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Dal mondo della fantapolitica al mondo del possibile

Credo che immaginare come fattibili alleanze con un PD derenzizzato sia un grave errore politico. Alcuni hanno proclamato ai quattro venti e fino a pochi giorni fa che non esiste differenza tra il PD e il centrodestra. Però oggi si ritiene possibile allearsi con il PD dopo il voto, magari contando su un magro risultato elettorale del Partito Democratico la cui responsabilità, secondo raffinatissimi strateghi, dovrebbe cadere tutta in capo al Segretario. Ciò dovrebbe indurre una contromutazione genetica e un ritorno alla ragione degli affidabilissimi neoparlamentari del PD, scelti direttamente da Renzi, magari già bersaniani della primissima ora. Auguri.

Personalmente non so se in LeU la pensino tutti così, ma in ogni caso se il primun inter pares nonché leader Pietro Grasso dice qualcosa, si immagina che siano tutti d’accordo. Se si tratta di responsabilità e di punti programmatici, mettiamoci dentro pure Berlusconi, che è uguale a Renzi, o no? Magari qualcosa concede pure lui.

Se, come si diceva all’atto della nascita di LeU, che le azioni sono state ripartite al 50% a MdP, al 35% a SI e al 15% a Possibile, allora è ovvio che qualcuno sta già esercitando la golden-share sull’impresa. Resta solo una domanda ai fuoriusciti dal PD della prima e dell’ultima ora: ma avete fatto tutto ‘sto casino per ri-allearvi con il PD?

p.s. amici del PD, astenersi dai commenti. La questione è tutta interna alla nascente sinistra, voi siete di bocca buona, vi fate passate un esercito di aratri sulla panza senza batter ciglio.

 

Il pezzo che manca alla sinistra unita a metà

Nel fine settimana scorso si sono svolte le assemblee provinciali unitarie di Sinistra italiana, Possibile e MdP per definire i delegati (1500) che parteciperanno all’assemblea nazionale del 3 dicembre prossimo, appuntamento che segnerà il via ufficiale della lista unica di sinistra in vista delle elezioni politiche di primavera, con tanto di nome, simbolo, e probabilmente leader (se Pietro Grasso scioglierà la riserva).

Come tutti sapete coloro i quai si sono riconosciuti nel percorso iniziato a partire dal 18 giugno con l’assemblea del Teatro Brancaccio non ci saranno, a seguito dei contrasti scoppiati nelle settimane scorse e che non poche polemiche hanno generato in questi giorni.

Lungi dal volere in alcun modo contribuire alle polemiche di cui sopra, spesso sopra le righe, talmente fuori le righe, anche da parte di importanti dirigenti di partito, da farmi pensare che non si stava spettando altro che il momento di rovesciarsi reciprocamente addosso un bel po’ di veleno che si era evidentemente accumulato nelle settimane precedenti, provo a dire la mia su quanto accade in questi giorni.

Nutro un senso di delusione, di incompletezza, e quindi anche di disillusione.  Mi hanno colpito negativamente le reazioni stizzite dei partiti davanti alle critiche mosse da Tomaso Montanari e Anna Falcone,  che a loro volta non sono stati teneri nel criticare chi, fino a poco prima, doveva essere un fidato compagno di viaggio. Senza voler demonizzare il percorso intrapreso da SI, Possibile e MdP, sicuramente partecipato (e la partecipazione è sempre una buona notizia), e soprattutto partecipato da tantissimi compagni che conosco di persona e ai quali riconosco capacità e ottime intenzioni, però credo che di fondo, nel voler proclamare la propria autonomia e autosufficienza rispetto ad altri percorsi partecipativi, e nel contempo invitare tra le proprie fila chi in quei percorsi interrotti si è riconosciuto, commettano un errore di valutazione abbastanza evidente.

Mi spiego con un esempio, e mi perdoneranno le persone che cito nel caso lo stia facendo a sproposito, ma credo che quanto riferito a loro sia comunque paradigmatico e applicabile anche ad altre realtà.

Tra le associazioni che hanno aderito al percorso del Brancaccio c’è Baobab Experience, che tutti a Roma abbiamo imparato a conoscere per l’opera meritoria ed eroica che compiono quotidianamente in aiuto dei rifugiati in transito nella nostra città. Chi fa politica di questi tempi sa quanto sia complicato “istituzionalizzare” (perdonatemi il temine) associazioni che operano nel sociale, da un lato per una loro naturale ritrosia a tenere rapporti con i partiti che stanno nel palazzo (nonostante, e questo va conosciuto, quanto Stefano Fassina, Pippo Civati, Nicola Fratorianni si siano spesi, anche in parlamento, per dare voce alle loro battaglie), dall’altro per la loro variegata composizione che rende quel mondo, i loro volontari, difficilmente inquadrabili all’interno delle singole forze parlamentari. Però Baobab Experience si è ritrovato nel percorso del Brancaccio, al pari di altre associazioni che quel 18 giugno hanno partecipato, sono intervenute e hanno iniziato una collaborazione, a fare rete tra di loro per dare un contributo alla costruzione di una sinistra che fosse la più ampia e contaminata possibile. In questo senso il mondo del Baobab, e altri con loro, sarebbe stato un valore aggiunto per tutta la nascente sinistra italiana. Nei giorni scorsi Andrea Costa, il loro portavoce, ha sottoscritto l’appello rivolto ai partiti affinché fosse riaperto il dialogo con le 100 piazze per il programma promosse da Montanari e Falcone. A questo appello i partiti hanno risposto tempo scaduto, invitando chi aveva partecipato a quelle assemblee ad unirsi durante gli incontri del 25 e 26 novembre scorso. Ecco, l’errore di fondo sta nel pensare che la partecipazione dei singoli, per esempio di Andrea Costa, sia equivalente alla partecipazione dell’associazione che rappresenta. Come se i singoli, con tutto il rispetto, possano in sé racchiudere le esperienze di un mondo e rappresentarlo all’interno di un percorso politico.

Non funziona così. Purtroppo.

Si è persa l’occasione per amalgamare mondi differenti, e la cosa che mi fa impressione è che i partiti non se ne stiano curando molto, tetragoni nella loro scelta di utilizzare le assemblee per blindare scelte che hanno fatto sostanzialmente a tavolino salvo concedere a chi avesse partecipato, da non iscritto, qualche posto in lista. Liste bloccate, peraltro, tanto osteggiate quando si tratta di discutere di leggi elettorali ma altrettanto apprezzate quando si vogliono evitare sorprese e i voti delle assemblee servono a ratificare anziché a scegliere. Sostanzialmente il de profundis delle primarie, tanto care a molti, ma evidentemente non più attuali.

Tralasciando poi i giudizi personali su Tomaso Montanari e Anna Falcone (“Stronzi”, “Hanno rotto il cazzo, loro e il loro civismo”, “Hanno iniziato loro” mi ha scritto un altissimo dirigente di uno dei tre partiti al qual chiedevo di metter fine alle polemiche e cercare una strada unitaria), che sono anche loro due persone per bene, preparate, coerenti e che non hanno chiesto alcunché per loro, altro motivo del contendere sono state le richieste che hanno formulato in merito alla futura composizione delle liste per la composizione del Parlamento. La presenza nei posti concretamente eleggibili della lista proporzionale di un 50% di donne; di un 30 % di under 40; di un 50% di candidati mai stati in Parlamento e infine la non candidabilità di chi ha avuto ruoli di governo. Tali proposte sono state bollate come un mix di rottamazione e grillismo. Obiettando che l’inesperienza ha prodotto una legislatura nella quale i “giovani” parlamentari non hanno brillato per capacità. Ecco, anche questa mi sembra un argomento un po’ misero per opporsi alla richiesta di Alleanza Popolare, come ad arrendersi all’ineluttabilità dell’equazione giovane età=inesperienza=fallimento, come se la differenza non debba essere fatta dalla qualità delle persone che si scelgono a prescindere da esperienza ed età. Che poi capirei avessero proposto il 100%, ma si sono limitati a percentuali molto più basse…

Insomma, invece di avere l’ambizione, a sinistra, di far meglio di quanto fatto nel recente passato al PD e da M5S, si è preferito volare basso, ed arrendersi al destino cinico e baro che non consente di selezionare al meglio le classi dirigenti del futuro, Un po’ poco.

In definitiva si poteva fare meglio,  e di più, e siccome molti di noi vogliono la luna accontentarsi di un cielo con qualche stella e molte nuvole sparse, personalmente, non mi rende entusiasta.  Soprattutto temo che l’effetto moltiplicatore che ci sarebbe stato con un percorso condiviso verrà fatalmente meno. 1+1+1+1+1 avrebbe potuto fare 10, anche 12. Temo invece che 1+1+1 farà 6, 7. Ciò non toglie che continuerò a seguire con interesse tutto ciò che si muove a sinistra, perché quella è casa mia.

 

Minniti:Orlando=Bossi:Fini

12/12/2016 Roma, Quirnale, giuramento del governo Gentiloni, nella foto Andrea Orlando e Marco Minniti

Una proporzione matematica che diventa equivalenza politica e sociale, nei suoi effetti.

Mi direte che i medi, gli estremi, non sono fatti della stessa pasta. Ripeto: gli effetti sono i medesimi. Criminalizzare la povertà è semplicemente aberrante. Come a suo tempo era (e resta) aberrante criminalizzare l’immigrazione. Possono bastare le parole di Roberto Viviani, del Baobab.

Poi mi sfugge, sarà un mio limite certo, come l’argomento non sia oggetto di rimostranze da parte dei sostenitori della candidatura di Andrea Orlando alla segreteria del PD, soprattutto quelli-che-vorrebbero-un-PD-più-a-sinistra-e-quindi-sosteniamo-Orlando-contro-Renzi-così-sarà-salva-l’unità-del-PD-e-finalmente-diverremo-un-partito-di-sinistra.

Come ha detto Pippo Civati ieri sera, destra è chi destra fa. Fatevene una ragione.

Ascoltare, capire, partecipare

Sabato mattina sarò al Teatro Quirino, a Roma, all’incontro che segna l’inizio di un percorso che spero porterà lontano.

Vado per ascoltare quello che avranno da dire le persone che lì si riuniscono. Che siano parlamentari, semplici cittadini, persone attive nella società, precari, insegnanti, amici, compagni.

Vado per capire se sia davvero finito il tempo delle ambiguità e per ascoltare parole chiare sui rapporti con il Partito Democratico.  Mi aspetto questo soprattutto dai compagni di SEL, ai quali mi sono rivolto nei giorni scorsi per chiedere loro, dal mio modestissimo osservatorio, di fare scelte coraggiose e coerenti. Sinceramente non vedo perché chi è uscito dal PD dovrebbe tornare a farsi il sangue amaro inseguendo improbabili alleanze. Sostenere questa tesi è solo gettare benzina su un fuoco di polemiche che andrebbero semplicemente evitate, se basate su illazioni e considerazioni di fantasia. Del resto lo schema nazionale mi sembra abbastanza chiaro: pur di fermare l’avanzata di M5S Renzi farà di tutto, dal cambiare nuovamente l’Italicum ad alleanze organiche e strutturali anche con Forza Italia, in nome di non so quale pericolo incombente  sulla Nazione. A meno che il pericolo non si chiami democrazia.

Vado per partecipare, con il mio umilissimo e piccolissimo contributo di cittadino, ad un progetto al quale tengo da tempo e che nasce da una esigenza che non è più eludibile, visto anche il fallimento del progetto del PD: dare voce, forza, rappresentanza, nel nostro Paese, nelle nostre comunità, alla sinistra. Semplicemente. Sui temi della legalità, dell’uguaglianza, della giustizia, dei diritti, dell’ambiente, del lavoro, della mobilità, del welfare.

È una sfida agli esiti incerti, difficile, difficilissima, che ha visto fallire molti in passato. Ma chi ha veramente a cuore la nascita di una forza di sinistra ampia, plurale, moderna, europea, aperta alla partecipazione e soprattutto che non aspiri a essere residuale ma ad essere forza di governo nel Paese e nelle città, non può che esserci, sabato mattina al Teatro Quirino. Non è, questo, il tempo dei distinguo, delle ripicche personali, dei processi alle intenzioni, dell’isolazionismo. Non mi interessano le sigle, le formule. Mi interessano i contenuti. I metodi. E va bene la costruzione dal basso che procede di pari passo con la costruzione dall’alto, se alto vuol dire dare maggiore voce anche in Parlamento, nelle Istituzioni alle battaglie che “il basso” discute, prepara, anima con passione e competenza. Dividersi ancora prima di partire è un errore. C’è tanto da fare. Tanta strada da percorrere e suole da consumare. Competenze, esperienze, idee da mettere a fattor comune. Personalmente vorrei che fossimo in molti, moltissimi, e che nessuno, almeno per ora, restasse indietro o pensasse di fare balzi in avanti in solitaria.

L’ennesima analisi del voto

Beh due parole sulle elezioni Europee vanno pur dette, no? Il PD al 40,8% è un sogno di molti di noi, si è andati oltre le più rosee aspettative e probabilmente nemmeno Veltroni avrebbe mai immaginato di arrivare a tanto.

In termini percentuali, s’intende, visto che il 33% del 2008 corrispondeva ad un numero maggiore di voti rispetto al 40,8 odierno. Ma tant’è, la disaffezione al voto sarà un problema che anche il PD dovrà affrontare ma ad oggi di certo non inficia il meraviglioso successo dell’ultima tornata elettorale.

Politici, politologi, analisti, commentatori, giornalisti, sociologi, antropologi e pseudo-tuttiquellidiprima hanno già dato la loro chiave di lettura. Cittadini, militanti, avversari hanno fatto altrettanto, il web se ne cade di analisi del voto e anche io, che non sono nessuno, aggiungo qualche considerazione. Io credo che il risultato della settimana scorsa sia prima di tutto un voto di speranza. Nel senso che molti di quelli che hanno scelto di tornare a votare per il PD (lo zoccolo duro c’è sempre) o lo hanno votato per la prima volta sperano davvero che Renzi e il PD possano dare un futuro a questo Paese. Un voto che non sarà eterno, dunque, ma che potrà essere ribadito solo se le speranze non andranno deluse. Un voto in prestito, insomma, pronto ad andar verso altri lidi un’altra volta. In questo gli italiani sono maestri, diciamo.

Poi ci sono quelli che vogliono rifare la DC, quelli che vogliono un leader forte, quelli che si sono spaventati dalla deriva fascista di Grillo, quelli che votavano Forza Italia e Scelta Civica e UDC e pensano che il PD Renziano possa essere la loro nuova casa (dove magari entrano e mettono i piedi sul tavolo).

Poi ci sono quelli di sinistra, che vedono nel PD l’unico modo di dare peso alla sinistra, che esiste ancora, in questo Paese. Fortunatamente.

Un successo di tutto il PD, perché non mi sembra che ci siano stati amici e compagni che si sono risparmiati, in questa campagna elettorale. E aver convinto a votare PD anche chi era ed è critico nei confronti del PD è comunque un atto di fiducia verso chi fa di tutto affinché il Partito Democratico continui a parlare di ambiente, di diritti, di conflitto di interessi, di consumo di suolo, di lavoro, di precari. E i risultati si sono visti.

Renzi c’ha messo del suo, è indubbio e gliene va dato atto. Però occorre far buon uso del consenso enorme ricevuto. Pensare di comandare, non consentendo alle minoranze di apportare un contributo fecondo al dibattito nel Paese e nel Parlamento sarebbe un errore gravissimo. E sarebbe anche molto poco democratico. A dirla tutta, Renzi del PD fino ad ora si è occupato davvero poco. E i capi e capetti locali, quelli che, per dire, hanno ridotto il PD di Roma in un coacervo di interessi personali che si intrecciano e si mescolano a seconda delle convenienze del momento non riuscendo ad elaborare uno straccio di proposta politica e programmatica per la città, sono saliti tutti sul carro del vincitore.

Poi, peseranno i fatti. I provvedimenti. E saranno solo quelli a dirci quale sarà la direzione intrapresa dal PD. Se prevarrà l’istinto della balena o se il PD diventerà la casa comune di tutti i progressisti italiani, come auspicavamo quando abbiamo contribuito a fondarlo.

Non ve lo nascondo, un po’ sono preoccupato. Morire centrista proprio non mi piacerebbe, ecco. E allora l’impegno a tirare il PD a sinistra si rinnova. Con tutti i miei compagni di viaggio.

Ultime letture

Tutti consigliati, ovviamente.

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Del libro di Pippo parlerò a parte.

Number one Jennifer Egan (bellissimo anche Il tempo è un bastardo), soprattutto per la forma. Scatola nera è scritto sotto forma di tweet. Ogni periodo non è più lungo di 140 caratteri. E funziona alla grande.

Manzini ti fa appassionare al suo personaggio Rocco Schiavone, stronzo quanto basta.

Blondel è una scoperta (grazie a Fabio Luzietti e Valentina Catalucci di Radio CIttà Futura).

Manifesto dell’antimafia ci fa fare i conti con noi stessi. Da tenere sul comodino, in borsa, in macchina. Per ricordare sempre. A maggior ragione oggi che è 23 maggio.

Riformare le riforme (e non solo)

La strada è lunga è tortuosa, ma le cose accadono facendole accadere. E le brutte riforme si modificano (si spera) facendo proposte alternative a quelle in discussione.

La prudenza non è mai troppa, ma quanto si sta verificando in queste ore dà un (ulteriore) senso al nostro stare in campo.

E a chi continua a dire, quasi ossessivamente: andatevene da questo partito, sapete solo criticare, non volete bene al vostro segretario, siete sfascisti, gufi, rosiconi, grillini, diciamo NO. Finché ci sarà spazio per il confronto, per il dibattito, per il ragionamento noi saremo qui con le nostre idee perché il PD è anche casa nostra. E ci staremo con gentilezza e determinazione, abbassando i toni e alzando i contenuti, proseguendo nel coinvolgere le persone sui temi e sulle proposte, perché la politica è un progetto collettivo.

Perché questo sappiamo fare.

E poi magari, un giorno, la minoranza diventa maggioranza.

Perché Ilaria Bonaccorsi? #PerchéSinistra

Inizia domani ufficialmente la campagna elettorale per le Europee di Ilaria Bonaccorsi, candidata nelle liste del Partito Democratico. Ci si vede a Roma, al Teatro Eliseo, con Ilaria, Pippo Civati e un po’ di amici.

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Le ragioni della sua candidatura Ilaria ce le spiega qui.

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Resettare la memoria

La ricerca sui siti la lascio a voi, ma non dovrebbe essere difficile. Il web ha memoria di tutto e sicuramente si ricorderà di quando Renzi rivendicava il diritto al dissenso interno, e non faceva mancare l’attacco quotidiano al segretario Bersani o al governo che il PD sosteneva. E’ passato un secolo dalle primarie del 2012.

Ora non si può più dissentire. O si è con il capo o si è con il capo. Memoria corta il ragazzo, veh? Una memoria talmente corta che travolge tutto: buon senso, professoroni, rispetto per le storie personali. Chi vince piglia tutto, altrimenti quella è la porta.

Beh, di certo non aiutano gli incontri paralleli nei quali si organizzano le minoranze, se non altro perché danno spesso l’impressione di preparare trappole, rivincite, e poi molti di quelli che partecipano hanno fatto così tanti danni, anche in un passato recente, che sarebbe meglio se stessero buoni buoni a godersi l’oblio che avanza inesorabile.

Altro è presentare proposte alternative sui temi che agitano le acque nel centrosinistra e nel governo: lavoro, riforme, consumo di suolo, F-35, Europa. E su queste discutere con i cittadini, con gli elettori. In giro per il Paese. Senza slogan ma con la fatica del ragionamento. Quello che fa Civati, insomma.

Resoconto del #confrontomaivisto

Bella, bellissima serata sabato a Minturno per il #confrontomaivisto.

Un pensiero ai presenti e agli assenti. E si, perché rispetto al “cartellone” iniziale ci sono stati un paio di cambiamenti. Gennaro Migliore non ha potuto partecipare a causa di un lutto in famiglia (e ancora un volta desidero fargli sentire la mia personale vicinanza). La senatrice M5S Ivana Simeoni, invece, un paio di giorni prima dell’evento ha dovuto declinare l’invito per “problemi interni al movimento”. Aspettiamo entrambi a braccia aperte, in qualsiasi momento.

Quindi è toccato a Walter Tocci, Raffaella Bolini e Giuseppe D’Acunto (segretario del circolo locale di SEL in sostituzione di Gennaro Migliore) farsi torchiare da Alessandro Gilioli, giornalista de L’Espresso e blogger.

Alessandro Gilioli

Alessandro Gilioli

Si è quindi discusso di riforme, Costituzionali ed elettorali. Di lavoro, di precariato, di job(s)-act. Di Europa. E delle prospettive di “riunione” in un unico grande soggetto della varie anime della sinistra italiana.

Walter Tocci

Walter Tocci

Walter Tocci, firmatario insieme ad altri 22 senatori del PD di una proposta di riforma alternativa rispetto a quella governativa, invita alla prudenza sulle riforme della Costituzione (sul suo blog potete leggere tutti i suoi interventi più recenti) e, su domanda precisa di Alessandro Gilioli, anticipa il suo voto contrario al “modello Renzi” qualora tale proposta di riforma del Senato dovesse arrivare in aula immodificata . Tra le affermazioni, sensatissime, di Tocci, quella che mi piace di più è la dichiarazione di fallimento della sua generazione come padri costituenti: troppe volte, in questi anni, sono state fatte pessime riforme, anche dal centrosinistra, e quindi meglio lasciare questo compito ad altri. In merito al dibattito in corso nel nostro paese su temi “sociali”, Tocci ha lodato le buone intenzioni dell’agenda Renzi, ossia il riportare al centro del dibattito la redistribuzione del reddito e il lavoro. Ottimo anche il partire dalla  ristrutturazione degli edifici scolastici come primo segnale di investimento pubblico per creare lavoro e cultura. L’appello di Tocci a Renzi, in sostanza, è stato: occupati dell’Italia, ma lascia stare la Costituzione. Passando alle elezioni europee, il senatore del PD ha evidenziato la novità di questa consultazione: per la prima volta il PSE (e bene ha fatto Renzi a far si che finalmente, dopo anni di tentativi messi in atto dai leader che si sono succeduti, il PD aderisse alla famiglia del socialismo europeo) si presenta con un programma comune ed un leader candidato alla presidenza della Commissione Europea. E se è vero, ad esempio, che grazie all’impegno di Martin Schulz in Germania, seppur in un governo di larghe intese, è stato possibile raggiungere un accordo su un salario minimo universalmente valido, allora con un successo pieno del PSE alle consultazioni del prossimo 25 maggio sarà possibile mettere in atto politiche sociali, economiche (e monetarie, aggiungo io) che potenzialmente possono offrire una risposta concreta alle politiche di austerithy fortemente volute dalla cancelliera tedesca. Infine, sulle prospettive di un soggetto unico della sinistra italiana (e rispondendo alla provocazione di Gilioli: ma tu, Civati, che ci state ancora a fare nel PD?) Tocci ha ribadito la volontà di tener vivo il dibattito parlamentare per preparare il dopo-Renzi, ma continuando a far politica in acque poco tranquille, e  stando nel gorgo per cambiare le cose. Almeno finché non si rischia di affogare.

Raffaella Bolini

Raffaella Bolini

Raffaella Bolini, candidata alla elezioni europee nella circoscrizione centro per la lista L’Altra Europa con Tsipras, sulla riforma della Costituzione ha le idee chiare. Contesta la lettura della JP Morgan che attribuisce alle Costituzioni dei paesi del sud-Europa una eccessiva attenzione ai diritti delle persone e piuttosto auspica che la Costituzione Italiana sia presa a modello ed esportata in Europa piuttosto che modificata secondo quanto pensato dal governo. Sulle politiche economiche del governo Renzi, Raffaella innanzitutto ci rammenta che a fronte degli 80 euro al mese per i redditi al di sotto dei 1500 € netti al mese, ci sono gli incapienti per i quali non è previsto nulla. E, nel merito, le cifre di cui si parla, seppur meglio di niente, sembrano davvero essere poco più di una elemosina. Il sostegno alla candidatura di Alexis Tsipras nasce dalla volontà di costruire un’Europa diversa, fondata sulle persone, sui diritti, sui beni comuni piuttosto che sul blocco dei poteri banche-finanza. E se la Lista Tsipras sarà decisiva nel disegnare il nuovo assetto del parlamento europeo, allora il PSE dovrà scegliere se rivolgersi a sinistra o piuttosto trasferire anche a Bruxelles le larghe intese con il PPE. Alla domanda di Alessandro, che chiede se l’esperienza de L’Altra Europa nasce e morirà con le Elezioni Europee, Raffaella ribadisce la volontà di proseguire oltre la scadenza elettorale, per consentire una interlocuzione costante del mondo dell’associazionismo con i partiti che rappresentano la sinistra nell’attuale Parlamento.

Giuseppe D'Acunto

Giuseppe D’Acunto

Giuseppe D’Acunto, compagno e amico da una ventina d’anni, ha avuto il compito, eseguito egregiamente (qualcuno aveva dubbi?), di sostituire il Gennaro Migliore. Giuseppe ha avuto parole durissime per Renzi (“il guitto di Firenze”), per l’attuale governo e per il percorso delle riforme, e ha messo in guardia, nel suo intervento, dal rischio di deriva autoritaria che si intravede nella sostanza ma anche nella forma, allorquando si utilizzando parole denigratorie nei confronti delle minoranze e di chi dissente, anche con voce autorevole. E a proposito di legge elettorale, ci ha ricordato che uno dei più autorevoli padri costituenti, Piero Calamandrei, eletto in Assemblea Costituente con un partito che raccolse l’1,6% dei voti, ai giorni d’oggi nemmeno potrebbe sedere in Parlamento dato che la legge elettorale proposta dall’asse Renzi-Berlusconi priva di rappresentanza le minoranze con soglie di sbarramento tanto elevate (8% per chi non si coalizza). Giuseppe ha bocciato senza appello l’agenda economica di Renzi, anche perché ci si accorge che sotto i titoli sono nascoste proposte che fanno regredire il Paese in termini di diritti e di benessere economico, come avviene, a suo dire, per le proposte contenute nel job(s)-act che istituzionalizzano la precarietà. Il segretario del circolo cittadino di SEL pensa, piuttosto, che per far ripartire l’economia sia necessario puntare sulle eccellenze produttive del nostro Paese e solo la fidelizzazione della forza lavoro può far mantenere elevati standard di qualità produttiva, soprattutto nella piccola e media impresa. Giuseppe pensa anche che sia necessario un grande intervento di sostegno pubblico al lavoro, che non vuol dire nazionalizzazione delle imprese ma impegnare risorse finanziarie statali per rimettere in moto l’economia del Paese. Sulle prospettive della sinistra in Italia, infine, il rappresentante di Sinistra Ecologia e Libertà ricorda come sia stato il PD a “tradire” il patto di coalizione che vedeva i due partiti presentarsi uniti alle passate elezioni sotto le insegne di Italia Bene Comune e ricorda anche come nel DNA di SEL sia presente l’aspirazione a fondersi in un contenitore più grande e appartenente alla famiglia del socialismo europeo, a patto però di riconoscersi in politiche comuni in tema di diritti, di ambiente, di politiche del lavoro.

Interventi dal pubblico. Il segretario del circolo PD cittadino Franco Esposito che “difende” (semmai ce ne fosse bisogno) Renzi e il suo governo e, rivolto a Tocci, chiede tempo per poter giudicare se farà bene o male. E conclude dicendo che la riforma del Senato, che prevede la nomina di amministratori locali quali suoi rappresentanti, non dovrebbe spaventare il PD, dato che in una siffatta assemblea gli amministratori del PD sarebbero sempre in maggioranza. Risposta di Tocci che ribadisce il concetto: Renzi si occupi di tutto eccetto che della Costituzione. E sulla seconda parte della domanda: non è che si fanno le riforme perché avvantaggiano una parte politica.

Franco Esposito

Franco Esposito

Altro intervento di Gabriele Russo, giovane segretario dei GD di Minturno che invita gli interlocutori a porre una particolare attenzione, in chiave elezioni europee, alla lotta alla criminalità organizzata e alle politiche giovanili.

Gabriele Russo

Gabriele Russo

Che dire, un dibattito serrato, franco, nel quale i protagonisti hanno mostrato tratti in comune (sulle Riforme) e visioni distinte (sull’Europa). Ma le differenze non sono così incolmabili e lasciano ben sperare per le prospettive della sinistra in Italia. Una sinistra che dovrà continuare a far sentire la propria voce per presentarsi in maniera autorevole agli elettori quando finirà l’epoca delle larghe intese (speriamo prima possibile).

Peccato per l’assenza della senatrice Simeoni, perché credo che il confronto sia necessario soprattutto in questo periodo storico e perché credo sia indispensabile coinvolgere, in Parlamento, le persone perbene e di buona volontà che hanno aderito al movimento per cambiare, in meglio, il nostro Paese e non per soggiacere ai diktat dei guru o di attivisti invasati.

Infine, un pensiero a Minturno, che non è un posto facile per fare politica, ma le persone presenti lasciano ben sperare. Noi insisteremo.

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