Lettera agli amici del PD

Carissimi tutti,
come certamente saprete è partito il treno del congresso Provinciale che ci porterà all'appuntamento conclusivo di Latina, previsto per il mese di dicembre prossimo.
Ho deciso di correre anche io, e così sulla scheda da utilizzare per scegliere quale sarà il vostro segretario provinciale troverete il mio nome e il simbolo della lista collegata alla mia candidatura.
Controcorrente.

Controcorrente_2Un termine che riassume il mio pensiero e il mio impegno. Contro le correnti figlie delle mozioni, che hanno ingessato il PD, mortificato il dibattito, spartito posti e candidature.
Il simbolo è formato da tre frecce bianche contrapposte ad una freccia rossa che va a sinistra – il cuore batte lì, è nella mia natura.
In direzione ostinata e contraria.
La mia piccola storia politica personale è costellata di ostinati appelli rivolti a tutti i compagni di viaggio affinchè si provasse, insieme, a rendere il nostro partito migliore, più forte, più bello. Spesso questi appelli sono caduti nel vuoto.
Come a Minturno, ad esempio, quando rappresentavo la necessità di uscire dagli schemi, proporre metodi nuovi, segni tangibili di discontinuità rispetto al passato.
La politica è altro, mi sono spesso sentito dire. Ha i suoi riti, le sue regole, le sue alchimie.
No. La politica siamo noi, le nostre idee, le nostre storie personali, la nostra passione disinteressata. 
Si possono anche vincere piccole battaglie personali, ma si perde, tutti insieme, la guerra.
E la guerra consiste nella sfida che abbiamo davanti: lavorare per lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti un paese migliore di quello nel quale oggi molti di noi sono costretti a vivere.
Per errori altrui.
Per un disegno ben orchestrato che, nel tempo, ha instillato nella società italiana, il virus dell'incultura che si fa consuetudine, da ostentare e sulla quale creare consensi.
Ma non dimentichiamo la nostra inerzia.
La nostra complicità.
La nostra inettitudine.
Abbiamo avuto, negli anni, svariate occasioni per cambiare il corso della storia del nostro Paese.
Ma non l'abbiamo fatto.
Non siamo stati capaci di indicare con credibilità una strada alternativa. Spesso è prevalso il calcolo politico, la convenienza del momento, l'opportunismo, il cinismo.
Diciassette (!) anni della nostra vita sembrano passati invano.
Sono rimasti sul piatto i problemi di fondo del Paese, semmai aggravati dall'inazione dei governi che si sono, negli anni, succeduti (Prodi I a parte).
Sono rimasti identici gli attori che hanno calcato la scena politica italiana in questi 3 lustri e poco più.
Accomunati, nessuno escluso, dal sentirsi insostituibili.
Diciassette anni sono quasi sufficienti a fare di un bimbo appena nato un uomo, ma non bastano a vedere rinnovata la classe dirigente di un paese. Tantomeno a vedere rinnovata la classe dirigente del nostro partito. Che riassume in sè, anche nella nostra provincia, quegli aspetti negativi della società (familismo, cooptazione, correntismo) che si vorrebbero combattere, estirpare, eliminare.
Molti di quelli che sono, oggi, classe dirigente, vengono dal '68. O dal '77.
Hanno conquistato con i denti le posizioni che oggi occupano, ingaggiando battaglie con i loro illustri predecessori se non con i loro padri, senza colpi bassi ma con fermezza, consapevoli di lottare in nome di un bene supremo, ossia l'evoluzione della società verso forme di convivenza civile universalmente riconosciute che fossero più moderne, partecipate, accessibili, contendibili.
Oggi, fatte le dovute differenze, la società è attraversata dalle stesse pulsioni.
Una larga fetta della popolazione più giovane è tenuta ai margini del mondo del lavoro, delle istituzioni, della politica.
Ma chi prova ad indicare una strada diversa, passa per maleducato.
I "giovani" del PD sono anch'essi maleducati perché osano porre il problema del rispetto delle regole che noi stessi ci siamo dati, come il limite dei mandati oppure l'utilizzo delle primarie per la selezione dei candidati alle elezioni, politiche o amministrative che siano.
Non ne faccio una questione puramente anagrafica, si può essere giovani ma vecchi di cervello e di cuore, come si può essere in là con l'età ma portatori di idee fresche, nuove, e che soprattutto interpretano la realtà dei giorni difficili nei quali viviamo il nostro presente.
C'è, in questo tempo sospeso, fermo al secolo scorso, la necessità di farsi portatori di una politica diversa, più sobria, più rappresentativa, più dignitosa ma anche più creativa di quella che attualmente conosciamo, come è necessario che il contributo di chi si affaccia oggi sulla scena pubblica (parlo dei giovani elettori, non dei giovani dirigenti) sia preso in considerazione.
Credo sia, questo, il tempo della responsabilità di ciascuno di noi. E' essenziale che chiunque, nella consapevolezza delle difficoltà, nell'assenza di risposte precostituite, nel dubbio del risultato, si spenda in prima persona, s'impegni per il cambiamento.
E' giunto il momento di provare ad occupare spazi, senza aspettare che qualcuno apra la porta e ci faccia accomodare al tavolo, seduti sullo strapuntino, in attesa di un posto più comodo.