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Mi distinguo tra la gente

Sull’esito della Direzione Nazionale del PD si è detto in ogni dove.  Le prossime settimane saranno decisive poer i destini del campo democratico, riformatore e progressista. A sentire i commenti del giorno dopo, ancora una volta l’unico fuori dal coro sembra Antonio Di Pietro. Occhio, non IDV, ma Di Pietro. Ora, IDV è un altro dei partiti fondamentalmente “ad personam”. Futuro oscuro senza il proprio leader, familismo, gestione quantomeno allegra dei proventi dei rimborsi elettorali. Non mi ricordo abbiano mai fatto un congresso, ma forse mi sbaglio. Ad ogni modo, secondo me Di Pietro si sta preparando per applicare all’Italia il modello Palermo. Non partecipo alle primarie ma mi candido per i fatti miei alle elezioni. Potrebbe essere il caso, per Bersani, Vendola, i movimenti, la società civilissima e tutto quello che si spera si coaguli, con le primarie, nel mondo democratico, riformatore e progressista, lasciare Di Pietro al suo destino, cercando di portare da “questo lato del campo di battaglia” la parte “sana” di IDV?

Una linea, possibilmente retta

Gianni Cuperlo, sulle pagine de L’Unità.

È su questo che l’Europa si gioca il suo avvenire. E per quanto ci riguarda pure l’America democratica. Se dalle diseguaglianze immorali travestite di modernità degli ultimi sei o sette lustri si uscirà con un nuovo patto politico e sociale tra economia, finanza e democrazia. O se preferite, tra Stati, mercati e persone. Sarà uno scontro niente affatto moderato, nei toni come nelle soluzioni. E l’idea stessa della politica, come strumento agibile per milioni di individui, ne risentirà. Anche perché cresce l’onda lunga di una riciclata teoria delle élites, figliastra di vecchie scuole e invaghita oggi di una “tecnica” spacciata come neutra, ma in realtà intrisa di pregiudizi e di una concezione aristocratica del potere. Ecco, mi parrebbe curioso che mentre l’universo dei “democratici” su scala globale si interroga e si spende in questa partita, noialtri ci si scarnifichi sulla foto di Vasto.

Al diavolo Vasto e le foto. Siccome conviene passare dal muto al sonoro, a me pare decisivo rispondere a una sola domanda: ma noi siamo parte di quella ricerca, e dunque vogliamo tenere aperto il dialogo, prima di tutto in Italia, con forze, culture e movimenti che si collocano da questa parte del campo, oppure siamo dannati ancora una volta nel girone degli sperperatori del proprio talento e soprattutto consenso? Il tempo non abbonda e una risposta va data.

Quanto alla domanda «ma quale centrosinistra?» risponderei così: quello che noi – e sottolineo il “noi” – avremo la forza di forgiare, con quanti sono pronti a condividere, a parole e con gesti impegnativi e coerenti, un medesimo impianto culturale, uno stesso programma, una comune visione del futuro dell’Italia in un’Europa politica e non solo valutaria. E allora ha ragione chi invita il Pd a discutere di questo snodo. Anzi, se un appello posso rivolgere a Bersani è quello di non attendere oltre. Affrontiamola questa prova. Mettiamo in campo per l’anno o poco più che ci separa dal voto una strategia che investa su di noi, sul giudizio che diamo di questa stagione e delle prospettive per il dopo. Disponiamoci a una lunga rincorsa elettorale con lo spirito di chi può e vuole vincerla. Abbiamo un partito. Abbiamo un leader. Votiamo una linea. In fondo questa è la democrazia.