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Il silenzio che uccide

Forse quello strano sono io. Oppure mi sono perso qualcosa, oppure mi sono informato male.

Però, davvero, credo che di fronte all’omicidio di Mario Piccolino avvenuto qualche giorno fa il silenzio dei componenti pontini della commissione parlamentare antimafia sia assordante.

Certo non mi aspetto dichiarazioni di fuoco contro le infiltrazioni malavitose da parte di Claudio Fazzone, però ricordo a tutti che in commissione siede anche Claudio Moscardelli, del Partito Democratico. E fino ad oggi non ha trovato il tempo per dire una parola che sia una su questo omicidio che o è stato commesso da un pazzo oppure è un’esecuzione di mafia vera e propria.

Aspettiamo fiduciosi una voce dall’istituzione, mica dall’uomo.

Anno nuovo, problemi vecchissimi

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Al di là del titolo roboante, il problema esiste ed sempre uguale a sé stesso: come scegliere i vertici delle partecipate.

Si può fare tenendo conto delle competenze, delle professionalità, delle esperienze. Del vantaggio per i cittadini (per molti).

Oppure tenendo conto della fedeltà, delle compensazioni, dell’opportunismo. Del vantaggio politico (per pochissimi).

Dal generale al particolare e viceversa

Scomodo Aristotele per estendere  alla politica princÎpi che ormai hanno preso piede.

A livello locale abbiamo Tiero e Moscardelli.

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A livello nazionale Alfano e Renzi.

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Tutto torna. Tutto tornerà.

 

I mutanti

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Premessa numero uno: personalmente non è che me ne importi più di tanto, di Gerardo Stefanelli in sé e della sua trasmigrazione al PD. I nostri già scarsissimi contatti si animarono per un po’ e poi si interruppero ai tempi della sua candidatura a Sindaco di Minturno, quando scelsi di non sostenere la sua corsa, non adeguandomi alle decisioni prese dal PD locale. Per chi vuole approfondire, potete leggere ciò che scrissi ai tempi. Fatto sta che da più parti mi si attribuì la responsabilità (!) di una sconfitta, pur contando, personalmente, davvero molto poco nello scenario politico minturnese (troppo buoni, i compagni) e tanto bastò per chiudere definitivamente una porta che non si era mai aperta oltre un piccolissimo spiraglio. A suggellare la rottura, fui anche cancellato dalle amicizie Facebook, massima espressione di dissenso ai tempi dei social network. Ecchevoletefà.

Premessa numero due: non ho più alcun ruolo, carica o altro, nel PD della provincia di Latina e nel circolo di Minturno. Mi sono dimesso dall’assemblea provinciale all’indomani delle elezioni europee e non ho rinnovato la tessera là dove sono stato sempre iscritto. Gli impegni familiari, lavorativi e la mano che do a Pippo Civati nel Lazio non mi consentono più di seguire le vicende del PD pontino in maniera diretta e con l’attenzione che invece meritano.

Premessa numero tre: il PD, nella provincia di Latina, non è mai nato. Era, sin dai tempi della sua nascita, ed è tutt’ora il luogo dove due gruppi di potere (potere in senso lato, parola che non necessariamente assume un’accezione negativa) che fanno riferimento a storie politiche diverse, quella ex-democristiana e quella ex-diessina, si scontrano, si rimescolano opportunamente a seconda delle convenienze personali del momento (ammantate da scelte politico-strategiche di livello altissimo, talmente alto da essere incomprensibile per i comuni mortali) senza riuscire ad elaborare uno straccio di politica credibile per il territorio, per i cittadini. I risultati (negativi) della mancanza della Politica si vedono alle elezioni amministrative. Salvo rare eccezioni (penso a Cori) si inanellano sconfitte su sconfitte senza che nessuno senta mai il bisogno di assumersene la responsabilità fino in fondo. Di contro, aumenta a dismisura il potere (con l’inciso di cui sopra) personale degli eletti, che continuano ad utilizzare i circoli e quello che resta del partito come feudi personali, e non come luogo di elaborazione, partecipazione e consultazione.

Tutto ciò premesso, quindi, il “problema” non è Gerardo Stefanelli, ma cosa sta diventando il PD. Il 40,8%, agitato come una clava sotto il naso di chiunque provi a manifestare un minimo dissenso nei confronti del percorso riformatore intrapreso dal premier, rappresenta, in parte, una speranza nella quale una minoranza di italiani (ricordiamo sempre che in termini assoluti valeva di più il 33% di Veltroni) vogliono affidarsi. Speranza di un futuro migliore, fiducia nell’uomo forte (il berlusconismo ha lavorato nei fianchi anche a sinistra) che traghetti il paese fuori dalle secche nelle quali è precipitato da anni. E i risultati, dopo sei mesi, sono tutt’altro che incoraggianti, sotto il profilo economico. Ma quel 40,8% (in aumento, sembra), rappresenta anche la mutazione genetica del PD, che si sta trasformando in qualcosa di diverso rispetto al PD a vocazione maggioritaria immaginato da Veltroni perché diversa rischia di essere la sua composizione e la sua base. E di pari passo cambiano le proposte politiche, del PD. E più cambiano le proposte politiche, che si spostano inesorabilmente al centro, e più il PD diventa polo attrattivo per i centristi. Tralasciando i modi (le annessioni avvengono per acclamazione, senza un dibattito pubblico, senza pensare ad iscritti ed elettori cosa ne pensino, e in barba allo statuto del PD), a me piacerebbe sapere chi entra nel PD cosa pensa del lavoro, del salario minimo, del precariato, del consumo di suolo, del matrimonio egualitario, della laicità dello stato, della scuola, dell’acqua pubblica, del diritto alla salute, della corruzione, del PSE, dell’immigrazione, dell’Europa, della mobilità. Del patrimonio di voti (tanti, sicuramente, e se si introdurranno le preferenze nella legge elettorale saranno sicuramente utili, per qualcuno) sinceramente, me ne fotto. E annettere pezzi che esprimono un set valoriale nel quale molti di noi non si riconoscono, e dare a questi pezzi potere che deriva dall’appartenenza alla filiera del renzismo di provincia, equivale ad accelerare ancor di più la mutazione genetica del PD. E poi, a lungo andare, in un corpo nel quale si prova ad assemblare pezzi incompatibili si arriva alla crisi di rigetto.

Zero passi avanti e 10 indietro

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Mi piace in maniera particolare la sottolineatura dei NON. Niente matrimoni e niente adozioni per le persone dello stesso sesso. Come dire, accontentatevi del registro delle unioni civili, che è pure troppo.

La penso, e la pensiamo in maniera MOOOLTO diversa rispetto a queste posizioni retrograde che continuano a creare cittadini di serie A e di serie B sulla base di un orientamento sessuale.

E poi faccio due domande.

Ma non sarebbe il caso di far esprimere gli elettori del PD con un bel referendum?

O renziani omosessuali della prima, seconda e terza ora, ma vi sentite rappresentati dalle posizioni di Renzi (e di Moscardelli), in tema di diritti?

Marco Guglielmo per il PD Lazio

Di congresso in congresso, adesso si parte (al volo) per scegliere il nuovo assetto del PD Lazio. Nota metodologica: visto che i candidati sono solo tre sarà saltato il passaggio nei circoli, il nuovo segretario sarà scelto con le primarie aperte e quindi potranno votare TUTTI.

L’area Civati c’è. Marco Guglielmo sfiderà Fabio Melilli e Lorenza Bonaccorsi per la segreteria regionale.

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Le dinamiche interne al PD Lazio sono difficili a morire, insomma il verso non si cambia. Fabio Melilli, deputato reatino, si presenta come neorenziano, appoggiato da AreaDem, Bettiniani, Zingarettiani, Giovani Turchi e chi più ne ha più ne metta. Insomma, i capibastone sono già al lavoro, vicesegreterie assegnate a Giraldi e Moscardelli, sulla fiducia. Lorenza Bonaccorsi, già assistente di Paolo Gentiloni (!) e deputata si ritiene, invece, depositaria del marchio “Renziana-DOC”, o protorenziana che dir si voglia. E quindi sfida l’arrogante Melilli per contendersi lo scettro del renzismo in regione. E’ questo ciò che serve al PD Lazio? No.

Per questo siamo in campo. Perché nelle tre settimane che ci separano dal voto del 16 febbraio vogliamo parlare con tutti. Nel PD e fuori del PD. Con chi non è mai stato favorevole alle intese a fisarmonica (che si allargano e restringono a seconda della convenienza del momento), con chi ha dato una delega in bianco a Renzi e s’è ritrovato Berlusconi (di nuovo) al proprio fianco, con chi pensa che il PD non possa essere il partito dell’uomo solo al comando che dice prendere o lasciare, con chi pensa che gli occupanti del carro del vincitore non debbano più fare i propri comodi sui territori (e li conosciamo bene i Moscardelli, gli Astorre, i De Angelis, i Fioroni, i Vincenzi) e lasciare tutto com’è. Vogliamo parlare a chi s’è scandalizzato per l’utilizzo dei fondi del gruppo regionale del PD Lazio nella passata consiliatura, e i protagonisti di quella storia invece di restare fermi un giro e chiedere scusa  sono stati tutti promossi, chi in Senato, chi alla Camera, chi a al Comune di Roma. Vogliamo parlare a chi pensa che ci sia bisogno di incalzare le amministrazioni, anche quelle amiche, a partire da Zingaretti e Marino, da sinistra. Vogliamo parlare di sanità, di ambiente, di rifiuti, di politiche per il lavoro, di difesa del territorio, di consumo del suolo, di trasporti, di diritti.

È una sfida difficile, Marco ci mette la faccia, la passione, la forza di credere in un PD rinnovato. Noi con lui, e con chiunque voglia darci una mano.

p.s. dedicato ai miei amici cuperliani (e non solo a loro) del PD della provincia di Latina: sicuri di votare per Moscardelli vicesegretario oppure per una Renziana DOC? O di non scegliere davanti ad una prospettiva del genere? Dopo aver appena terminato la battaglia per l’elezione di Mansutti alla presidenza dell’assemblea provinciale?

Folgorati d’agosto

Una premessa è d’obbligo: le scelte politiche sono sempre legittime. Magari non condivisibili, sicuramente contrarie alle mie, ma legittime. A maggior ragione se a compierle sono amici che fanno politica nel tuo stesso partito. Detto ciò, la quantità di folgorati sulla via di Firenze, nel PD della provincia di Latina, è davvero notevole. Non ho problemi a riconoscere a Claudio Moscardelli il ruolo che merita, ossia quello di punto di riferimento provinciale dell’area Renzi. Un ruolo conquistato sul campo, in virtù del suo impegno in Senato e del seguito di cui gode in provincia. Le sue idee sul governo, sul PD, su temi economici sono molto distanti dalle mie e, in generale, da quelle di chi ha invece deciso di sostenere la candidatura di Pippo Civati alla segreteria del PD. Ma, appunto, vorrei confrontarmi sulle idee, sulla forma partito, sul ruolo dei circoli, sul finanziamento pubblico ai partito, sui doppi incarichi, sul rispetto delle regole. E poi sui diritti, sulle tasse, sul precariato, sulle infrastrutture, sui beni comuni, sul consumo di suolo, sulla formazione, sul ruolo delle donne. Insomma, su quale modello di PD e di società abbiamo in mente adesso e per i prossimi vent’anni. E su quale sia la personalità politica più adatta a rivestire il ruolo di segretario del Partito Democratico. Certo, a scorrere i proclami dei “sessanta e più” amministratori pontini che hanno sposato senza se e senza ma la (probabilissima) candidatura di Renzi semplicemente sul nome del Sindaco di Firenze, qualche dubbio mi viene. Nel senso che buona parte del PD della provincia di Latina non è che abbia dato una gran prova di sè in termini di costruzione di “una forza dinamica, aperta, inclusiva, plurale e contendibile”, in questi anni. Anzi. Vedo piuttosto la principale corrente del PD pontino (forte più che mai in un momento di estrema debolezza del partito provinciale) spostarsi in blocco verso uno dei candidati. Tutto legittimo, ripeto, ma ho come il timore che qualcuno pensi ad un congresso preconfezionato, senza dibattito, con posizioni già definite “a prescindere”. Proprio ciò che non serve al PD. E proprio ciò che proveremo ad evitare, con tutte le nostre forze.

Neorenziani pontini

Gli schieramenti, in vista del congresso del PD (sempre che le congiunzioni astrali-politico-giudiziarie permettano di celebrarlo a breve…), si vanno delineando anche in provincia di Latina. La compagine a supporto del sindaco Firenze si va delineando, e agli amici protorenziani si aggiungono i neorenziani. In bocca al lupo a tutti.

Personalmente farò di tutto affinché, nel congresso, si parli di proposte per il PD e per il Paese, di politica, piuttosto che di nomi e di strategie.  E cercherò di convincere iscritti ed elettori a scegliere la persona più adatta a rivestire il ruolo di segretario del PD, che a mio avviso è Pippo Civati.

Coordinamento provinciale PD Latina

Ieri prima riunione del coordinamento provinciale del PD Latina. Presenti, oltre al sottoscritto, Mansutti, La Penna, Carta, Giovannini, Amici, Bernasconi, Como. Assente Rosato. Clima sereno e disteso.

Disamina della situazione politica generale, forte preoccupazione per le vicende di questi giorni che rischiano di allontanare ancora di più il PD dall’elettorato.

In chiave congressuale, in attesa delle regole tutti d’accordo sul mettere in atto quanto necessario per evitare situazioni incresciose che si sono verificate puntualmente ad ogni tesseramento.

In merito ai compiti del coordinamento stesso, ho ritenuto di insistere sulla necessità di non limitarci ad organizzare eventi su temi “caldi” (sanità, assetto istituzionale delle province), pur importanti per la vita del partito, ma provare a darci degli obiettivi più ambiziosi.

Ho chiesto quindi di convocare una riunione con tutti i coordinatori di circolo per capire quali siano i problemi politici, organizzativi ed economici delle singole realtà territoriali. Ho chiesto altresì di convocare un incontro tra amministratori, parlamentari, consiglieri regionali e provinciali per analizzare i problemi dei territori, mappare le crisi industriali e determinare così un maggior raccordo con i rappresentanti del PD nei massimi organi istituzionali.

Infine ho chiesto di convocare i rappresentanti del Partito Democratico facenti parti delle realtà che hanno presentato problemi alle recenti elezioni amministrative, o che si portano dietro criticità e conflitti irrisolti da tempo.

Il calendario degli incontri sarà definito durante la prossima riunione, fissata per mercoledì 17 luglio.

Fumata nera per il PD della provincia di Latina

E così l’assemblea provinciale del PD Latina ha preferito aspettare l’esito dell’assemblea nazionale per indicare la soluzione a seguito delle dimissioni di Enrico Forte. La riunione di lunedì, infatti, ha soprasseduto dall’indicare i componenti della reggenza che avrebbe dovuto traghettare il partito al congresso. A mio avviso un errore, perché le vicende mi appaiono del tutto scollegate e perché molti, nel partito, si erano espressi a favore di una soluzione che si proponesse di superare le logiche che hanno portato il PD pontino ad una gravissima crisi politica e programmatica. Una crisi testimoniata dai deludenti risultati elettorali che il PD ha inanellato pressoché ovunque nelle varie tornate elettorali che si sono susseguite negli ultimi due anni. Una crisi sostanziata dall’assoluta incapacità nel gestire la politica delle alleanze nei vari comuni della provincia, tanto da provocare profonde spaccature in seno a diversi circoli cittadini.

Ad ogni modo ci toccherà aspettare, ma nel frattempo è bene chiarire alcune cose a mio avviso fondamentali. Il PD della provincia di Latina ha bisogno di un segretario scelto da un congresso aperto alla partecipazione di iscritti ed elettori (come sancito dal nostro statuto) nel quale ci sia la possibilità di scegliere tra le varie proposte programmatiche che saranno in campo. Non sono possibili scorciatoie. Non è possibile pensare ad un segretario pro-tempore che si candidi alla segreteria tra qualche mese. Non è possibile utilizzare né il congresso né il tempo che da esso ci separa per compensare sconfitte politiche o elettorali. Non è possibile pensare che chi ha cogestito in maniera fallimentare il PD pontino negli ultimi mesi possa avere ruoli di responsabilità nella fase di transizione che ci attende. Soprattutto non è pensabile continuare a trascinare il PD della provincia di Latina nell’immobilismo a causa delle frizioni interne a mozioni congressuali che sembrano appartenere ad un tempo ormai remoto. Il Pd Latina ha bisogno di discutere, di confrontarsi, di parlare di temi concreti che riguardano la vita dei cittadini: mobilità, sviluppo sostenibile, infrastrutture, lavoro, beni comuni, portualità. Questi i temi sui quali confrontarsi al prossimo congresso. Altre soluzioni che contemplino la pura spartizione di posti senza affrontare le questioni politiche e programmatiche, senza mettere mano al funzionamento dei circoli, senza aprire il partito alla partecipazione degli elettori non interessano. Chi, infine, pensa di voler assumere questa responsabilità fin da adesso, magari nella speranza che le vicende congressuali nazionali congelino, tra qualche mese, la situazione a quanto già in essere, si faccia avanti e proponga il suo piano per il Partito Democratico pontino. Senza sotterfugi e senza accordi sottobanco. Anche nella nostra provincia il PD ha bisogno di cambiare metodi, se non vuole ridursi ad un partito marginale nel quale avranno la meglio solo i più forti, proprio come ai tempi dei dinosauri. Forza che comunque non è riuscita a salvare i dinosauri dall’estinzione.