Archivi giornalieri: 16 Luglio 2012

I padroni assoluti

L’articolo di Irene Tinagli comparso oggi su La Stampa ve lo posto tutto. Perchè c’azzecca su tutto, parola per parola.

Qualche mese fa, con l’epilogo del governo Berlusconi e la rinuncia di maggioranza e opposizione a nuove elezioni, tutti pensammo che un’epoca si stesse chiudendo. Pensavamo che quella scelta fosse il preludio di una grande fase di riorganizzazione e rinnovamento politico: nuova legge elettorale, nuovi leader, nuovi programmi, nuova fase politica. Qualcuno parlava addirittura di una terza repubblica alle porte. Ma finora non è stato così. E basta vedere come i partiti hanno usato questi mesi e come si stanno muovendo oggi, per capire che non accadrà nemmeno nel tempo che ci resta da qui alla primavera 2013. Berlusconi ha appena annunciato che si ricandiderà come leader del Pdl, mentre il partito democratico sta di nuovo temporeggiando sul tema primarie. Alla vigilia dell’assemblea nazionale del Pd di venerdì in cui il tema è esploso in maniera più virulenta, Franceschini aveva dichiarato che le modalità per identificare il candidato premier sono ancora da decidere e che, se proprio si dovessero fare le primarie, Bersani sarebbe «il» candidato del Pd (come se eventuali altri membri del Pd che decidessero di presentarsi alle primarie fossero i candidati di qualche altro partito).

Non importa se poi Berlusconi cambierà di nuovo idea o se il Pd farà davvero le primarie aperte dentro al partito: quello che colpisce di queste dichiarazioni è il tono e il messaggio che lanciano. E’ il modo con cui questa classe dirigente, che ci accompagna da decenni e che ci ha portato sull’orlo del disastro economico e sociale, si ripresenta di fronte ai cittadini col piglio di chi è il padrone assoluto della vita politica del Paese, e che quindi si riserva il diritto di decidere se, quando e come un rinnovamento sarà concesso.

Una spocchia che denuncia non solo una visione della politica ma anche del rapporto intergenerazionale e dei processi di rinnovamento completamente distorta. Una mentalità perfettamente sintetizzata dal segretario del Pd Pierluigi Bersani quando qualche mese fa, replicando a distanza al sindaco di Firenze Matteo Renzi, dichiarò che il partito era apertissimo ai giovani, purché si mettessero «a servizio». Un’immagine terribile, che evoca i giovani come materiale ad uso e consumo dei dirigenti e delle logiche di partito. Berlusconi, che ama definirsi uomo di fatti più che di parole, non ha fatto dichiarazioni del genere ma ha semplicemente agito seguendo questa stessa logica quando ha indicato Alfano come suo successore, per poi buttarlo in un angolo pochi mesi dopo e riproporsi egli stesso in prima linea. E non danno esempi migliori le alte dirigenze di partiti più piccoli come la Lega Nord o l’IdV.

Al di là delle ripercussioni che questa situazione politica ha sulla nostra immagine e credibilità internazionale, non va sottovalutato l’effetto che esso ha al nostro interno. Atteggiamenti e dichiarazioni di questo genere, infatti, non solo mortificano i cittadini e la loro voglia di cambiamento, ma anche tutte le migliaia di persone giovani e meno giovani che da anni si battono con passione all’interno dei partiti per un loro rinnovamento, per un ricambio di idee e di persone vero e profondo.

Fino a un paio di anni fa si diceva che la colpa era delle giovani leve, che non erano abbastanza critiche, indipendenti, che non avevano il coraggio di sfidare i propri leader, di discutere, di proporre, di lanciare messaggi chiari. Ma negli ultimi anni di giovani indipendenti e determinati abbiamo cominciato a vederne, in entrambi gli schieramenti. Le elezioni amministrative, per esempio, sono state occasioni in cui alcune di queste figure «rinnovatrici», più o meno giovani, hanno saputo mettersi in gioco ed affermarsi con successo. Ciascuno di questi successi avrebbe dovuto lanciare un segnale chiarissimo ai vertici nazionali dei partiti. E invece niente.

Ma se nemmeno dissentire e proporre, se nemmeno costruirsi un profilo autonomo e di valore nelle amministrazioni locali o nelle professioni serve per legittimarsi nelle dinamiche partitiche, cosa devono fare i giovani e i rinnovatori di ogni età per poter cambiare davvero qualcosa?

E’ davvero difficile dare una risposta a questo interrogativo. Ma di fronte alla situazione attuale sembrerebbe che l’unica alternativa per rompere l’arroganza di chi si crede ancora il padrone del pollaio, sia uscire dal recinto e provare a costruire qualcosa di nuovo con quello che il mondo fuori dai vecchi partiti ha da offrire: nuove esigenze, idee e risorse. Un percorso difficile, che richiederà a questi rinnovatori di smettere i panni dei ribelli rompiscatole e di indossare quelli dei leader a tutto tondo, con i rischi e le responsabilità che cio’ comporta. Un percorso che potrebbe anche non portare i risultati sperati, ma che almeno darà agli italiani quello che oggi non hanno: una scelta.

Non abbiate paura della democrazia

Della giornata di sabato mi sono rimaste impresse le facce impietrite di Bersani, della Finocchiaro, di Letta, di Rosy Bindi durante le cosiddette contestazioni.

Che poi non erano contestazioni, ma la semplice richiesta di mettere al voto degli OdG, forse un pò troppo per un partito che non vota MAI su nulla. Si chiama democrazia.

Ma, al di là dei contenuti degli OdG su matrimonio gay, primarie, rispetto del limite dei mandati, il solo pensare che tutto questo rientri nel novero delle “beghe” interne al PD lascia trasparire la pochezza, o la malafede, della cosiddetta maggioranza del Partito Democratico. Come se indicare con chiarezza in quale direzione muoversi in tema di diritti e di selezione della leadership e dei parlamentari non abbia ripercussioni sulla vita futura del Paese.

Personalmente un’idea sul tema me la sono fatta da tempo. L’attuale cosiddetta maggioranza del PD un’idea di Paese non ce l’ha. E seppure ce l’ha quest’idea è immersa nella confusione più totale, tanto da potersi impastare, mimetizzare, mortificare nei ripetuti appelli lanciati ai fantomatici moderati. Con i quali l’unico collante che vedo è la perpetuazione dello status quo.

Unirsi per non sparire.

Basti pensare al terrore che corre sui volti di molti dirigenti del PD al solo sentire pronunciate le parole primarie aperte per i parlamentari o limite dei mandati.

L’ennesima occasione persa, sabato, per dare un segnale agli elettori di centrosinistra. Non quello zoccolo duro del 25% che dice, nei sondaggi, di votare PD. Ma a parte di quel 40% di indecisi che rischiamo di perdere definitivamente. Vallo a spiegare, agli elettori, come vuoi cambiare il Paese con Casini e Fini e Rutelli. E magari con Pisanu. Con chi è concausa dello sfacelo attuale. E con chi, anche nel PD, non è riuscito al lasciare traccia  anche quando ha avuto la possibilità di governarlo, ‘sto paese.

E l’ennesima occasione persa, sabato, per dare un segnale agli iscritti. Per dire loro che il PD non ha paura di confrontarsi, di discutere anche aspramente. E di contarsi, nella normale dialettica maggioranza/minoranza.

Quelle facce impietrite contano più di mille OdG.