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Troviamo insieme nuove forme di lotta

Ieri un post di Ivan che ci spiegava l’ineluttabilità della manovra, nella sua forma e nei suoi contenuti. Sono in parte d’accordo con lui, nel senso che il PD si è assunto la responsabilità (quella si, politica e non tecnica) di contribuire a scongiurare il default del Paese e quindi il cul de sac di cui ci parlavano ieri PippoPopolino (che coppia!) non offre molti margini di manovra, anche ai parlamentari del PD ad oggi indecisi se accordare o meno la fiducia in un eventuale voto del Parlamento. Ciò non toglie che, a parità di saldi, l’ennesimo aggiustamento dei conti pubblici poteva essere realizzato con elementi di maggiore equità sociale e in questo senso le scelte politiche del Governo Monti sono sicuramente discutibili. Ciò che mi “divide” da Ivan, invece è il suo giudizio sullo sciopero. Ieri di tre ore, venerdì quello di otto ore che riguarderà anche la mia azienda. Ora io non voglio, qui, riaprire la solita discussione sui sindacati, sull’efficacia della loro azione, sulla loro rappresentatività tra le nuove generazioni. Tutto giusto. Molte critiche che sento rivolgere al sindacato sono corrette, anche per me che un pò ci vivo dentro. Ciò che preme dire, però, è che non si rinuncia ad una giornata di lavoro per compiacere il sindacato, ma per tutelare noi stessi. Allora quello che chiedo a voi, ed Ivan, è di capire insieme se ci siano altre forme di lotta diverse dallo sciopero, oggi. Se i lavoratori, oggi, abbiano altri strumenti per far sentire la propria voce. Per farla sentire, però.

Chi fallisce?

Popolino esprime le preoccupazioni che molti di noi nutrono:

Torniamo alla premessa: se il Pd vota contro, il Paese è a rischio fallimento. Se il Pd vota a favore, si dimostra responsabile, e probabilmente salva l’Italia. Ma quando poi dovrà presentarsi di fronte ai suoi elettori, presto o tardi, quale contributo potrà rivendicare? Come farà a spiegare che quei sacrifici erano necessari, ma che non è stato possibile chiederne altrettanti alla parte più ricca del Paese? Insomma, ci hanno incastrato.

Il resto qui.

Un futuro roseo, per il PD

Una delle principali responsabilità dei gruppi dirigenti che, negli anni, si sono  succeduti alla guida del PD, dei DS, del PDS, è stata quella di impedire che i giovani dirigenti e militanti sviluppassero una loro autonomia politica. Mi viene una tristezza infinita vedere GD che giocano a fare i piccoli D’Alema. Tutti strateghi raffinati. Alchimisti. Intruppati, fedeli, pazienti, nella speranza che prima o poi tocchi a loro. Mai un pensiero autonomo, mai una presa di posizione fuori dal coro dei rispettivi capi, mai uno scatto d’orgoglio. E congressi che si celebrano così. Se questa è la futura classe dirigente del PD, siamo a posto.