Archivio mensile:Giugno 2013

La lezione di Paola

Un altro mondo è possibile. Paola Natalicchio ne è la prova vivente. Penso a Minturno, ad esempio. Qualcuno mi darà del pazzo visionario. Ci sono abituato.

Un esperimento basato sulla convinzione che le giunte di centrosinistra si costruiscano a partire dalle scelte di centrosinistra: l’Udc fuori dalla coalizione, al primo e al secondo turno; l’apertura alle liste civiche, ai movimenti, alle associazioni e al mondo del volontariato; un percorso di centrosinistra unito, da Rifondazione al Centro democratico, con un dialogo aperto al Movimento 5 stelle; l’attenzione ai temi del lavoro, delle politiche sociali, della creatività e della cultura, dell’inclusione delle periferie nella vita della città; la battaglia a viso aperto contro il voto di scambio. L’opposto esatto delle larghe intese. L’opposto esatto dei compromessi al ribasso che hanno assimilato ormai, nel comune sentire delle persone, la politica a una cosa sporca, inutile e da evitare.

Cantare con i piedi a terra

Non starò a menarmela più di tanto con analisi politologiche, anche perchè non è il mio mestiere. Ma al netto della soddisfazione per il risultato del centrosinistra (esiste ancora nei comuni, sapete?) e del PD, e della gioia infinita per aver cacciato dal Campidoglio i fascisti e il peggior sindaco che Roma ricordi (oltre Giubilo, oltre Carraro), occorre restare con i piedi per terra. Perchè l’astensionismo raggiunge livelli record (secondo alcuni, tipo D’Alimonte, è un bene, sintomo di consapevolezza e democrazia), e perchè, sostanzialmente, non c’erano avversari “politici”. Bene i nostri amministratori, che dimostrano ancora una volta che c’è una classe dirigente locale capace e apprezzata dai concittadini (poi magari vanno “a Roma” e si perdono, sigh). Spesso scelti con le primarie, che vanno tutelate e valorizzate come meritano. Però, davvero, non avevamo avversari (lo dice anche Makkox, a modo suo). Nel senso che laddove il centrodestra si presenta con le facce (pessime) dei propri amministratori e non con il faccione del cavaliere in prima persona, non riesce più a racimolare risultati (stesso discorso per la Lega sgretolata). E questo dovrebbe far pensare, nel PD, perchè se il PDL sta sopravvivendo, in questa fase politica, lo deve essenzialmente a noi. Teniamo in vita un cadavere sempre pronto a farci la pelle, appena si riprende un pò (e grazie ai nostri errori). Che altro dire: i commenti davvero fuori luogo sono quelli di Enrico Letta, che attribuisce ai cittadini l’intenzione di rafforzare l’intesa PD-PDL, quando in nessuna città nelle quali si è votato il PD si presentava con il PDL, per dire. O chi vede nel risultato di giugno la rivincita di febbraio. Rivelando superficialità d’analisi. O, peggio, malafede. Affinchè tutto resti com’è. Per evitare di discutere di temi: lavoro, ambiente, energia, scuola, welfare, trasporti. Davanti alle parole dei vertici del PD, sempre uguali a se stesse, emerge con sempre maggior forza la necessità di un congresso vero.

Non ditelo a nessuno

Ragazzi, ho fatto una scoperta sensazionale. Ma davvero. Il governo Alfetta si è dato 18 mesi per le riforme costituzionali, e ha dato l’incarico ai 35 saggi di riscrivere anche la legge elettorale. Così se le riforme non si fanno e si torna a votare, ci cuccheremo ancora il Porcellum.

Shhhh….non lo dite in giro, eh! Si dovesse svegliare qualcuno…shhhhh….

Il succo della democrazia

Resto sempre abbastanza impressionato dagli articoli in cui si ricorre a paragoni biblici e a citazioni per addetti ai lavori al fine di convalidare tesi che non fanno altro che avvitarsi su se stesse. Tipo l’articolo di oggi di Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera. Gli elettori vanno ascoltati, per carità, ma solo teoricamente. Basta farsi condizionare dagli umori della base! Certo, il PD non è che abbia brillato, fino dalla sua fondazione, nel saper ascoltare il proprio elettorato.

Si omette però, nell’articolo, di dire una cosa essenziale: le cosiddette classi dirigenti che oggi ci governano hanno ricevuto, ciascuna dal proprio elettorato, un mandato opposto rispetto a quello per il quale Stella chiede il coraggio di decidere (certo può apparire tardiva, da parte di alcuni, l’attenzione che viene rivolta alle opinioni della propria base).

“Ma una vera classe dirigente, come dice la parola stessa, deve sapersi assumere le proprie responsabilità e mettersi alla guida dei processi storici. Anche a costo, talvolta, di fare scelte al momento impopolari. Se pensa che siano giuste. Sennò, se si accoda via via agli umori (per di più dettati da passioni partigiane) è una classe «accodante». È il succo della democrazia: chi viene eletto è eletto per fare delle scelte. Spiegarle. Difenderle. Se sono buone, il tempo gli darà ragione.”

Secondo me il succo della democrazia è rispettare il mandato per il quale si è stati eletti (per Stella sono passioni partigiane) e non chieder voti per una cosa e andare in parlamento a farne altre. Tipo un governo con il PDL. Tipo il Presidenzialismo. Tipo la legge Ac/70. O non fare cose per le quali si è chiesto il voto. Tipo la legge contro la corruzione. O il conflitto di interessi. O combattere l’evasione fiscale. O spostare la tassazione dal lavoro al patrimonio. O peggiorare la riforma Fornero.

Sono lontani i tempi del libro che ha reso famoso Gian Antonio Stella. Da fustigatore della casta a sponsor del governo che tiene in piedi il sistema che ha generato la casta stessa.

Due passaggi decisivi

Tratti dall’intervento di Walter Tocci, ieri, in direzione Nazionale del PD.

Il primo riguarda le cosiddette riforme costituzionali:

Il presidenzialismo non è un emendamento, è un’altra Costituzione. Non tutte le generazioni hanno l’autorevolezza per cambiare la Costituzione. Che possa farlo una classe politica al minimo storico di credibilità è un ardimento senza responsabilità. Lasciamo il compito alle generazioni successive. Apprezzeranno la nostra umiltà.

Il secondo riguarda il PD:

Bisogna cambiare il PD, non la Costituzione. La politica seguita in questi mesi va messa in discussione. E invece sento dire che la linea era giusta, è mancata solo la disciplina. Lo disse anche Cadorna dopo Caporetto. Poi il comando fu affidato al generale Armando Diaz, il quale riformò radicalmente l’organizzazione militare, suscitando in questo modo un nuovo senso della disciplina e unificando le forze per vincere la guerra. Al momento del suo insediamento disse: “L’arma che sono chiamato a impugnare è spuntata: bisognerà presto rifarla pungente; la rifaremo”. Aspetto ancora un nuovo segretario del PD che si presenti con una simile intenzione. Invece la tendenza è sopire, attutire, rinviare. Come se non fosse successo niente i responsabili della sconfitta pretendono ancora di comandare.

 

Anche il consumo di suolo

Potrebbe diventare una di quelle situazioni per cui meglio di no, altrimenti cade il governo? In effetti forse le cose stanno in modo diverso, stavolta, visto che tra i firmatari della proposta di legge Ac/70 c’è anche Ermete Realacci. Ce lo ricorda Salvatore Settis, su La Repubblica di ieri.

Nella proposta Ac/70, «il suolo non edificato costituisce una risorsa il cui consumo (…) è suscettibile di contribuzione » (articolo 1), e infatti gli oneri di urbanizzazione restano tal quali, anzi basta moltiplicarli per quattro (se l’area è«coperta da superfici naturali o seminaturali») o per tre (se si tratta “solo” di suoli agricoli), e il miracolo è fatto: qualsiasi territorio diventa edificabile, e i relativi diritti possono essere sommati e trasferitiad libitum. Ben lungi dal limitare il consumo di suolo, la norma lo consacra traducendolo in un sovraccosto. Infine, istituisce i «comparti edificatori», mostruosa neoformazione dell’articolo 5, una sorta di consorzio dei proprietari privati di un’area determinata, che presentano poi al Comune «il piano urbanistico attuativo riferito all’intero comparto»: una vera e propria privatizzazione della pianificazione territoriale.

Ecco i primi frutti dell’ascesa di Lupi al ministero-chiave delle Infrastrutture. Se questa legge da Lupi l’avesse firmata lui, tutto regolare; ma a presentarla è Ermete Realacci, lunga storia in Legambiente, oggi presidente della commissione Ambiente alla Camera.

Sempre su La Repubblica riprende l’argomento anche Michele Serra.

Che dire, secondo me il PD si prepara all’ennesima figura di merda. Per dirla in maniera più elegante, all’ennesimo dietrofront rispetto alle proposte fatte in campagna elettorale, alla sua storia, alla sua natura. La prossima, Il Presidenzialismo, è già tra noi. In costante sintonia con il proprio elettorato, peraltro.