Sarà una sindrome

Quella di cui sono affetti motli big del PD. Almeno quelli che, negli anni, sono stati individuati come potenziali leader del Partito Democratico. Ma sono arrivati a farsi avanti nei modi e nei tempi sbagliati. Ne parla Luca Sofri qui:

“Curiosa anche questa frequenza di leader che “non se la sentono” mai quando c’è da fare cose sovversive e di cambiamento, e arrivano alla stessa decisione solo quando ce li trascina la corrente e la loro disponibilità non rischia di far alzare nemmeno un sopracciglio. Leader per non disturbare.”

Oggi tocca a Chiamparino, a Cuperlo. Ieri a Veltroni. Domani a Zingaretti, forse. Tutti sulla linea di partenza, pronti a spaccare in quattro il partito, per cambiare il Paese, salvo poi essere fermati dall’attrito di primo distacco, quello che bisogna vincere per spiccare il volo. Quello che senza coraggio rimani a terra tu e l’equipaggio. E se proprio ce la fanno a partire fanno la fine fdegli aerei che hanno rullato talmente tanto sulla pista che fanno un giro sull’aeroporto e subito attrrano perchè sono rimasti a secco. Si attendono le condizioni favorevoli, che poi quali sarebbero se non l’accordo delle correnti per garantire se stessi in congressi dal risultato già scritto. O il permesso di qualche sponsor, che a quasto punto sarebbe meglio se ci mettesse la faccia in prima persona. 

Beh, c’è chi il volo ha deciso di prenderlo sei mesi fa, e di candidarsi alla guida del PD senza avere nessuno dietro. E di sopracciglia ne farà alzare. E ne darà disturbo, Pippo Civati. E con lui le persone che si stanno facendo avanti per dare una mano. Perchè non abbiamo bisogno di uomini soli al comando, ma di pensare al PD come ad un progetto collettivo, aperto alla partecipazione di tutti.

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2 pensieri su “Sarà una sindrome

  1. Roberto

    A ben vedere anche Civati fa parte di coloro che non hanno mai spiccato il volo e sono tornati nell’angar dopo un’estenuante rullaggio. Ha presentato all’Assemblea Nazionale gli OdG per le primarie e parlamentarie ricevendo risposte sarcastiche dalla nomenclatura, nomenclatura che poi ha contribuito a sostenere votando per il segretario e di riflesso per tutto il suo codazzo ombelicale. Era un buon candidato “nostro e innovativo” per la Regione Lombardia e non è pervenuto, benché, unico, avesse lottato lungamente ed egregiamente per far dimettere Formigoni (LIbera la sedia, ecc.). E siamo andati a perdere con lo “sconosciuto al PD” Ambrosoli, figlio illegittimo di Martina e Bersani.
    Ha sostenuto strenuamente il tentativo Bersani nei due mesi folli dalle elezioni politiche a quelle per il PdR, sorprendendosi poi che ogni decisione in quel calderone gli passasse sopra la testa.
    Ecco miei cari, in Italia abbiamo avuto Re Tentenna, La Marmora, Cadorna e, prima ancora, Celestino V°. Inoltre, Manzoni descrive bene il coraggio di don Abbondio dicendo che se uno non ce l’ha -il coraggio- non se lo può dare. E Civati il coraggio di andare avanti, di aprire strade, di divenire un leader -perché è di questo che si parla- non ce l’ha. Si trastulla e si barcamena tra un Re Tentenna e un Celestino V°, con lo sguardo sempre rivolto alle sue spalle per vedere se noi poveri pirla che lo abbiamo seguito e incitato e sostenuto fin qui lo seguiamo ancora. Va bene la partecipazione più ampia, più intensa, più condivisa sul da farsi, ma poi “uno” deve essere la sintesi e deve spiccare il volo. Fino ad oggi Civati ha si volato, ma come un goffo tacchino (Guccini). Roberto

    1. RaffoBlog Autore articolo

      Roberto, Civati non è mai rientrato nell’hangar. Semmai hanno tentato di farlo rimanere lì bucando le ruote. Non credo si possa attribuire a lui la mancata candidatura alle elezioni regionali in Lombardia o la vittoria di Bersani alle primarie. Le battaglie fatte a suon di ODG sono diventate patrimonio comune del partito. Non mi risulta che abbia sostenuto strenuamente Bersani nella vicenda governo/pdr, anzi ha indicato una soluzione che, seppur difficile, avrebbe dato un governo diverso a questo Paese e una prospettiva diversa al PD. Saluti.

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