E poi c’è Massimo D’Alema. E quelli più dalemiani di D’Alema. I Dalemoidi.
Che dire. A me dispiace che Massimo si sia ridotto così. La più grande intelligenza politica del centrosinistra italiano che manca, in una fase cruciale come quella che stiamo vivendo, proprio di intelligenza. Tra l’altro lui s’intigna, ha preso di punta Renzi e gliela fa vedere lui, adesso, al ragazzino. Massimo non ha capito una cosa. Qui il problema non è solo l’eta, anagrafica e parlamentare. Ma la credibilità. Sua e di una classe dirigente che ci ha accompagnato negli ultimi trent’anni. Alla quale non viene imputato il fatto di essere vecchi. Ma di non aver fatto o aver fatto male alcune cose. La legge sul conflitto d’interessi, ad esempio. Tenere in vita Berlusconi, ad esempio. Aver avallato una serie di riforme della giustizia pensate più per impedire ai magistrati di fare il proprio mestiere che per migliorare il servizio ai cittadini (tranne uno), ad esempio. Una riforma del titolo V della Costituzione che a distanza di pochi anni si è dimostrata da buttare. E potrei continuare. Quindi se D’Alema o molti dei parlamentari che stanno lì da trent’anni cercano di farsi interpreti della Carta d’Intenti del PD e del centrosinistra (vuote o piene di contenuti che siano), ecco che la maggior parte degli elettori che ci votano o ci voterebbero pensa: no grazie. Avete già dato. Avete molti meriti, ma la vostra chanche ve la siete giocata male. Se siamo dove siamo è anche responsabilità vostra. Tocca a qualcun altro.
I Dalemoidi no. Quelli fanno gli appelli su L’Unità.