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Non ne sarei così orgoglioso

Meni

Vabbè, Menichini appartiene a quella amplissima schiera di esegeti del pensiero Renziano, di ammiratori-a-prescindere che tutto perdonano e che hanno il corpo foderato di acciaio, e altroché aratro sulla panza.

Ad oggi non sappiamo quale sarà l’approdo finale dell’iter delle riforme costituzionali, e dalle cronache recentissime la confusione regna sovrana, a quanto pare.

Menichini parla di convenienza di Berlusconi, nel fare le riforme.

Ed io mi chiedo se possa essere questo un caposaldo delle riforme del Paese.

E parla di consenso popolare.

Quello delle primarie? Quello dei sondaggi? Quello a prescindere?

E vogliamo parlare di restaurazione? Giovanardi che deve riformare sé stesso, Sacconi preferito alla CGIL. E, appunto, Berlusconi padre della patria.

Ma fammi il piacere.

 

 

Corsi e ricorsi storici (sottotitolo: datemi un leader qualsiasi che mi sento meglio)

Se Berlusconi, da premier, avesse proposto la metà di quanto proposto da Renzi in tema di riforme Costituzionali, poteri del Presidente del Consiglio, legge elettorale, avremmo fatto le barricate al grido di golpe.

Per non parlare delle controriforme del mercato del lavoro, della non-concertazione con sindacati e confindustria. Della demagogia. Della retorica del fare. Del populismo.

Cazzo, il populismo. Ci siamo assuefatti pure a quello, a sinistra.

Corsi e ricorsi storici

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A distanza di una quindicina d’anni Massimo D’Alema (a modo suo) riconosce l’errore: non avrebbe dovuto accettare l’incarico di formare un governo (super-ego? amor di patria?). Piuttosto si doveva andare al voto.

A distanza di un paio d’anni e mazzo praticamente tutti riconoscono l’errore: il governo Monti non doveva nascere (super-ego? amor di patria?). Piuttosto si doveva andare al voto.

Probabilmente nei prossimi giorni nascerà il governo Renzi  (super-ego? amor di patria?). Per fare cosa non si sa. Mi resta un po’ difficile credere in un rinsavimento di Alfano & Co (e perché no, anche di Berlusconi, del resto se gli restituisci il ruolo di padre della patria…) tale da consentire di mettere in atto ciò che serve per il lavoro, per ristabilire gli equilibri in Europa. Cosucce, insomma. Se lo schema non cambia, assisteremo ad un altro periodo imprecisato di galleggiamento, di tira e molla, di mezze riforme. Vedremo.

Ciò che è praticamente certo è che, tra qualche tempo, tutti saranno d’accordo sul fatto che sarebbe stato meglio andare a votare.

Ad oggi, la voce contraria sembra essere una sola (anche se la “base” inizia a farsi sentire).

p.s offrire ad Enrico Letta un posto di ministro degli esteri, oppure nella Commissione Europea, sarebbe davvero squallido. Roba da Prima Repubblica.

Leader o caporali

Riforma elettorale: Renzi tenta l?intesa con Berlusconi

In questi giorni si celebrano (!) i vent’anni di Berlusconi in politica. Pensavo bastassero e avanzassero, ma evidentemente non è così. È alquanto sconfortante notare come Berlusconi e Renzi, suo alter ego dalla parte opposta della barricata (fatte le dovute differenze), si stiano giocando i loro destini di leader sulle spalle del Paese. Le modalità con le quali si stanno conducendo le trattative per arrivare ad una nuova legge elettorale sono oscene.

Berlusconi non ha problemi particolari nel suo simil-partito: ordina e si esegue. Anche perché, parliamoci chiaro, questa pseudo-riforma della legge elettorale fa bene solo a lui, che riunirà tutto il mondo del centrodestra, magari con la Lega al seguito, pur di arrivare al fatidico 37%. E in quella partita si giocherà tutto il suo futuro, alla soglia degli ottant’anni e da pregiudicato.

Dall’altra parte Renzi, che pur di passare alla storia come il leader (?) capace di portare a termine un percorso di riforme è disposto a far approvare qualsiasi riforma, buona o pessima che sia. Ed è disposto a portare alle estreme conseguenze lo scontro interno al PD (e se non sono d’accordo che fai, mi cacci?), forte del consenso delle primarie dell’otto dicembre, interpretato come una delega in bianco.

Ecco, tutto ciò serve ai leader (?), ma non al Paese. Nella migliore delle ipotesi, se andasse a votare l’80% degli aventi diritti, con una legge come quella sulla quale si deve prendere o lasciare  si potrebbe formare una maggioranza di governo con una coalizione che racimola il 37,1% dei consensi. Questo significa che governerebbe una coalizione che gode del consenso del 30% del Paese.

Il buon senso suggerirebbe di fermarsi. In una recente trasmissione radiofonica un politologo (non mi ricordo chi) asseriva che in tempi come quelli che stiamo attraversando è inevitabile sacrificare la rappresentatività per la governabilità. Io penso che se l’Italia è arrivata al punto in cui si trova è proprio per assenza di rappresentatività di buona parte dell’attuale classe dirigente. E continuare su questa china significherà perpetuare un meccanismo perverso che alimenterà ulteriormente il disagio, l’insofferenza, la disaffezione.

Tutti hanno tuonato (e molti hanno finto) contro le liste bloccate. Se passa la riforma Renzi-Berlusconi ce le ritroveremo tali e quali a prima, e magari riabiliteremo anche Calderoli. Come dicevo c’è un problema di premio di maggioranza, e anche la nuova legge rischia di essere incostituzionale. C’è il problema delle soglie di sbarramento. C’è il problema della ridefinizione dei collegi. C’è il problema di come tutto questo si sposa con la riforma del Senato , in generale, del Titolo V della Costituzione.

E c’è il problema, piccolo piccolo, di rimettere in campo, per l’ennesima volta, Berlusconi.

Insomma, ce n’è abbastanza per prendere in considerazione un modello diverso. DI legge elettorale e di percorso politico. Merito e metodo.

Proposte alternative non mancano. Si riparta da lì e si cerchi il consenso in Parlamento.

Per il bene del Paese e non per la gloria dei leader. Vecchi e nuovi. Abbiamo già dato.

 

Florence hold’em

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Quello del sindaho non può che essere un bluff, bro’. Le minacce di andare a votare subito non possono che cadere nel vuoto. Alzare la posta con il governo Letta, arrivare al riequilibrio (non chiamatelo rimpasto, mi raccomando) tanto atteso e provare ad incidere sull’agenda politico-economica del Paese. Nel frattempo mettere nero su bianco il jobs-act e tirar fuori uno straccio di testo per la riforma del titolo V e capire cosa si vuol fare del Senato. Che poi, tra l’altro, che riforma elettorale fai se non si sa cosa ne sarà del Senato? Perché Napolitano non scioglierà le Camere tanto facilmente. E poi, tornare a votare con il proporzionale puro e le preferenze costringerebbe anche Renzi ad allearsi con pezzi di centrodestra, così come se decidesse di provare a diventare premier subito, senza passare dalle urne. E dopo la campagna delle primarie, sarebbe la più grande bugia da non perdonare, mai più.

Non sarei proprio entusiasta

Un governo senza Berlusconi difficilmente potrà far peggio di un governo con Berlusconi. E poi, va bene continuare un pò del lavoro fatto fino ad ora. Del tipo: legge di stabilità e legge elettorale (anche il ritorno al Mattarellum sarebbe oro rispetto al Porcellum). E basta. Ma ricordiamo chi sono stati i compagni di strada del PD, fino ad ora, e chi sono i responsabili, oggi. Vedo troppo entusiasmo nelle fila di chi applaude alle divisioni nel PDL. Se nasce la terza Repubblica, oggi, nasce male. Ma proprio male. Continuo a non vedere padri della patria, in giro. E spero di non dover assistere ad un ulteriore e definitivo mutamento politico-antropologico del PD, magari confortato (e tentato) da una evoluzione delle larghe intese in chiave neocentrista. C’è bisogno di sinistra, nel Paese.  Come il pane ce n’è bisogno. E non mi stancherò mai di dirlo: anche per questo si fanno i congressi. Per decidere quale direzione debba prendere il PD. E non venite a dire che del congresso del PD agli italiani non importa niente. L’ho già sentita. Grazie.

Facciamo le cose urgenti e torniamo al voto

Parole sagge, direi.

Pippo Civati e adesso? Non sarà mica che, come da profezia sposettiana, con la condanna di Berlusconi il Pd implode?
“Il Pd non implode ma non è il momento dei giri di parole, occorre una linea più chiara. Questa sentenza è un fatto di straordinaria gravità. Se fossimo stati all’opposizione, ne avremmo dette di tutti i colori”.”Chiarezza sulla durata del governo non si può andare oltre il semestre europeo”

E invece siete al governo con il Pdl.
“Questi compagni di viaggio non riusciamo più a sostenerli. Bisogna rivedere le ambizioni, la durata, le priorità di questo governo”.

Si può tentare di separare la sorte giudiziaria di un uomo, sia pure del leader, dal resto del Pdl?
“Ma come si fa? Scherziamo? Ci dimentichiamo che il Pdl, quando la Cassazione fissò l’udienza, voleva già bloccare i lavori del Parlamento? E ci ricordiamo che l’attuale vicepresidente del consiglio, Angelino Alfano, è autore di leggi ad personam costruite per salvare Berlusconi? Non possiamo archiviare tutto”.

Napolitano invita a non coinvolgere l’attività del governo nel terremoto di queste ore.
“Non è possibile. Il Pd ha speso tutta la sua credibilità sulle larghe intese che ora hanno un equilibrio precario, insostenibile”.

Non le sono sembrate sufficientemente tranchant le parole di Epifani?
“Io non voglio parole tranchant, voglio chiarezza sulla durata e la modalità di questo governo. Bisogna trovare una onorevole via d’uscita”.

Agenda ridotta.
“Mica penso che il governo vada buttato giù domani mattina. Letta non se lo merita. Facciamo la legge elettorale, con o senza Pdl, inquadriamo la legge di stabilità e finiamola lì”.

Vendola dice: il Pd non può avere più un alleato come Berlusconi, condannato per frode fiscale.
“Ci sono battaglie che noi facciamo da sempre. Marrazzo si è dimesso, Penati anche, il Montepaschi ci ha aperto ferite brucianti. Il Pd deve fermarsi e riflettere. Il governo sta lanciando in queste ore una guerra all’evasione fiscale. E’ tutto così scivoloso, come si fa a non capirlo? Come si fa a pensare di andare oltre il semestre europeo e iniziare il cammino delle riforme costituzionali?”.

Berlusconi da ieri è politicamente morto?
“Berlusconi non muore mai… Gli elettori avevano già decretato la sua sconfitta alle elezioni ma noi, i grillini, non siamo stati capaci di costruire qualcosa di alternativo”.

Ripercussioni immediate all’interno del Pd?
“C’è un fronte governista ancora molto ampio. Bisogna capire però se questa cosa regge”.

Secondo lei cosa farà Berlusconi?
“Non lo so. Che si dimetta o no da senatore poco importa, il problema politico rimane tutto. Il problema c’è quando si decide di salvare Alfano dopo lo scandalo kazako. E’ su questo che il Pd deve ragionare…”.

Lei ha definito “giri di parole” le prime dichiarazioni di Epifani. Cosa avrebbe detto al suo posto?
“Avrei detto: “Signori questo episodio compromette la serenità necessaria per fare le riforme. E’ un fatto oggettivo. Ne prendiamo atto. Facciamo le cose urgenti e torniamo al voto””.

Non può essere mai come ieri

Mi verrebbe da dire che, dopotutto, anche dopo la sentenza della Cassazione non cambia niente. Perché vent’anni di presenza sulla scena politica italiana questo hanno prodotto. Una sclerotizzazione delle posizioni, una mitridizzazione di parte dell’opinione pubblica. Chi pro, chi contro. Al di là del merito. Delle sentenze definitive. E non contano le leggi ad personam, i giuramenti sulla testa dei figli, i disegni sulle lavagne, le cinque promesse, la nipote di Mubarak, l’induzione alla prostituzione minorile, la televendita della politica. Tutto dovrebbe proseguire esattamente per com’è andata fino ad ora. I discorsi in TV, l’attacco alla magistratura, l’eversione, il conflitto (inventato) tra poteri dello Stato. Il complotto. Le larghe intese. Ma sapevamo con chi avevamo a che fare, o no? Le cose sarebbero dovute cambiare tanti anni fa, perché non c’era voto popolare che giustificasse l’elevazione a padre della patria, il salvataggio dall’ineleggibilità, il dialogo. Fino alle larghissime intese. Con chi ha un tale disprezzo delle istituzioni non si governa. Con un pregiudicato non si scende a patti, foss’anche per il bene del Paese. Punto. Deve cambiare tutto, da ieri.

Corde che si spezzano

Non va. Non può andare così. Anche il senso di responsabilità ha un limite. Quand’anche fosse responsabilità. E nel caso di molti nemmeno lo è. Si tratta piuttosto di un disegno preciso. Perchè si sapeva dall’inzio che la situazione sarebbe stata esattamente e irrimediabilmente questa. Un ricatto continuo. E quindi serve un’altra responsabilità. Non quella nei confronti delle cose da fare, che tanto questo governo non riuscirà a fare nulla di ciò che serve realmente al Paese (e anche questo si sapeva). Serve la responsabilità politica di ammettere i propri errori, ossia che questo governo, così come è nato, nemmeno doveva nascere. Diciotto mesi, poi due anni, poi tre. Per fare cosa? Per fare da stampella ai guai giudiziari di Berlusconi? Perchè altrimenti cade il governo? Ma la dignità, in questo partito, che fine ha fatto? Abbiamo digerito i rinvii su F-35, su IMU, sulla legge anticorruzione (approvata oggi all’unanimità in commissione giustizia, ma voglio vedere in aula). Adesso anche le forzature nei riguardi della Corte di Cassazione. Perchè il rinvio di tre ore ci può anche stare, ma è la motivazione che grida vendetta.

La corda si spezza con gli elettori, Epifani, non con il PDL. Con il PDL ce la stiamo mettendo al collo, la corda. Ma anche la corda al collo, evidentemente, diventa un’ancora di salvezza per chi ha voluto tutto questo. I 101, i responsabili, quelli che vorrebbero che nelle mozioni congressuali fosse reso obbligatorio il sostegno al governo PD-PDL. Ma facciamolo subito il congresso, e facciamo il PD che vogliamo, noi che ci abbiamo sempre creduto. E mandiamo in pensione un gruppo dirigente cialtrone, i vecchi e i giovanivecchi che ci hanno portato esattamente dove volevano perchè altrimenti non sarebbero sopravvissuti ad una stagione politica nuova, che sanno vivere solo di tatticismi, di formule, tanto più valida quanto più astruse e incomprensibili. Aria. Nuova.

No al governissimo

Mentre Enrico Letta annuncia il programma di un governo di legislatura (che durerà finchè converrà all’azionista di riferimento di questo esecutivo, Silvio Berlusconi), si alza, dalla maggioranza, una sola voce di dissenso.

 

P.s. Alla Camera non ha votato la fiducia anche Davide Mattiello. Al Senato Lucrezia Ricchiuti.