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Storie di ordinario razzismo

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Una scuola elementare qualsiasi di Roma, o di qualsiasi città italiana. Alcune classi quinte che organizzano il campo scuola, tanto atteso dai ragazzi perché è la gita, perché si passa la notte fuori casa. Poi è l’ultimo anno, e quindi c’è ancora più attesa. In una delle classi c’è un bambino rom, vivace, forse anche troppo, fatto sta che alla gita vuole partecipare anche lui. E allora succede che i TUTTI i genitori dei maschietti di quella classe si dichiarano indisponibili a far dormire il proprio figlio in stanza con il bambini rom. Ma non perché è rom, sia chiaro. Semplicemente perché è troppo vivace. E poi fortunatamente c’è una delle maestre che chiede ai genitori di trovare una soluzione, altrimenti non parte nessuno.

L’odio

L’altro giorno ho postato un docufilm, a mio avviso bellissimo, su Napoli. Quattro episodi, uno sulla convivenza con i rom, sui pregiudizi che li circondano, sull’integrazione, o presunta tale. La notizia che giunge sempre da Napoli, oggi, mi sconvolge. Alla conclusione delle indagini sui roghi nei campi rom avvenuti nel dicembre del 2010, emerge una verità tanto triste quanto crudele. E vile. I genitori, italianissimi, dei bambini, italianissimi pure loro, che frequentavano le scuole della zona, hanno commissionato alla camorra l’incendio dei campi per evitare che i piccoli rom potessero frequentare la scuola con i propri figli. A costo di sterminarli. Tutti. All’insegna di un odio razziale che non guarda in faccia nessuno. Avevano provato quei genitori, con le buone o forse no, a convincere il dirigente scolastico a cacciare i piccoli rom dalla scuola. Ma non ci sono riusciti. E allora ci si rivolge alla camorra, all’antistato che si fa stato nella mentalità di chi conosce solo una legge, quella del più forte, quella della violenza, quella della sopraffazione. E pure se sono stati carcerati, quella camorra, quei camorristi hanno vinto, perchè a loro ci si rivolge quando si hanno problemi, a torto o a ragione. Ed è sconfitto lo stato, che sa offrire solo repressione, parole d’odio (vedi chi ci ha governato fino a qualche mese fa, vedi molti sindaci che ci governano ancora oggi), mentre l’ascolto, l’aiuto, la solidarietà è nelle mani del volontariato, delle associazioni, della chiesa. Altro che tagli, altro che spending review. In questi posti occorrerebbe decuplicarla, la spesa pubblica dedicata a progetti di integrazione.