Un confronto pubblico tra i candidati alla segreteria del PD Lazio

Ricordo che anni fa, in occasione delle campagne elettorali per le elezioni politiche che vedevano il centrosinistra opporsi a B., una querelle immancabile riguardava lo svolgimento o meno dei confronti diretti, in TV o quantomeno in pubblico, tra i candidati a premier. E così, a parte la sfida Prodi Vs B. ingessata da un regolamento rigidissimo ma per certi versi necessario, niente Rutelli Vs B. oppure Veltroni Vs B. Il centrosinistra ovviamente se ne è sempre lamentato e non poco, avendo sempre sostenuto che dal confronto diretto tra i competitor l’opinione pubblica avrebbe potuto avere maggiori elementi per formare la propria opinione. Sono passati anni, come dicevo, e noto con dispiacere che almeno una parte del PD non la pensa più così.

Prendete ad esempio il congresso del PD Lazio. Il regolamento per il congresso stabilisce che in ciascuna federazione debba svolgersi almeno un incontro tra i (quattro) candidati organizzato dalle federazioni stesse. Ora, a parte Giovanni Bachelet, nessuno degli altri candidati sembra aver dato la disponibilità ad una iniziativa pubblica “ufficiale” e così almeno la fase riservata agli iscritti terminerà senza che ci sia stao modo di confrontare le varie proposte in campo.

Se ci si pensa, per alcuni tutto ciò ha un senso. Si arriva quasi a dire, infatti, che il congresso è una iattura, di questi tempi di benaltrismo imperante. Figurarsi se le persone, i cittadini, gli iscritti, possono essere interessati al segretario del PD Lazio. E però quelli che ti dicono che il congresso non andava fatto sono gli stessi che, rifiutando un confronto diretto con gli “avversari”, tessono le loro tele, infaticabili. Accordi, correnti, veti, liste triple, scambio, scambi, caminetti, cabine di regia, manifesti, iniziative, soldi. I metodi pure, sono sempre gli stessi. I gattopardi sono in azione per lasciare esattamente tutto com’è. Con l’avallo dei capibastone.

Ma a cosa serve, poi, ‘sto segretario del PD Lazio? Mah, a selezionare i candidati a Camera e Senato, ad esempio. A definire una linea politica contro la Polverini. A definire i criteri con i quali la politica deve, se proprio deve, indicare i propri rappresentanti negli enti pubblici. Cose così, insigificanti, di quelle che non non necessitano di aprire il PD a contaminazioni pericolosissime.

E allora c’è Giovanni, con il suo programma e le sue piccole grandi rivoluzioni:

1. Uso oculato delle risorse economiche: non esiste una sede fisica per il “comitato Bachelet”, si continua a gestire tutto via rete, un comitato 2.0;

2. Non serve contarsi per contare: alle elezioni primarie del 12 febbraio per l’assemblea regionale sarà presentata in ciascuno dei 15 collegi del Lazio un’unica lista a supporto di Giovanni;

3. Da queste parti capobastone non se ne vedono: in ognuno dei 15 collegi la lista sarà proposta da chi in loco ha sostenuto la candidatura Bachelet;

4. Se non ora, quando: in ognuno dei 15 collegi la capolista sarà sempre una donna.

Metteteci, infine, che Giovanni, qualora diverrà segretario regionale del PD, si dimetterà da parlamentare ed è l’unico che lo ha detto.

Ed è solo l’inizio. Sarebbe interessante formulare queste proposte in presenza di Gasbarra, Pacciotti e Leonori per capire e far capire ad iscritti ed elettori cosa farebbero, se fossero segretario del PD Lazio.