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Immedesimazione

Sto iniziando a ragionare come loro. Cioè, come i dirigenti del partito democratico. L’arguzia politica è degna di menzione. Hanno accettato il diktat sull’IMU perché chiederanno qualcosa in cambio. E’ la politica, baby. Hanno accettato di scaricare su tutti noi (con l’aumento delle accise sui carburanti, sull’alcol, su giochi e lotterie, con il taglio alle spese che si sa quasi sempre dove vanno a parare) la cancellazione dell’IMU sulla prima casa anche per chi se la può permettere perché chiederanno qualcosa in cambio. Qualcosa di grosso. Di veramente grosso: chiederanno al PDL di smetterla con gli attacchi alla magistratura, alla Corte Costituzionale e di accettare serenamente la sentenza di condanna di Berlusconi e la sua decadenza da senatore. Mi sembra uno scambio ragionevole, o sbaglio?

Raccontiamo le cose che possiamo fare insieme

Albinea 2010, la prima volta. Anche se tutto è iniziato qualche mese prima a Milano, al Circolo Bellezza. Il 2011 l’ho saltato, mannaggia a me. Poi il 2012. E si arriva al 2013, #wdays. Rischio di essere ripetitivo, a distanza di tre anni e più. Ma vi assicuro che non c’è alcunché di ripetitivo nelle discussioni, negli sguardi, negli abbracci, nella passione politica che ha messo insieme questo gruppo fantastico di persone che stanno al fianco di Pippo (e se ho recuparato la passione nella politica lo dedico al 99% a loro). O davanti. O dietro.

Come Nico Giberti. E se vi fidate, tutto ciò che potrei dire di Nico è riassunto nell’orgoglio che sento nel condividere questa foto che ho con lui.

Come Paolo, a cui voglio un gran bene perchè, nonostante le sue piazzate, ha davvero un cuore grande così.

Come Thomas, sempre lucido nelle analisi politiche, capace di sintesi e pensieri lunghi. E se mi viene in mente la gente di Sardegna mi viene in mente Thomas, poche chiacchiere e tanti fatti.

Come la prof Rita, che starei le ore ad ascoltarla parlare di tasse e welfare e lavoro. Strano no?

E tutte le persone che ho conosciuto in questi anni o in questi giorni. Dovrei fare come sui ringraziamenti dei libri o dei dischi, quando a volte l’elenco è talmente lungo che l’artista taglia e scrive I know who you are.

E poi c’è Pippo.

Ho imparato, in questi anni, a conoscere i suoi silenzi, i suoi sguardi, le sue battute, le sue parole. Mai banali. Mai banale. La tre giorni di Reggio Emilia ha consegnato al PD un leader, perchè solo i leader tracciano i percorsi. E ciò che dovrebbe essere il PD, a partire dal prossimo congresso, Pippo l’ha detto con estrema chiarezza. Uguaglianza. Lavoro. Cultura. Diritti. Ambiente. Donne. Sud. Queste le parole chiave, a partire da una partecipazione di tutti, e soprattutto degli esclusi, degli elettori, perchè troppe volte le decisioni, in questi anni, sono state prese tra pochissimi.

E poi c’è il lato umano, spesso dimenticato dalla politica, abituati come siamo agli uomini soli al comando, alla finta rappresentazione di sè stessi. Sentite: “Io sono un pò schivo, un pò modesto, non sono uno di quei leader aggressivi a cui ci siamo abituati, leader mediatici. Sono fatto così. Ma per una forma di modestia intellettuale, morale, culturale. E’ che non penso di essere così importante. Mi piace di più raccontare le cose che possiamo fare insieme”.

Raccontare le cose. In un partito a un Paese che ha smarrito ogni forma di narrazione. Che brucia le storie personali e quelle collettive, in nome della responsabilità. Della governabilità.

Insieme. Un progetto collettivo per rifondare il centrosinstra per come ce l’eravamo immaginato, nel 1996 con l’Ulivo e nel 2007 con la nascita del PD.

Un compito storico. E noi saremo parte di questa storia. Con le nostre idee e con le nostre facce. Insieme a chiunque voglia metterci idee e faccia. Perchè le cose cambiano, cambiandole.

Cantare con i piedi a terra

Non starò a menarmela più di tanto con analisi politologiche, anche perchè non è il mio mestiere. Ma al netto della soddisfazione per il risultato del centrosinistra (esiste ancora nei comuni, sapete?) e del PD, e della gioia infinita per aver cacciato dal Campidoglio i fascisti e il peggior sindaco che Roma ricordi (oltre Giubilo, oltre Carraro), occorre restare con i piedi per terra. Perchè l’astensionismo raggiunge livelli record (secondo alcuni, tipo D’Alimonte, è un bene, sintomo di consapevolezza e democrazia), e perchè, sostanzialmente, non c’erano avversari “politici”. Bene i nostri amministratori, che dimostrano ancora una volta che c’è una classe dirigente locale capace e apprezzata dai concittadini (poi magari vanno “a Roma” e si perdono, sigh). Spesso scelti con le primarie, che vanno tutelate e valorizzate come meritano. Però, davvero, non avevamo avversari (lo dice anche Makkox, a modo suo). Nel senso che laddove il centrodestra si presenta con le facce (pessime) dei propri amministratori e non con il faccione del cavaliere in prima persona, non riesce più a racimolare risultati (stesso discorso per la Lega sgretolata). E questo dovrebbe far pensare, nel PD, perchè se il PDL sta sopravvivendo, in questa fase politica, lo deve essenzialmente a noi. Teniamo in vita un cadavere sempre pronto a farci la pelle, appena si riprende un pò (e grazie ai nostri errori). Che altro dire: i commenti davvero fuori luogo sono quelli di Enrico Letta, che attribuisce ai cittadini l’intenzione di rafforzare l’intesa PD-PDL, quando in nessuna città nelle quali si è votato il PD si presentava con il PDL, per dire. O chi vede nel risultato di giugno la rivincita di febbraio. Rivelando superficialità d’analisi. O, peggio, malafede. Affinchè tutto resti com’è. Per evitare di discutere di temi: lavoro, ambiente, energia, scuola, welfare, trasporti. Davanti alle parole dei vertici del PD, sempre uguali a se stesse, emerge con sempre maggior forza la necessità di un congresso vero.

Il partito nè-nè

L’analisi di Ilvo Diamanti, su La Repubblica di oggi. Il PD non riesce a liberarsi di Berlusconi….

…anche e soprattutto perché il Pd non è mai riuscito ad affermare una propria, specifica, identità. È un partito né-né. Né socialdemocratico né popolare. Semmai post. Dove coabitano, senza amore, postcomunisti e postdemocristiani (di sinistra). Un partito im-personale. Che utilizza le primarie per selezionare leader poco carismatici e lasciar fuori quelli più pop (olari). Un “partito ipotetico”, ha scritto Eddy Berselli nel 2008. Rassegnato a perdere, anche quando vince – o quasi. Perché coltiva il mito della sconfitta –  e dell’opposizione. In fondo, anche Berlusconi, per il Pd e la Sinistra, è un mito. Negativo, ma non importa. Perché i miti, si sa, non muoiono. Per non morire berlusconiani, dunque, non c’è alternativa. Occorre costruire un’alternativa: “senza” Berlusconi. “Oltre” Berlusconi. Solo a questa condizione è possibile sopravvivere a Berlusconi. Il Pd, per questo, deve cambiare in fretta. Individuare e comunicare una propria, specifica identità. Con poche parole e una leadership forte. Prima delle prossime elezioni. Non gli resta molto tempo.

La mossa del cavallo

Popolino riassume in poche righe lo spirito necessario ad affrontare le prossime settimane:

“…Ma è questa la sfida, è questo lo scenario. Conquistarsi il voto ogni giorno come chi non ha più niente da perdere, e quindi non ha più paura di niente: come in uno stallo alla messicana, e chi ha visto il film lo sa, che dei tre è meglio essere il Buono. Puntando non su soluzioni di compromesso, ma su soluzioni presentabili: presentabili al Paese, non al Palazzo. E poi lasciare che il Palazzo voti come vuole, presunti esegeti delle istituzioni e gruppettari scatenati, senza distinzioni: con la preoccupazione di fare le cose giuste messa molto davanti a quella di esser spediti a casa, ma soprattutto messa davanti a tutti coloro che avranno la responsabilità di approvarle o bocciarle, favorire l’interesse comune o il proprio. Buttare la palla dall’altra parte del campo, una buona volta, e vedere che succede. Se non funziona, avere la coscienza a posto, che già sarebbe una bella novità…”

 

La stessa barca, per tutti

Il “problema” di M5S non è Bersani. Il “problema” di M5S è il Pd. A torto o a ragione. Per me a torto, ma tant’è. Quindi non vedo come e perchè Renzi dovrebbe riuscire laddove Bersani dovesse fallire. E non essendoci alternative digeribili ad un governo di cambiamento che si regga sull’appoggio di PD, SEL e M5S, qualora Bersani non dovesse riuscire a formare un governo una soluzione potrebbe essere affidare l’incarico ad una personalità esterna al PD. Ma molto vicina.  Vedremo.

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Cambiare per non morire – Pt.2

Cosa ci attende nei prossimi giorni, da un punto di vista politico, non si sa. Bersani va sostenuto nel suo tentativo di dar vita ad un governo di minoranza che si prefigga di attuare i punti (in gran parte noti) che scaturiranno dalla direzione nazionale di mercoledì. Ce la farà? Ad oggi sembra che M5S non sia disponibile a concedere alcuna fiducia, e Grillo ha messo in guardia i suoi dal tener conto della Costituzione. Grillo chiederà che ci sia qualcun altro al posto di Bersani? Ad oggi non è dato saperlo. Bersani si è detto indisponibile a mettere la sua faccia e il suo nome su qualsiasi altro progetto diverso da quello sopra ipotizzato. Napolitano farà un ultimo tentativo di formare un “Governo del Presidente”, magari a guida Draghi, votato da pezzi di PD, PDL, Monti? Potrebbe, ma ciò significherebbe l’esplosione del PD, visto che innumerevoli dirigenti e militanti si sono detti pronti a restituire la tessera in caso di accordo con il PDL.

Resta la strada delle elezioni subito. Avendo, forse, il vantaggio di potersi presentare al Paese imputando a M5S la mancata volontà di cambiare, quando ne avevano l’occasione. Strada scivolosissima, perchè di cose da farci “perdonare” ne abbiamo, M5S punta a prendere la maggioranza del Paese, e con il Porcellum basta poco di più rispetto a quanto hanno già raccolto. È la democrazia, baby. Strada che rischia di essere ancora più scivolosa (e foriera di ulteriore emorragia di voti), se davvero non si percepisce che la gravità della situazione è direttamente proporzionale al tasso di cambiamento che deve essere messo in campo per contrastare lo tsunami 2. Le prime notizie che giungono dal fortino non sono confortanti. Anche se la legislatura dovesse essere brevissima, non si può pensare di confermare i capigruppo uscenti di Camera e Senato. Significherebbe davvero non aver capito nulla di ciò che sta accadendo nel Paese. E non si può pensare, in caso di elezioni immediate, di concorrere con le medesime liste di candidati. Occorre applicare il codice etico in maniera ancora più rigorosa: se ci sono altri casi Crisafulli, anche meno eclatanti, fuori. Occorre andare oltre lo statuto e prevedere il limite di tre mandati per i parlamentari. Senza interpretazioni bizantine. E non mi venite a parlare di esperienza da preservare, chi ha fatto tre mandati l’esperienza se l’è fatta. In lista ci mettiamo solo chi ha fatto le primarie. Niente doppi incarichi. Chi sa di essere in condizioni di incompatibilità con quanto previsto dalla statuto o si dimette dall’incarico PRIMA delle elezioni o non si candida. Forse non ce la faremo nemmeno così, ma non abbiamo scelta.

Basta con i caminetti

Si viene a sapere che martedì sera, a S.Andrea delle Fratte, c’è stata una riunione del PD alla quale hanno partecipato:

Massimo D’Alema,
Walter Veltroni (!),
Dario Franceschini,
Piero Fassino (!!),
Pierluigi Bersani,
Anna Finocchiaro,
Cesare Damiano,
Debora Serracchiani,
Luciano Violante (!!!),
Enrico Letta,
Paolo Gentiloni (!!!!!),
Rosy Bindi .

Sembra addirittura che durante la riunione abbiano prese delle decisioni. A quale titolo, non si sa. Non mi risulta che esista un organismo dirigente formato dai partecipanti alla riunione. Così non va. Non va.