La mia Sicilia

Sei sul mare, che è di un azzurro che se non lo vedi non lo puoi immaginare. Poi l’aereo vira, evita Montagna Longa e ti trovi sulla terraferma. Aeroporto Falcone-Borsellino. Percorri l’autostrada e non puoi fare a meno di pensare a quel 23 maggio del 1992. Cerchi con lo sgurado IL punto, QUEL punto dell’autostrada e ti appare il monumento che ricorda Giovanni Falcone, la moglie e i tre uomini della scorta, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Quante contraddizioni, in questa terra che sa essere ospitale come nessun’altra e allo stesso tempo carnefice dei propri figli.

Quel che mi colpisce è proprio la terra, il suo colore vivo, acceso. Guardi le colline, gli agrumeti e pensi ad una terra amica, che sa dare ancora frutti buoni da mangiare. Penso alla terra della Campania, che, invece, sento marcia, putrida. Riesco quasi a vedere tutta la merda che ci hanno seppellito, pattumiera d’Italia. Qui no. Almeno la terra, la materia prima, l’hanno preservata. Almeno spero.

Il mare che vedo nei giorni successivi mi conferma ciò che avevo visto dal cielo.

 Colori stupendi, acque limpide, luoghi incantevoli. La costa tra Aspra e Torre Normanna è di una bellezza mozzafiato. E l’entroterra non è da meno.

Però. C’è sempre un però.

L’incuria regna sovrana. Le spiagge sono per la maggior parte libere e la pulizia è demandata all’educazione delle persone. Ma in assenza di un servizio di pulizie degno di questo nome la sporcizia prenderebbe il sopravvento anche a Lugano. Le strade, poi.  Bagheria è famosa per le sue splendide ville settecentesche, dimore di campagna dei principi palermitani che qui, nella Conca d’Oro, avevano i possedimenti dai quali traevano i frutti per le loro tavole.   C’è il rettifilo che collega Bagheria ad Aspra. I marciapedi sono infestati di erbacce, carte, bottiglie. Qui lo spazzino non si vede da anni, altro che tagli ai comuni delle ultime finanziarie. Chiedo come sia possibile tutto questo, come sia possibile non pensare di salvaguardare tutta questa bellezza. Mi dicono: non ci sono i soldi, e la politica se ne frega della Sicilia. Ma come? Andreotti, Salvo Lima, Forza Italia, il 61-0 alla Camera? Niente. Qui la politica non ha fatto niente.

Palermo è di una bellezza unica, ci passo una serata ma tanto mi basta. L’odore che proviene dalle bancarelle che, in strada, preparano quarume e pane ca’ meuza vale il viaggio. La vista del Teatro Massimo pure, splendido su  Piazza Verdi illuminata. Guardo tutto questo e penso che Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, gli uomini delle scorte, Libero Grassi, Boris Giuliano, Beppe Montana, Ninni Cassarà, Pio La Torre, Padre Puglisi, Giuseppe di Matteo e tante altre vittime di mafia non potranno più godere di tutto questo. Mi chiedo perchè ma una risposta non la trovo. Potere? Denaro? Avidità? Crimine allo stato puro? Paura? No, una risposta non c’è.

Tesori, come detto, ce ne sono a non finire. Uno di questi lo trovo a Bagheria, a Villa Cattolica. Il museo che conserva le opere di Renato Guttuso, che qui è anche sepolto.

Giri tra le stanze tra carretti siciliani, statue in gesso,  dipinti di artisti minori. Poi sali al piano nobile e ci sono le foto splendide di Ferdinando Scianna e poi c’è Guttuso, con le sue donne esagerate, i quadri della maurità e i ritratti giovanili. E così capita che, quasi per caso, ti imbatti nel ritratto che Guttuso fece a Mario Alicata, il nonno di Cristiana. E ti viene un tuffo al cuore, perchè a Cristiana vuoi bene ed è come se lì, in quel quadro, vedessi uno di famiglia.

Eccola, la mia Sicilia. Anno 2011.