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Il grande inganno

Nel silenzio quasi assoluto dei media e delle cronache e nel segreto delle trattative tra governo e regioni si sta consumando il più distruttivo degli inganni mascherato da riforma costituzionale. L’autonomia che si sta per concedere a Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna equivale alla disgregazione della Repubblica per come è stata concepita dai padri costituenti nel ’48.  La secessione delle regioni ricche, in virtù del principio perverso del mantenimento  nei territori del 90%  degli introiti fiscali mette fine al principio di perequazione tra regioni di uno stesso stato nonché al principio di solidarietà. Chi è ricco sarà più ricco perché nelle menti razziste, classiste e becere dei proponenti la riforma chi ha tanto merita sempre di più, e chi ha poco deve arrangiarsi. In questo senso le parole infami del Ministro dell’Istruzione non lasciano  spazio a dubbi e mette ancora una volta in evidenza il principio disgregatore dello Stato che muove la Lega sin dalle sue origini. In mezzo, le popolazioni del Sud Italia che hanno affidato le proprie sorti al ministro della malavita e a M5S sperando di raccattare le briciole di provvedimenti di carattere neo-assistenzialistici e si troveranno con una mano davanti e una di dietro, tra servizi sempre più scadenti e clientelismo, camorra e mafia sempre più pervasive, perché saranno le uniche a garantire la presenza che lo Stato non potrà più garantire.

Colpisce, tra tutti, l’atteggiamento del PD e del presidente della Regione Emilia Romagna Bonaccini, che porta nel baratro una tradizione di buon governo che sapeva farsi carico dei più deboli senza egoismi e che invece si fa carnefice di chi, scontando responsabilità non sue, è rimasto indietro. Povera Emilia Romagna.

E del resto tutto nasce dal governo Gentiloni che ha concesso alla trattativa con le regioni quanto nemmeno la controriforma costituzionale di Renzi aveva osato concedere.

Questa la battaglia delle prossime settimane, che deve riguardar tutti, cittadini, sindacati, associazioni, uomini e donne che credono ancora nella solidarietà tra pezzi di uno stesso Stato.

Una storia del sud

Na tazzulella ‘e cafè…cu ‘a sigaretta ‘a coppa pe’ nun vedé…
S’aízano ‘e palazze, fanno cose ‘e pazze, ce girano, ce avòtano,
ce jéngono ‘e tasse… E nuje passammo ‘e guaje, nun putimmo suppurtá…
e chiste, invece ‘e dá na mano, s’allisciano, se váttono, se mágnano ‘a cittá!…

Il mio amico Gaetano ha studiato, è ingegnere civile. Vive in un paese alle porte di Napoli, uno di quei posti che se non ci nasci non puoi capire.  Vuole fare la professione, deve essere un vizio di famiglia. Padre geometra, fratello ingegnere pure lui. Si laurea presto presto e inizia a lavorare in proprio. Le case si costruiscono, dalle sue parti. E lui fai calcoli per case a tre piani che saranno costruite in una settimana, alla faccia del cemento che deve maturare, tanto, ingegnè, ce mettimm’ ll’additivo. Tutto abbusivo. Poi ci pensa il proprietario a sanare la questione, basta fare una DIA fasulla e oplà, la casa fatta da zero diventa la ristrutturazione di una casa degli anni ’40. Chi deve controllare non controlla. I vigili urbani, la ASL, l’ispettorato del lavoro. Tutti quanti. Quelli chiamano prima di arrivare, in cantiere. E allora il capomastro gli dice: jammuncenn’ a piglia’ o’ ccafè. E tutto si acconcia, come per miracolo.

Gaetano non ce la fa più a fare le case così. Se non vuoi fare le case per i privati puoi sempre provare a lavorare per le pubbliche amministrazioni. E Gaetano trova i politici, di tutti i partiti, destra e sinistra. Gaetà nun ce sta problema, io l’appaltino te lo do. Ventimila euro di incarico, cos’ non serve nemmeno la gara. A te 17 mila, a me tre mila. ci stai?

E poi ci sta la camorra. Quella ll’è pavà sempre.

Il vicino di casa di Gaetano è un onorevole, ma a quella porta lui non ci ha mai bussato. I colleghi di Gaetano invece fanno la fila davanti alla sua porta, e quello per toglierseli dalle palle qualche cosa gliela allunga. I colleghi ingegneri di Gaetano faticano tutti quanti.

Il padre gli ha insegnato che si può anche essere comprensivi, vedere quello che si può fare e quello che non si può fare. Però gli ha anche detto che appena vede una busta li deve sbattere fuori dalla porta, perchè quelli si fottono la tua libertà.

Gaetano se ne va. Non ce la fa più. Chiude lo studio e se ne va a Roma, a fare il precario. I colleghi ingegneri sono rimasti e s’aizan’ e’ palazz’.  Mi dice con tanta amarezza che le cose, da quelle parti, non cambieranno mai. Io vorrei dirgli che non è così, che una speranza ci sta sempre, ma forse non ci credo tanto nemmeno io.

È il destino di certe terre, perdere i loro figli migliori. Una terramadre un pò zoccola che prima ti dà la vita, e poi ti tradisce e ti toglie ogni speranza.

Stato e Antistato

Il parroco, il vescovo, la Polizia lo sanno bene che durante le processioni i camorristi fanno a gara per portare le statue dei santi. Uso distorto della religione a parte, è il consenso sociale che rende invulnerabile la criminalità organizzata. L’antistato sostituisce le Istituzioni, la scena dei due poliziotti che armi in pugno inseguono i camorristi mentre la gente scappa e le donne proteggono il vescovo dà la misura di chi, effettivamente, controlla il territorio. I camorristi saranno presi e puniti dagli stessi camorristi. La camorra è lo Stato. Se lo Stato e la politica (quella sana, non quella collusa) non si riappropriano del territorio, facendo sentire la loro presenza con la scuola, il lavoro, il sostegno alle persone oneste,  temo che l’Antistato continuerà ad essere invincibile.

Napoli, Latina, il Sud e L’Italia (se vi pare poco)

Ciò che sta accadendo a Napoli in queste ore ha dell'incredibile, o forse no.
Era già tutto scritto.
Le primarie sono uno strumento indispensabile, ma da maneggiare con cura.
E in una città (e in una regione) nella quale già durante il congresso si erano evidenziate situazioni anomale, non credo potesse succedere qualcosa di diverso.
Bene ha fatto Bersani, come chiedevano in tanti, a commissariare il PD a Napoli. Nonostante le voci contrarie. Che non mi sembrano del tutto disinteressate.
Forse però bisognava accorgersene prima che da quelle parti c'era qualcosa che non andava.
Invece si è preferito fare finta di niente.
Tutti contenti del potere acquisito dal mr. 130mila voti di turno.
Senza chiedersi su cosa si fonda quel potere politico così smisurato.
In Campania il PD ha fatto carne di porco. Non ce lo dobbiamo nascondere.
In tanti anni di governo della città e della regione si è creato un sistema di potere clientelare che pensa di potersi perpetuare ad libitum.
Speculare a quello del centrodestra, o quasi.
E quando la politica si riduce a questo, non ci sono primarie o tesseramenti che tengano.
Un partito che fonda la sua azione politica sul potere dei singoli, dei signori delle tessere, dei capobastone, dei cacicchi, non potrà che produrre tesseramenti fasulli e primarie taroccate.
Ovviamente il problema non è solo di Napoli, il problema del tesseramento fasullo credo riguardi molte realtà del PD.
Le truppe cammellate esistono eccome.
E ovviamente il problema non sono le primarie.
C'è però a mio avviso uno specifico problema Sud.
Bersani e i vertici del PD avrebbero dovuto capire che in alcune realtà la battaglia deve essere condotta in discontinuità netta con quanto fatto in passato.
Perchè laddove la criminalità condiziona l'economia dei territori e prolifera sulle incertezze (e a volte sulla connivenza) di una classe politica che non offre risposte alla disperazione dei cittadini, si rischia di perdere ulteriore credibilità, e i danni si propagano, poi, a livello nazionale.
Nei mesi scorsi avevamo lanciato un appello per Latina.
Premesso che a Latina le primarie per la scelta del candidato a sindaco si sono svolte nella massima serenità e trasparenza. La partecipazione è stata ottima. Non ci sono stati gruppi prezzolati che si sono presentati ai seggi, non ci sono state infiltrazioni del centrodestra (tranne il caso isolato di un noto personaggio locale che si è presentato al seggio in Ferrari, ha votato, ha versato la quota ed è andato via, vabbè).
Però, la sfida che si è profilata non è stata altro che una riproposizione di sfide tutte interne al PD.
Ex DS contro ex Margherita.
In una città che aveva e ha bisogno, invece, di un segno di rottura forte, fortissimo.
Che motivasse la cittadinanza tutta sui temi della legalità, della deindustrializzazione, del lavoro, della ricostruzione di un tessuto sociale condiviso, oltre quanto hanno fatto egregiamente, i due aspiranti sindaci con i rispettivi "fan" (uso la parola nell'accezione più positiva possibile, sia ben chiaro).
In parole povere il PD continua, forse a parlare alla curve e a chi sta nello stadio, ma per cambiare Napoli, Latina, il Sud, il Paese, bisogna rivolgersi a chi sta fuori dallo stadio.
Se il PD non capisce questo, saremo sempre perdenti.
Possiamo anche fare le primarie, vincere le elezioni, ma il rischio è che, nei fatti, nulla cambi.
E vista la situazione del Paese, non ce lo possiamo permettere.

Napoli e dintorni

Oggi sono stato a Napoli.
Anzi, per la precisione ad Afragola (il paese di Antonio Bassolino, ma questa è un'altra storia), laddove nascerà la Cattedrale nel Deserto degli anni '10, la Nuova Stazione AV.
Se a Napoli hanno pensato di nascondere la munnezza sotto i tappeti (vedi alla voce siti di conferimento militarizzati sorti senza alcun accorgimento da un punto di vista ambientale), qui, in periferia, a tanto non ci sono nemmeno arrivati.
La munnezza sta là, ormai fa parte del paesaggio.
Tutto è scarrupato, per dirla alla Marcello d'Orta.
E ciò che è nuovo è un pugno in un occhio, monumento al kitsch, alla mancanza di controlli, all'improvvisazione, all'egoismo.
Mentre sono in giro noto più volte, in strada, dei cavalli al trotto con tanto di calesse e fantino.
Gli amici mi spiegano che le strade al confine tra i Comuni di Afragola e Acerra sono teatro di corse clandestine.
Ogni giovedì pomeriggio, verso le tre e mezza, un nugolo di macchine e motorini si premurano di bloccare il traffico e si lanciano i cavalli su strada.
Tutti sanno, ma nessuno interviene.
Cio che più colpisce non è il degrado dell'ambiente, del territorio, del paesaggio, ma la rassegnazione.
Le persone, semplicemente, si sono arrese.
Quelle perbene (e sono tante), perchè non hanno la forza di reagire.
Quelle malamente sulla rassegnazione hanno costruito le loro fortune.
In mezzo, ci stanno gli indifferenti.
E gli assenti, come lo Stato, le Istituzioni, la Politica, i Partiti.
E allora diventa tutti normale.
La camorra.
La munnezza.
Le corse clandestine.
Mi viene in mente una scena del film Prova d'orchestra. Il direttore non riesce a tenere a bada i musicisti, ognuno suona quello che vuole.
Finchè una palla enorme sfonda il muro della sala, e tutti iniziano a seguire il direttore.
Qualcuno sfondi quel muro.
 

Angelo Vassallo: ricchezza è il luogo dove si vive

Un ricordo di Angelo Vassallo, nel giorno del suo funerale.

angelo-vassallo-230Gli scampi davano soddisfazione, ora se ne trovano sempre meno. Il tonno è il più difficile perché lotta fino alla fine, mentre la spigola è la più intelligente e furba. Non la trovi mai nelle reti. Ah, e poi c’è l’alice. Quest’anno c’è stata una buonissima annata di alici, tanto da attirare molti pescherecci, addirittura dalla costiera napoletana. Le alici sono intelligenti, hanno deciso di soggiornare qui da noi, dove il mare è pulito. Sulle nostre spiagge fiorisce anche il giglio di mare, che è molto bello e pregiato.
Noi l’avevamo individuato molti anni fa: avevamo chiesto allo Stato una concessione di 1500 metri, dove abbiamo realizzato una riserva naturale. La cosa divertente – si fa per dire – è che noi paghiamo allo Stato un canone di non poche lire per mantenere questa riserva… l’Italia è un paese di matti.

Stamattina sono per mare dalle cinque. Ho preso due aragoste, le porto a mio figlio che ha un ristorante qui in paese. Noi siamo legati al nostro territorio. Abbiamo coscienza del nostro territorio, i cittadini hanno capito che è la nostra prima ricchezza. Basta guardare il nostro porto: lo abbiamo ristrutturato e messo a posto noi. Eppure, alla fine il proprietario è lo Stato. Noi abbiamo fatto mutui per quarant’anni, investiamo e costruiamo per arricchirlo, ci lavorano tanti nostri giovani; e lo Stato cosa fa? Addirittura nell’assegnazione delle banchine, lo Stato preferisce i privati che si arricchiscono e non ci lasciano neanche un euro, mentre il comune, con i soldi che guadagna dalle concessioni, riesce a manutenere questa struttura e perfino a destinare una parte dei guadagni nei servizi per i nostri cittadini.

Abbiamo costruito un caffè letterario nel paese più piccolo. Abbiamo realizzato un lungomare pedonale a Pioppi, dove altrimenti la gente non sapeva nemmeno dove incontrarsi. Stiamo costruendo un centro nautico che gestiranno dei ragazzi disabili.

Ed entro la prossima estate rifaremo tutto il piazzale a fronte del porto. Per avere la concessione della struttura, che ci costa un sacco di soldi, abbiamo dovuto fare causa allo Stato. Cose da pazzi. Noi siamo una delle poche realtà in Italia ad arricchire lo Stato. Lo Stato invece fa profitti e basta.

Posso dirlo? Questa è un'amministrazione di sinistra, ma noi siamo "leghisti". E speriamo veramente che la Lega sappia risolvere questi problemi: il decentramento, la riforma delle autonomie locali, e riteniamo necessario che gli interessi dei cittadini siano curati dall'ente a loro più vicino, il comune, che riesce ad intercettare i loro bisogni e le loro necessità. L’Italia siamo noi, la somma dei comuni, e il danno della politica a livello nazionale è che non conosce i territori e non sa più ascoltare. Noi non vogliamo niente dallo Stato, ma almeno ci lasci le nostre cose.

Elementare, Watson

"Alla faccia del bicarbonato di sodio!!" avrebbe detto il principe De Curtis.
Del resto, quando lo spazio sotto il tappeto finisce, la munnezza ricopre di nuovo il pavimento.
Il problema, al solito, è conoscere i fatti e far si che riescano ad arrivare agli occhi (e al naso) del Paese.

In difesa dei lavoratori (davvero)

Certo ne sono successe di cose negli ultimi giorni, da dove si potrebbe cominciare?
Vediamo un po’…
Dalla FIAT di Pomigliano?
Beh, trovo ahimè scontato che CISL, UIL e UGL, dopo il collateralismo dimostrato più e più volte nei confronti del governo, si appecorino alle condizioni dell’impresa.
Angeletti è patetico, ma anche D'Antoni non scherza:
''L'intesa su Pomigliano D'Arco siglata dal Lingotto con la grande maggioranza del mondo del lavoro va salutata con ottimismo e soddisfazione. La riduzione della presenza Fiat in Italia, e in particolare nelle aree deboli rappresenta un rischio da scongiurare ad ogni costo''. Lo afferma Sergio D'Antoni, deputato Pd e vicepresidente della commissione Finanze della Camera. ''Salvare Pomigliano significa pertanto non solo salvare una realtà industriale indispensabile al Mezzogiorno, ma dare una prospettiva a tutto il paese. Questa consapevolezza rappresenta un esempio per chi, come la Fiom, si attarda ancora su posizioni estremiste e inconcludenti, non comprendendo che le proprie azioni forniscono un alibi formidabile a chi, nel governo, non aspetta altro per giustificare la propria azione antisociale e antisindacale''.

Ad ogi modo l'accordo prevede niente sciopero, ogni forma di dissenso va soffocata sul nascere. Niente malattia, la produttività ne risente. La FIOM non firma e fa bene. Il ricatto è sempre lo stesso: ce ne andiamo all’estero. Anzi ci rimaniamo. E stavolta la colpa è nientemeno degli operai assenteisti. Sembra che il problema dei problemi, nelle fabbriche, sia diventato la produttività, mentre a mio avviso il problema sono i profitti. Il costo del lavoro si abbassa, insieme con il livello di protezione dei lavoratori, in barba alla normativa vigente, ai contratti e alla Costituzione. Però i profitti aumentano sempre. Strano vero?

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