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Fuori Sassoli dalle primarie

Mi associo senza indugi alla richiesta di Cristiana di escludere David Sassoli dalle primarie per la scelta del candidato a sindaco del centrosinistra a Roma, ai sensi del regolamento che lo stesso Sassoli, al pari degli altri candidati, si è impegnato a rispettare. Non faccio parte della direzione regionale e non sono tesserato del PD a Roma, ma da residente nella capitale dico che lo scempio dei manifesti elettorali, peraltro abusivi, deve finire. Per rispetto alla città e per rispetto a chi chiede alla politica, e in particolar modo al PD, di dare il buon esempio nel seguire le regole e nello spendere meno denaro rispetto a quanto è stato fatto fino ad ora.

Tristezza

Per il PD del Lazio che non elegge, nel nuovo consiglio regionale, nemmeno una donna. A parte M5S, è così anche per gli altri partiti, anche se mi importa poco di quello che fanno gli altri, sinceramente. Forse è il caso di mettere mano alla legge elettorale regionale, che dite. Per la cronaca non ce l’ha fatta nemmeno Jean-Léonard Touadì, al quale ho dato il mio voto. Che dire, la crema del PD romano si è distribuita tra Camera e Regione, chi con merito indubbio, chi meno. Ma al di là dei risultati elettorali, il PD romano rischia seriamente di non essere capace di offrire risposte adeguate allo tsunami grillino, tanto nella leadership quanto nei metodi, orfano della candidatura di Nicola Zingaretti. Le elezioni comunali sono alle porte, e all’orizzonte non si vede una proposta credibile del PD per la guida della città. Sassoli e Gentiloni, con tutto il rispetto, sono perdenti in partenza contro l’ondata M5S che rischia seriamente di vincere al ballottaggio. Serve altro.

Se Penelope non lavora per la ditta

Mentre si applaude alle primarie del prossimo 25 novembre. Mentre di declamano le virtù delle primarie, che mettono in moto la partecipazione del “popolo del centrosinistra”. Mentre si saluta il confronto televisivo tra i cinque candidati come la prova evidente della vitalità del centrosinistra. Mentre avviene tutto questo, alla luce del sole, c’è un altro pezzo di PD e di centrosinistra che lavora dietro le quinte, laddove si mischiano legge elettorale nazionale, elezioni regionali, candidati a sindaco, poltrone, promesse. Sopravvivenza. Restaurazione.  La ricostruzione della vicenda è più vera che verosimile: in sintesi, uno scambio PD-UDC. Legge elettorale e appoggio ai candidati “targati PD” nel Lazio e in Lombardia in cambio del Sindaco di Roma ai centisti.
Gli sherpa, in questo caso, portano il nome di Cesa e di Migliavacca. Che non sarebbero in missione per conto di Dio, ma per le anime terrene e fallaci Casini e Bersani.

“La partita a Roma e nel Lazio, dunque, è solo un tassello di un puzzle più grande, giocato a livello nazionale, sopra la testa dei dirigenti locali dei due partiti.”

A parte sapere cosa ne pensa Zingaretti, più che sulle teste dei dirigenti locali la partita si gioca, ancora una volta, sulla testa dei cittadini e degli elettori. Di Roma, del Lazio, della Lombardia, di tutt’Italia. Le primarie, indispensabili a livello nazionale, diventano un problema sui territori.

Meglio annacquarle, allora. Oppure meglio non farle.
Occorre avere, in merito, idee chiare. E il primo candidato alla Segreteria del PD senz’altro ce l’ha.
Così, magari, non si dà l’impressione di distruggere di notte quello che faticosamente si costruisce di giorno.