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Per ripartire

Mettere in sicurezza le scuole. Mettere in sicurezza il territorio tramite un piano nazionale di recupero delle aree critiche dal punti di vista dissesto idrogeologico. Mettere in sicurezza le strade, i boschi. Tappare le buche. Mettere in sicurezza gli ospedali. Mettere in sicurezza gli edifici pubblici e dotarli tutti, ove possibile, di impianti fotovoltaici. Sostituire i mezzi pubblici inquinanti con mezzi pubblici elettrici, o comunque meno inquinanti. Mettere in sicurezza Pompei e tutti i siti archeologici e culturali e i musei del paese. Finanziare la ricerca in ambito universitario, al di là delle esigenze specifiche delle industrie.

Aumentando la spesa pubblica? Si, aumentando la spesa pubblica.

Favorire l’accesso al credito delle piccole e medie imprese, che una volta bastava il rapporto di fiducia con il direttore della filiale che conosceva la tua storia per filo e per segno,per non finire capasotto. Favorire l’accesso al credito per l’acquisto della casa. E per la start-up innovative.

Ecco le riforme che servono.

Crocetta rimpasta la giunta

Non bastavano le “troie” di Battiato (ha usato termini eccessivi, il Maestro, ma a ben guardare ce ne sono state e ce ne stanno in parlamento, nelle giunte regionali, “troie” politiche e “troie” di fatto, ce lo siamo detto per mesi), adesso pure i raggi cosmici di Zichichi.

 

 

Con la cultura si mangia

Bello l’intervento di Edoardo Nesi, che propone di scrivere l’enciclopedia della bellezza italiana.

[…] Si cominci usando la ragione, eliminando per sempre dalle menti la sciagurata idea secondo la quale la spesa pubblica per la cultura non è che un costo, sostituendola con il concetto che rappresenti, invece, e da sempre, l’investimento migliore possibile per l’Italia, magari istituendo severissime pene per chi osi ripetere in pubblico che “con la cultura non si mangia”.

[…] Ci si renda finalmente conto che l’Italia ha poche eccellenze vere e riconosciute in tutto il mondo. Forse solo due: il nostro immenso patrimonio culturale e quel meraviglioso intreccio di piccola e media industria e artigianato e tecnologia che, nei suoi esempi di maggior successo, proprio alla fonte della cultura e della conoscenza si abbevera da sempre.

[…]  Si vada invece a cercare migliaia e migliaia di ragazze e ragazzi, e suggerirei di scegliere tra i laureati in materie umanistiche – persone preparatissime, fresche d’una conoscenza preziosa e rara eppure oggi sfiduciate e smarrite – e si investa in loro chiedendogli di trasformarsi in amanuensi moderni,e catalogare ogni eccellenza artistica italiana. Ogni opera d’arte, ogni chiesa, ogni edificio architettonicamente rilevante, ogni museo, ogni sito archeologico. Tutto. Immaginate un’Enciclopedia dell’infinito patrimonio artistico italiano.

[…] Già questa sarebbe un’operazione grandemente meritoria e necessaria, di cui le generazioni future ci sarebbero grate, ma ora provate a immaginare di proiettare nel futuro questo atto d’amore e rispetto verso il passato, e di rendere L’Enciclopedia facilmente consultabile e digitalmente disponibile a tutti, su internet e su ogni telefonino, in qualsiasi momento e in tutto il mondo. E poi, perché fermarsi? Perché non inserire nell’idea di patrimonio italiano anche il culto del saper vivere? Perché non affiancare all’arte anche le grandezze del nostro design, dell’arte contemporanea, della moda, della musica, dell’opera, del teatro e del cinema, dell’artigianato, persino del cibo e del vino? Perché non segnalare al mondo la bellezza, sia quella che si può comprare, sia quella che non si può comprare: i panorami più belli del mondo, i luoghi della storia, le spiagge più belle, i gioielli che sono le nostre isole?

Eh, ditemi, perché no?