L’effetto domino di Pomigliano

Qualcuno ragionevolmente pensava che Pomigliano non avrebbe fatto scuola?
Le relazioni industriali in Italia stanno cambiando unilateralmente, anzi, trilateralmente, visto che CISL e UIL hanno rinunciato al loro ruolo di controparte rispetto all'azianda, ma si sono fatti sindacato-azianda a loro volta.
Ci sarà un referendum anche a Mirafiori, certo, ma ha senso una consultazione tra lavoratori quando su di essi pende la spada di Damocle del ricatto occupazionale?
E' possibile competere sui mercati globali semplicemente esportando modelli produttivi che comportano una diminuzione delle tutele dei lavoratori?
Anche a Pomigliano la FIOM aveva proposto all'azienda un contropiano che coniugava le esigenze di maggiore produttività con la salvaguardia dei diritti, ma se l'obiettivo ultimo della Nuova Triplice (FIAT-CISL-UIL) è quello di isolare la CGIL, allora non c'è trattativa che tenga.
Susanna Camusso, oggi, su La Repubblica.

camusso_susanna--400x300"Sergio Marchionne? Un antidemocratico, illiberale e autoritario", risponde Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, che per la prima volta parla dell'accordo separato alla Fiat-Chrysler raggiunto alla vigilia di Natale. Un'intesa – dice – che la Cgil non avrebbe mai firmato perché "non si può concordare l'esclusione di un sindacato". Camusso attacca Cisl e Uil: "Si sono trasformate in sindacati aziendalisti che propagano la posizione della Fiat". Poi la Confindustria: "O fa sentire la sua autorevolezza nel sistema delle imprese oppure prevarranno le regole della giungla. Non può limitarsi a guardare perché è in atto un'offensiva pure nei suoi confronti". Ma ci sono anche errori della Fiom, sostiene il leader della Cgil: "Dovremo discuterne al nostro interno". Nessuno sciopero in vista (a parte quello della Fiom) ma una grande campagna sul tema della libertà sindacale. E il Pd? "Bene Bersani – risponde Camusso – ma troppo spesso a sinistra si sviluppa uno stucchevole dibattito sull'innovazione senza accorgersi che può rappresentare anche un profondo arretramento".

Cosa significa l'esclusione della Fiom da Mirafiori, fabbrica simbolo nella storia industriale italiana?
"Significa il ritorno agli anni Cinquanta. Allora c'erano i reparti confino, oggi c'è l'esclusione della rappresentanza sindacale. L'idea, tuttavia, è esattamente la stessa. E cioè quella di costruire un sindacato non
aziendale bensì aziendalista il cui unico scopo è quello di propagare le posizioni dell'impresa".

Non le pare un po' offensivo nei confronti della Cisl e della Uil?
"Guardi, nel suo libro "Il tempo della semina", Bonanni racconta con orgoglio come, proprio negli anni Cinquanta, la Cisl rifiutò la richiesta della Fiat di inserire nelle liste cisline per l'elezione delle Commissioni interne alcuni nomi graditi all'azienda. È Bonanni che illustra bene come il sindacato aziendale sia la negazione di quello confederale. Ora dovrebbe spiegarci lui come considera un accordo che contiene al suo interno le regole per escludere un altro sindacato confederale".

Si sta prefigurando un sistema di relazioni industriali senza la Cgil?
"Secondo me la Fiat ha deliberatamente costruito una successione di eventi per negare la libertà sindacale".

Marchionne ha sempre detto che tesi di questo genere non stanno né in cielo né in terra.
"E allora, perché non applica l'accordo interconfederale del '93 sulla libertà sindacale? Vorrei poi ricordare a Confindustria che non può restare immobile se vuole evitare che salti, come ha riconosciuto, il sistema della rappresentanza sindacale. Se non si vuole rischiare che il conflitto sociale diventi ingovernabile bisogna al più presto trovare un accordo sulla rappresentanza e la democrazia sindacali che completi il protocollo del '93".

Spetta alla Confindustria aprire il negoziato?
"È irrilevante chi lo fa. Io credo che Cisl e Uil abbiano sottovalutato l'effetto dell'intesa per Mirafiori. Perché quando si permette a una grande impresa di escludere un sindacato, si sa con chi si comincia ma non si sa con chi si finisce".

Considera Marchionne un innovatore o, come si diceva un tempo, un reazionario?
"Penso che il tratto distintivo di quell'accordo sia il suo essere anti-democratico. Direi che Marchionne è un anti-democratico e illiberale. Il tema vero è questo. Aggiungo che non può esserci un modello partecipativo che si fondi sull'impedimento della libertà sindacale".

Ma la Fiom non poteva firmare "turandosi il naso", rimanendo però all'interno della fabbrica?
"È difficile applicare il principio del voto con il naso turato nelle trattative sindacali. La Fiom, possibilmente con la Cgil, dovrà aprire una discussione su questa sconfitta. Perché, l'ho già detto, un sindacato non può limitarsi all'opposizione altrimenti rinuncia alla tutela concreta dei lavoratori".

Sta criticando la Fiom. Le colpe, allora, sono anche a casa sua?
"Quando c'è una sconfitta non possono non essere stati commessi degli errori. Nessuna grande sconfitta è solo figlia della controparte. Ce l'ha insegnato Di Vittorio: se anche ci fosse una responsabilità in percentuale minima, su quella ci si deve interrogare".

Perché condivide il no all'accordo per Mirafiori?
"Perché quella proposta è poco rispettosa della fatica del lavoro. Non si può applicare ai lavoratori la cosiddetta "clausola di responsabilità", secondo la quale non è possibile opporsi all'intesa e scioperare anche se le condizioni di lavoro diventano insopportabili. Una clausola di quel tipo possono sceglierla sindacati e imprese ma non possono subirla i lavoratori".

Dunque, questo è il motivo del no?
"Questo è il motivo . Comunque la Cgil non firmerebbe mai un accordo che escludesse un altro sindacato".

Ammetterà almeno che Cisl e Uil hanno reso possibile l'investimento della Fiat e così il futuro produttivo di Mirafiori?
"Capisco questo ragionamento e lo considero un tema importante. Tuttavia mi piacerebbe sapere qual è il progetto "Fabbrica Italia" e come la Fiat pensi di colmare il ritardo che ha accumulato rispetto ai suoi concorrenti sul versante dei modelli. Ma anche per questo continuo a non comprendere quale necessità ci fosse di ricorrere a un modello autoritario che ci riporta agli anni Cinquanta".