e dice, ancora oggi, che il PD debba essere sdoganato da forze politiche che hanno precise responsabilità nello sfacelo che si è sedimentato in anni e anni di malgoverno, allora qualunque scelta risulta essere falsata da questo evidente senso di inferiorità “politica”.

Si dice che il PD di Minturno abbia difeso con forza i nomi dei propri rappresentanti sul tavolo delle trattative con l’UDC, al momento della scelta del candidato a sindaco della coalizione. Permettetemi di nutrire qualche dubbio. Si possono stabilire anche dei criteri oggettivi con i quali operare una selezione tra candidati, ma quando la griglia è talmente ristretta da portare inequivocabilmente a scegliere una persona allora non c’è criterio che tenga. La scelta diventa obbligata. In pratica, si è cucito un vestito addosso ad un candidato, l’unico che avrebbe potuto successivamente indossarlo.

Ma siccome qualcuno potrebbe obiettare che nel mio ragionamento c’è un pregiudizio nei riguardi dell’UDC o del candidato a sindaco, allora voglio essere cinico. Dico allora che un accordo con l’UDC si poteva stringere anche stavolta, ma a fronte di una contropartita politica. Quale?

Chiedere all’alleato una scelta di campo.

In tema di legalità.

In primis, manifestando, anche se tardivamente, il pieno sostegno all’operato dell’ex prefetto Frattasi sulla questione delle infiltrazioni malavitose nella nostra provincia. La vicenda Fondi, in particolare, resta ancora una ferita aperta nella vita democratica del nostro territorio e l’intreccio tra mafia e politica è un cancro che rischia di distruggerne irrimediabilmente il tessuto sociale ed economico.  

In tema di amministrazione.

Ritengo incompatibile, per l’UDC, governare nei comuni con il PD e in provincia e in regione con il PDL. Perché il PD sta facendo opposizione alla giunta Cusani, di cui Stefanelli è un importante assessore, e alla giunta Polverini. Opposizione sul piano casa, sul piano di rientro del deficit della sanità, sulla gestione dell’acqua. E allora un PD autorevole avrebbe chiesto non solo le dimissioni immediate di Stefanelli dal suo ruolo di assessore provinciale ma anche l’uscita dalla giunta Cusani.

Penso che l’UDC provinciale non abbia la volontà di assumere iniziative del genere perché pienamente integrato nel sistema di potere che, insieme al PDL del senatore Fazzone, ha devastato la nostra provincia e il non aver posto questi problemi a livello provinciale dà l’esatta cifra della debolezza del Partito Democratico pontino, la cui unica strategia sembra essere: va bene tutto, pur di governare.

Governare, si. Ma per fare cosa?

E quindi passiamo al merito.

La discussione politica, a Minturno, è stata fino ad ora incentrata sulle persone, mentre è stato lasciato del tutto fuori il tema del programma. Anche da parte del PD. E non intendo, con il termine programma, il libro dei sogni che si propone agli elettori puntualmente ad ogni tornata amministrativa, ma le scelte di fondo che devono sancire in quale direzione debbano orientarsi le politiche di sviluppo del nostro territorio. Il percorso fin qui seguito dalla coalizione si è sviluppato in direzione opposta rispetto alla necessità di costruire con tutte le forze sane presenti sul territorio un’alleanza attorno ad un progetto condiviso, non ha preso in alcuna considerazione le proposte concrete da sottoporre al voto dei cittadini, ma piuttosto si è sviluppato per successive annessioni o esclusioni, a seconda del fatto che le forze politiche, le associazioni, i cittadini fossero favorevoli o meno all’accordo con l’UDC e alla candidatura di Gerardo Stefanelli.

Personalmente ritengo che in un territorio difficile come il nostro, devastato da anni di malgoverno, clientelismo, corruzione, abusivismo edilizio, mancata salvaguardia dell’ambiente sia necessario ripartire da pochi punti programmatici fondamentali che contengano in sé la volontà, ribadita dai recenti referendum, di tutelare i beni comuni, un principio al quale dovrebbero ispirarsi con convinzione le scelte del Partito Democratico, a Minturno come nella Provincia di Latina, nel Lazio e su tutto il territorio nazionale.

Illustro sinteticamente 4 punti programmatici che ritengo fondamentali per chi voglia candidarsi alla guida del comune di Minturno e che rappresentano questioni sentite dai cittadini sulle quali la politica non ha saputo dare risposte:

Acqua: E’ necessario dare piena attuazione ai referendum. L’amministrazione dovrà impegnarsi affinché la gestione dell’acqua in Provincia di Latina, e quindi anche a Minturno, torni ad essere pubblica.

Rifiuti: Revoca immediata dell’appalto con la EGO-ECO e ri-municipalizzazione del servizio di raccolta dei RSU che dovrà essere organizzato secondo il principio delle 4 R: Riuso, Riduzione, Riciclo, Raccolta differenziata.

Consumo di suolo: Lo sviluppo dell’economia del nostro territorio dovrà avvenire senza consumare un ulteriore metro quadro di suolo oltre a quanto già previsto dal vigente PRG, ma conservando e valorizzando le cubature esistenti in funzione della destinazione d’uso

Uso degli edifici Comunali: Revoca della convenzione con l’ISMEF per l’utilizzo del Castello Baronale e per la conversione dell’area Ex-SIECI. Il patrimonio storico-immobiliare del Comune è anch’esso un bene pubblico e deve tornare nella piena disponibilità dei cittadini per attività culturali e non per fini commerciali. In particolare per l’area ex-SIECI dovrà essere bandito un concorso internazionale di idee per la sua ristrutturazione.

Qualcuno potrà obiettare che a Minturno, come nella maggior parte del Paese, il problema principale è il lavoro che manca, soprattutto per le giovani generazioni. Ciascuno dei punti sopra richiamati porta con sé la possibilità di fare impresa nel settore turistico-ricettivo, nel settore della tutela dell’ambientale, nel settore delle costruzioni, nel settore della cultura. E allora si può continuare a promettere posti di lavoro contando su finanziamenti caduti a pioggia senza che ci sia alcuna progettualità, come è stato fatto fino ad ora senza che ci sia stata nemmeno l’ombra di uno sviluppo economico del nostro territorio. Ma è anche possibile invece definire, nelle scelte dell’amministrazione, dei traguardi di qualità che sappiano rimettere in moto l’economia a partire dalla tutela dell’ambiente, del territorio, del mare.

Poi, certo, restano questioni aperte sul funzionamento della macchina amministrativa comunale, sulla riscossione dei tributi, sui servizi sociali, sull’arredo urbano, sulla qualità dell’offerta turistica, sugli affitti in nero. E potrei continuae. Ma credo che una corretta gestione di tali aspetti sia, davvero, il minimo che si debba aspettare da una amministrazione attenta ai bisogni dei propri concittadini.

Da iscritto al Partito Democratico di Minturno ho posto in svariate occasioni di confronto con gli amici del circolo le questioni di metodo e di merito che fin qui ho illustrato. Ho ricevuto risposte generiche, impegni indefiniti, tanti buoni propositi che cozzano inequivocabilmente con le evidenze raccolte negli ultimi mesi, a partire dalla fallimentare esperienza dell’amministrazione Galasso, partita sotto i migliori auspici ma naufragata miseramente sotto il peso della mancanza di coraggio nel cambiare, davvero e senza sconti per nessuno, il modo di fare politica e di amministrare nel nostro Comune. Una prudenza che intravedo anche adesso, a poco più di due mesi dalle elezioni amministrative, e che si è tradotta nella scelta di un percorso, quello dell’alleanza con UDC-FLI-Minturno Cambia, che non condivido e che anzi considero un grave errore politico.

Ritengo di aver perso la mia battaglia politica all’interno del circolo e resta in me il rammarico per non aver saputo convincere quegli amici del PD di Minturno ai quali mi lega un sentimento di profonda amicizia circa la necessità di intraprendere, con coraggio, un percorso diverso. Vedo inoltre una buona dose di intolleranza, tra le fila dei più convinti sostenitori dell’accordo con l’UDC, nei confronti di chi ha opinioni differenti, come se la democrazia, alla quale tante volte ci si appella, fosse esclusivamente una prova di forza tra chi, all’interno del circolo, ha i voti e chi no.

In vista delle elezioni del 6 e 7 maggio prossimo, pertanto, offrirò il mio modestissimo contributo a chi si spenderà con coerenza, determinazione e autorevolezza nel proporre un progetto incentrato sulla piena e convinta partecipazione democratica dei cittadini alla vita politica della comunità Minturnese, a chi sappia fondare l’azione politica ed amministrativa su un reale principio di legalità e a chi farà propri quei punti programmatici che ritengo irrinunciabili affinché anche a Minturno possa insediarsi finalmente, dopo anni di malgoverno, un’amministrazione comunale virtuosa, competente, onesta.

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