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Decidiamo di non decidere (anche sull’ovvio) #santancheno

Sta diventando la caratteristica principale della maggioranzissima del governissimo PD-PDL (Cosa dice? Ho dimenticato Scelta Civica? Ah, il movimento dell’ex premier Monti. Quello che chiede le verifiche di maggioranza. Avrei voluto vederla la sua faccia quando nella scorsa legislatura Bersani o Alfano chiedevano la verifica di maggioranza. Mavalà). IMU, IVA, F-35. Anche nel caso della pitonessa. Guardate, o voi che tirate un sospiro di sollievo, che ve la ripresenteranno. E sarà sempre lei, quella con il dito medio alzato (lo userà anche per comunicare con i parlamentari?), quella sguaiata, quella fascista, quella che non ha alcun rispetto per le istituzioni che vorrebbe rappresentare. Quindi altro che rinvio, altro che scheda bianca. Bocciate ‘sto scempio e si vada avanti. Cade il governo? Sopravviveremo.

#altrimenticadeilgoverno?

Nel gruppo parlamentare del PD i no agli F-35 sono in aumento. Che siano una spesa inutile, c’è chi lo sostiene da tempo. Spero solo che ci sia modo di discuterne, e che non passi la linea “effetrentacinquestrumentodipace”. E che il governo non ponga la questione di fiducia.

Questione di prospettive

Popolino centra il punto:

Con un certo tipo di leader, un Pd che parla ai delusi della destra può valere il 40 per cento, dicono i sondaggi. Io penso che, con un altro tipo di leader, un Pd che – banalmente – fa il Pd può valere il 40 per cento senza per questo dover attirare i delusi della destra: perché li recupera lì dove li ha più vicini, a sinistra, come il risultato di Grillo ha dimostrato: e io non penso davvero che alle ultime elezioni il Pd non abbia vinto perché non ha parlato agli ex elettori del Pdl, penso che non abbia vinto perché è stato vaghissimo sulla sua idea di Paese, perché si è fatto fregare da sinistra tutti temi che ha sottovalutato, e semmai perché non è stato sufficientemente alternativo ai suoi avversari.

Cantare con i piedi a terra

Non starò a menarmela più di tanto con analisi politologiche, anche perchè non è il mio mestiere. Ma al netto della soddisfazione per il risultato del centrosinistra (esiste ancora nei comuni, sapete?) e del PD, e della gioia infinita per aver cacciato dal Campidoglio i fascisti e il peggior sindaco che Roma ricordi (oltre Giubilo, oltre Carraro), occorre restare con i piedi per terra. Perchè l’astensionismo raggiunge livelli record (secondo alcuni, tipo D’Alimonte, è un bene, sintomo di consapevolezza e democrazia), e perchè, sostanzialmente, non c’erano avversari “politici”. Bene i nostri amministratori, che dimostrano ancora una volta che c’è una classe dirigente locale capace e apprezzata dai concittadini (poi magari vanno “a Roma” e si perdono, sigh). Spesso scelti con le primarie, che vanno tutelate e valorizzate come meritano. Però, davvero, non avevamo avversari (lo dice anche Makkox, a modo suo). Nel senso che laddove il centrodestra si presenta con le facce (pessime) dei propri amministratori e non con il faccione del cavaliere in prima persona, non riesce più a racimolare risultati (stesso discorso per la Lega sgretolata). E questo dovrebbe far pensare, nel PD, perchè se il PDL sta sopravvivendo, in questa fase politica, lo deve essenzialmente a noi. Teniamo in vita un cadavere sempre pronto a farci la pelle, appena si riprende un pò (e grazie ai nostri errori). Che altro dire: i commenti davvero fuori luogo sono quelli di Enrico Letta, che attribuisce ai cittadini l’intenzione di rafforzare l’intesa PD-PDL, quando in nessuna città nelle quali si è votato il PD si presentava con il PDL, per dire. O chi vede nel risultato di giugno la rivincita di febbraio. Rivelando superficialità d’analisi. O, peggio, malafede. Affinchè tutto resti com’è. Per evitare di discutere di temi: lavoro, ambiente, energia, scuola, welfare, trasporti. Davanti alle parole dei vertici del PD, sempre uguali a se stesse, emerge con sempre maggior forza la necessità di un congresso vero.

Non ditelo a nessuno

Ragazzi, ho fatto una scoperta sensazionale. Ma davvero. Il governo Alfetta si è dato 18 mesi per le riforme costituzionali, e ha dato l’incarico ai 35 saggi di riscrivere anche la legge elettorale. Così se le riforme non si fanno e si torna a votare, ci cuccheremo ancora il Porcellum.

Shhhh….non lo dite in giro, eh! Si dovesse svegliare qualcuno…shhhhh….

Il succo della democrazia

Resto sempre abbastanza impressionato dagli articoli in cui si ricorre a paragoni biblici e a citazioni per addetti ai lavori al fine di convalidare tesi che non fanno altro che avvitarsi su se stesse. Tipo l’articolo di oggi di Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera. Gli elettori vanno ascoltati, per carità, ma solo teoricamente. Basta farsi condizionare dagli umori della base! Certo, il PD non è che abbia brillato, fino dalla sua fondazione, nel saper ascoltare il proprio elettorato.

Si omette però, nell’articolo, di dire una cosa essenziale: le cosiddette classi dirigenti che oggi ci governano hanno ricevuto, ciascuna dal proprio elettorato, un mandato opposto rispetto a quello per il quale Stella chiede il coraggio di decidere (certo può apparire tardiva, da parte di alcuni, l’attenzione che viene rivolta alle opinioni della propria base).

“Ma una vera classe dirigente, come dice la parola stessa, deve sapersi assumere le proprie responsabilità e mettersi alla guida dei processi storici. Anche a costo, talvolta, di fare scelte al momento impopolari. Se pensa che siano giuste. Sennò, se si accoda via via agli umori (per di più dettati da passioni partigiane) è una classe «accodante». È il succo della democrazia: chi viene eletto è eletto per fare delle scelte. Spiegarle. Difenderle. Se sono buone, il tempo gli darà ragione.”

Secondo me il succo della democrazia è rispettare il mandato per il quale si è stati eletti (per Stella sono passioni partigiane) e non chieder voti per una cosa e andare in parlamento a farne altre. Tipo un governo con il PDL. Tipo il Presidenzialismo. Tipo la legge Ac/70. O non fare cose per le quali si è chiesto il voto. Tipo la legge contro la corruzione. O il conflitto di interessi. O combattere l’evasione fiscale. O spostare la tassazione dal lavoro al patrimonio. O peggiorare la riforma Fornero.

Sono lontani i tempi del libro che ha reso famoso Gian Antonio Stella. Da fustigatore della casta a sponsor del governo che tiene in piedi il sistema che ha generato la casta stessa.

Due passaggi decisivi

Tratti dall’intervento di Walter Tocci, ieri, in direzione Nazionale del PD.

Il primo riguarda le cosiddette riforme costituzionali:

Il presidenzialismo non è un emendamento, è un’altra Costituzione. Non tutte le generazioni hanno l’autorevolezza per cambiare la Costituzione. Che possa farlo una classe politica al minimo storico di credibilità è un ardimento senza responsabilità. Lasciamo il compito alle generazioni successive. Apprezzeranno la nostra umiltà.

Il secondo riguarda il PD:

Bisogna cambiare il PD, non la Costituzione. La politica seguita in questi mesi va messa in discussione. E invece sento dire che la linea era giusta, è mancata solo la disciplina. Lo disse anche Cadorna dopo Caporetto. Poi il comando fu affidato al generale Armando Diaz, il quale riformò radicalmente l’organizzazione militare, suscitando in questo modo un nuovo senso della disciplina e unificando le forze per vincere la guerra. Al momento del suo insediamento disse: “L’arma che sono chiamato a impugnare è spuntata: bisognerà presto rifarla pungente; la rifaremo”. Aspetto ancora un nuovo segretario del PD che si presenti con una simile intenzione. Invece la tendenza è sopire, attutire, rinviare. Come se non fosse successo niente i responsabili della sconfitta pretendono ancora di comandare.

 

Sarà una sindrome

Quella di cui sono affetti motli big del PD. Almeno quelli che, negli anni, sono stati individuati come potenziali leader del Partito Democratico. Ma sono arrivati a farsi avanti nei modi e nei tempi sbagliati. Ne parla Luca Sofri qui:

“Curiosa anche questa frequenza di leader che “non se la sentono” mai quando c’è da fare cose sovversive e di cambiamento, e arrivano alla stessa decisione solo quando ce li trascina la corrente e la loro disponibilità non rischia di far alzare nemmeno un sopracciglio. Leader per non disturbare.”

Oggi tocca a Chiamparino, a Cuperlo. Ieri a Veltroni. Domani a Zingaretti, forse. Tutti sulla linea di partenza, pronti a spaccare in quattro il partito, per cambiare il Paese, salvo poi essere fermati dall’attrito di primo distacco, quello che bisogna vincere per spiccare il volo. Quello che senza coraggio rimani a terra tu e l’equipaggio. E se proprio ce la fanno a partire fanno la fine fdegli aerei che hanno rullato talmente tanto sulla pista che fanno un giro sull’aeroporto e subito attrrano perchè sono rimasti a secco. Si attendono le condizioni favorevoli, che poi quali sarebbero se non l’accordo delle correnti per garantire se stessi in congressi dal risultato già scritto. O il permesso di qualche sponsor, che a quasto punto sarebbe meglio se ci mettesse la faccia in prima persona. 

Beh, c’è chi il volo ha deciso di prenderlo sei mesi fa, e di candidarsi alla guida del PD senza avere nessuno dietro. E di sopracciglia ne farà alzare. E ne darà disturbo, Pippo Civati. E con lui le persone che si stanno facendo avanti per dare una mano. Perchè non abbiamo bisogno di uomini soli al comando, ma di pensare al PD come ad un progetto collettivo, aperto alla partecipazione di tutti.

To be continued – Pt. II

Beh, s’era detto, no? Si potrebbe continuare citando la rinuncia totale al tema dei diritti (come ci ricordava l’amico Fabio Luciani), pena la caduta del governo. E si potrebbe continuare citando i presidenti delle commissioni parlamentari: Palma, Latorre, Romani, Vito, Matteoli, Meta, Cicchitto, Sacconi, Galan, Sisto, Finocchiaro. Casini, Boccia, Fioroni. Alla prossima. Per i senatori a vita.