L’ennesima analisi del voto

Beh due parole sulle elezioni Europee vanno pur dette, no? Il PD al 40,8% è un sogno di molti di noi, si è andati oltre le più rosee aspettative e probabilmente nemmeno Veltroni avrebbe mai immaginato di arrivare a tanto.

In termini percentuali, s’intende, visto che il 33% del 2008 corrispondeva ad un numero maggiore di voti rispetto al 40,8 odierno. Ma tant’è, la disaffezione al voto sarà un problema che anche il PD dovrà affrontare ma ad oggi di certo non inficia il meraviglioso successo dell’ultima tornata elettorale.

Politici, politologi, analisti, commentatori, giornalisti, sociologi, antropologi e pseudo-tuttiquellidiprima hanno già dato la loro chiave di lettura. Cittadini, militanti, avversari hanno fatto altrettanto, il web se ne cade di analisi del voto e anche io, che non sono nessuno, aggiungo qualche considerazione. Io credo che il risultato della settimana scorsa sia prima di tutto un voto di speranza. Nel senso che molti di quelli che hanno scelto di tornare a votare per il PD (lo zoccolo duro c’è sempre) o lo hanno votato per la prima volta sperano davvero che Renzi e il PD possano dare un futuro a questo Paese. Un voto che non sarà eterno, dunque, ma che potrà essere ribadito solo se le speranze non andranno deluse. Un voto in prestito, insomma, pronto ad andar verso altri lidi un’altra volta. In questo gli italiani sono maestri, diciamo.

Poi ci sono quelli che vogliono rifare la DC, quelli che vogliono un leader forte, quelli che si sono spaventati dalla deriva fascista di Grillo, quelli che votavano Forza Italia e Scelta Civica e UDC e pensano che il PD Renziano possa essere la loro nuova casa (dove magari entrano e mettono i piedi sul tavolo).

Poi ci sono quelli di sinistra, che vedono nel PD l’unico modo di dare peso alla sinistra, che esiste ancora, in questo Paese. Fortunatamente.

Un successo di tutto il PD, perché non mi sembra che ci siano stati amici e compagni che si sono risparmiati, in questa campagna elettorale. E aver convinto a votare PD anche chi era ed è critico nei confronti del PD è comunque un atto di fiducia verso chi fa di tutto affinché il Partito Democratico continui a parlare di ambiente, di diritti, di conflitto di interessi, di consumo di suolo, di lavoro, di precari. E i risultati si sono visti.

Renzi c’ha messo del suo, è indubbio e gliene va dato atto. Però occorre far buon uso del consenso enorme ricevuto. Pensare di comandare, non consentendo alle minoranze di apportare un contributo fecondo al dibattito nel Paese e nel Parlamento sarebbe un errore gravissimo. E sarebbe anche molto poco democratico. A dirla tutta, Renzi del PD fino ad ora si è occupato davvero poco. E i capi e capetti locali, quelli che, per dire, hanno ridotto il PD di Roma in un coacervo di interessi personali che si intrecciano e si mescolano a seconda delle convenienze del momento non riuscendo ad elaborare uno straccio di proposta politica e programmatica per la città, sono saliti tutti sul carro del vincitore.

Poi, peseranno i fatti. I provvedimenti. E saranno solo quelli a dirci quale sarà la direzione intrapresa dal PD. Se prevarrà l’istinto della balena o se il PD diventerà la casa comune di tutti i progressisti italiani, come auspicavamo quando abbiamo contribuito a fondarlo.

Non ve lo nascondo, un po’ sono preoccupato. Morire centrista proprio non mi piacerebbe, ecco. E allora l’impegno a tirare il PD a sinistra si rinnova. Con tutti i miei compagni di viaggio.