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Appunto, nessuno

Pippo ci regala un post pieno di amarezza che rappresenta perfettamente la realtà attuale del nostro paese.

Nessuno si senta escluso

Sono lontano dall’Italia, ma non riesco a staccare. Forse è sempre stato il mio problema: non riuscire a prendere le distanze. Bene, guardo da lontano quello che accade a Rosarno e il dibattito (che non poteva essere peggiore) che dalla località calabrese e da quanto sta succedendo ha preso le mosse. Per me, la verità è tragicamente semplice: Rosarno è una metafora di quello che ora è l’Italia. Lavoratori stranieri che dipendono fisicamente dal datore di lavoro e sono pagati una miseria: 15 euro al giorno (non vi preoccupate, succede anche al Nord e le gabbie non sono solo salariali). Una miseria che accettano solo perché nei paesi da cui provengono questa miseria è ancora più miseria (si parla di 2 dollari al giorno, il cambio fatelo voi, ma si tratta di un decimo di quanto percepiscono lavorando in quelle condizioni schifose). Gli italiani che non sono mai colpevoli, anzi: sono loro che sono troppi, anche se stanno lavorando per noi, anche se alcuni di loro hanno tutti i documenti in regola (come uno dei due stranieri feriti ieri). Perché, si dirà, come dice uno dei peggiori ministri dell’Interno che la storia repubblicana ricordi (il prossimo che dice «Maroni è uno bravo»…), sono clandestini: faccio notare che, per decenza, il termine andrebbe rivisto, perché si sa benissimo chi sono, questi clandestini, tanto che un addetto è preposto ad andare a raccoglierli, come loro raccolgono i pomodori (caporale, si chiama, l’addetto). C’è un dibattito che si trascina da anni, in cui tanti hanno avuto modo di guadagnare: perché prima, per parecchi stronzi, c’erano i terroni, poi i terroni si sono coalizzati con gli stronzi per prendersela con chi non poteva difendersi. C’è la criminalità organizzata che imperversa, che spara, che controlla, che ordina, che stabilisce quello che deve accadere e quello che non deve succedere: però non esiste, è solo un problema di marketing. E di fronte a questa Italia, autorevoli commentatori (gli stessi, da secoli) dicono che siamo stati troppo buoni. Sono gli stessi che simpatizzano per il clima d’amore che ci dovrebbe accompagnare nei prossimi mesi, tra un premier con problemi giudiziari (sapete com’è? Un tale è stato condannato per avere corrotto i giudici per conto suo, una delle cose più gravi che ci possano essere) e un’opposizione (vedi alla voce: l’alternativa) che è amorevole verso l’esterno e litigiosa al suo interno, come accade da vent’anni. Da sempre. Ecco il Paese del sole, dei pomodori, della mafia, abbracciato dall’amore di quelli che sono stati troppo buoni. Ecco, questa è l’Italia. Nessuno si senta escluso.

Mafia e dintorni

Propongo alla vostra attenzione un libro, non so se l’avete avuto tra le mani.
I complici, di Lirio Abbate e Peter Gomez.
Parla delle connivenze che hanno consentito la latitanza di Provenzano per 40 anni.
Più di un capitolo è dedicato ai rapporti del PCI-PDS-DS con la mafia.
Il pezzo forte, per me che non conoscevo bene la questione, è la storia di Mirello Crisafulli, oggi senatore PD.
Al di là di responsabilità penali che la magistratura ha accertato non esserci, mi chiedo però come un “nostro” politico possa incontrare boss del calibro di Bevilacqua e non essere cacciato a calci nel culo dal mio partito. Perdonatemi la franchezza.
Sarebbe bello iniziare una campagna di sensibilizzazione per far si che politici come Crisafulli si tolgano dalle scatole.