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I giovani al primo posto

Ce lo ha ricordato a Torino, con passione, Renato Soru.

Degno contraltare, la Ministra ai ggggiovani che incita i ggggiovani a cercarsi un lavoro manuale nientemeno per tirarci fuori dal '68.

Soru e Meloni danno, oggi, un senso alle parole sinistra e destra.
L'uno richiama alla responsabilità collettiva ma in primis i genitori, affinchè stipulino con i loro figli un patto per lasciare alle nuove generazioni un paese migliore.
L'altra incita al fai da te, al sopravvivere, al darwinismo sociale. Cercati un lavoro qualsiasi e spera soprattutto che qualcuno te lo dia un lavoro, sottopagato e senza alcuna certezza del futuro.
A proposito di lavori manuali, mi piacerebbe vedere la Meloni (ma anche la Gelmini e Sacconi) spaccare pietre.

Una lezione per la CGIL (e per l’Italia)

Tratto dal sito di Lettera43. Non posso evitare di pubblicarlo.

«L’unione è il nostro più grande punto di forza. In Germania non siamo politicamente divisi in sindacati diversi, talvolta in conflitto o in concorrenza tra loro. Siamo un movimento. E facendo muro compatto, tutti insieme, abbiamo salvato migliaia di posti di lavoro».
Prima di accettare l’intervista con Lettera43.it, i rappresentanti di Ig Metall, il potente sindacato dei metalmeccanici tedeschi, sono stati chiari: «Parliamo dei nostri accordi stretti con i grandi gruppi automobilistici, ma senza esprimerci sul caso Fiat, completamente diverso dai negoziati con la Volkswagen. E neanche sulle vostre divisioni interne. Sulle quali, abbiate comprensione, non vogliamo esporci pubblicamente».
Fatta questa premessa, ogni riferimento a fatti o persone nel corso del colloquio con Helmut Lense, per 15 anni presidente del consiglio di fabbrica dello stabilimento centrale Mercedes-Benz di Stoccarda e dal 1998 al 2009 membro del consiglio di sorveglianza del colosso automobilistico in rappresentanza dei lavoratori, sarà puramente casuale.
Certo è che, ad ascoltarlo, fischiano le orecchie. «Negli anni abbiamo dovuto stringere i denti», ha raccontato il leader sindacale, che dal gennaio 2010 coordina a Ginevra il settore auto della Federazione internazionale dei metalmeccanici (Imf), 25 milioni di dipendenti nel mondo, «anche trovando compromessi con i datori di lavoro. Ma solo a breve termine. Sin dall’apertura delle trattative era chiaro che, superata l’emergenza, sarebbero stati “restaurati” i parametri del contratto nazionale del lavoro».

Domanda. Herr Lense, con la recessione bisogna rinunciare alle conquiste sindacali per difendere i posti di lavoro, come nel caso Fiat?
Risposta. Nel caso Fiat preferisco non entrare. Anche in Germania siamo dovuti scendere a patti durante le crisi del settore automobilistico, accettando forme di flessibilità temporaneamente svantaggiose per i lavoratori.
D. Quanto svantaggiose?
R. Da una parte si è scelto di diminuire la produzione, riducendo proporzionalmente anche gli orari di lavoro e le retribuzioni mensili. I dipendenti interessati dal cosiddetto Kurzarbeit (lavoro corto), misura adottata per evitare licenziamenti, potevano richiedere la compensazione dello stipendio con un assegno di disoccupazione. In altri casi si è accettato di venire incontro ai gruppi industriali congelando gli aumenti e i bonus, in cambio del prolungamento dei contratti di di lavoro.
D. Non è un grimaldello usato dalle aziende per scardinare i contratti nazionali?
R. Non nel nostro caso. La crisi non è stata una scusa. Per quanto ci riguarda, ogni trattativa è stata aperta a patto che, superato il periodo negativo grazie a sacrifici comuni, tornassero in vigore le condizioni fissate dai contratti nazionali. Ogni deviazione dalla norma è stata una misura provvisoria e duramente negoziata.
D. Adesso Ig Metall sta contrattando per un aumento degli stipendi dei dipendenti Volkswagen.
R. Certo, la trattativa fa parte della normale negoziazione del tariffario Volkswagen. Una scadenza in calendario che non ha nulla a che fare con i bracci di ferro che si sono avuti tra sindacati e imprese, durante la pesante congiuntura.
D. La crisi economica è ormai alle spalle?
R. In molti settori, incluso quello automobilistico, sì. Possiamo tirare un sospiro di sollievo e riprendere la routine. Le aziende minori, soprattutto nelle zone meno produttive, stanno ancora accusando i colpi. Ma la tendenza, come confermano i dati sulla disoccupazione in Germania, mai così bassa dal 1992, è di generale recupero. Il clima è nuovamente ottimista.
D. La pax sociale tedesca è stata possibile anche grazie al meccanismo di cogestione che vede sindacato e industria seduti nello stesso consiglio. L'ha detto anche Epifani, che voi avreste cacciato Marchionne.
R. Guardi, tra capitale e sindacato, pur in condizione di parità numerica, vince sempre il primo. Non creda che sia così facile venire a patti. Chiaro che il nostro margine di contrattazione è più ampio rispetto agli altri Paesi europei. Possiamo, per esempio, arginare iniziative aziendali discutibili. Parlare di modello per l’Europa mi sembra però da arroganti. Direi addirittura che, in alcuni casi, il potere della nostra cogestione è stato sopravvalutato.
D. Però in Germania voi le lotte le vincete.
R. La nostra grande forza sta, prima di tutto, nell’unità. Siamo un sindacato unico, non dobbiamo accordarci tra associazioni appartenenti a correnti politiche diverse, che talvolta entrano in concorrenza e in competizione tra loro. Per questo, più che per la cogestione, abbiamo vinto molte battaglie sociali.
D. Tanto da far desistere le società dal delocalizzare nei Paesi dell’Est. Eppure il costo del lavoro in Germania è molto più alto.
R. Gli stipendi non sono tutto per le aziende. Il nodo delle retribuzioni non è l’aspetto centrale per le scelte degli industriali, almeno non negli stabilimenti tedeschi che hanno una produttività molto elevata. Il personale è efficiente e altamente qualificato, i macchinari sono di ultima generazione. Delocalizzare è un gioco che non vale la candela.
D. Gli operai tedeschi guadagnano più degli italiani. Secondo i dati dell’Ig Metall, la busta paga di un addetto alla catena di montaggio della Volkswagen è di 2.750 euro lordi al mese, 18 euro l’ora. Ma non è un peso per il gruppo.
R. Con l'intesa del febbraio 2010 la casa automobilistica di Wolfsburg ha concordato di mantenere 95 mila posti di lavoro. In cambio ci siamo impegnati pro tempore a fare uno sforzo collettivo. Superata la crisi, la produttività sta tornando alta. Come ho detto, è questo l’aspetto decisivo che frena molti piani di delocalizzazione

E’ tutto lì, operai di Mirafiori

Bonanni, ma quante cazzate dici?
Ma con che faccia ti presenti agli occhi dei lavoratori?

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Almeno abbi il coraggio delle tue azioni. Puoi tranquillamente dire che hai accettato il classico ricatto occupazionale di un imprenditore talmente illuminato che ha semplicemente detto o è così o me ne vado, anche se il referendum a Mirafiori dovesse sancire la vittoria del no all'accordo. E l'hai accettato perchè ormai la CISL e la UIL non sono più sindacati, ma sono parti datoriali. E se il si prevarrà, sarà solo per la paura di perdere il posto di lavoro. Ma per favore, non venirci a parlare di diritti salvaguardati.

….diverso il parere del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni secondo il quale "dal mese di giugno la Fiom sta tentando di creare confusione nelle fabbriche con scioperi mal riusciti". Per Bonanni se il sindacato dei metalmeccanici della Cgil "fosse maggioritario, e non lo è, avrebbe spinto la Fiat ad andarsene dall'Italia".

Ma i diritti dei lavoratori "sono stati salvaguardati", ha rassicurato il leader della Cisl parlando a Mattino Cinque su Canale5. Secondo Bonanni l'accordo per Mirafiori dà diritto a "posti di lavoro, prospettiva, più salario. L'azienda stava chiudendo, che ci sia stato un manager come Marchionne che ha voluto saper ricostruire le condizioni di base dell'azienda e ha avuto la capacità di allearsi con la Chrysler e darsi un piano che incoraggia i mercati a finanziare un piano industriale per noi importante".

Bonanni ha aggiunto che "quando si parla di flessibilità si fa confusione. Marchionne ci ha chiesto una sola cosa: non meno salario, non taglio di alcuni diritti, ma solo di permettere una organizzazione del lavoro in grado di sfruttare al 100 per cento gli impianti. I dipendenti lavoreranno 8 ore come prima ma in tre turni giornalieri, è tutto lì".

 

Sacconi, parla con tuo figlio

Qualunque lavoro è meglio del non lavoro.

Ecco la frase del giorno. O forse dell'anno. Meglio, del secolo.

Anche un lavoro sottopagato.
Anche un lavoro senza contratto.
Anche un lavoro in nero.
Anche un lavoro senza diritti.
Anche un lavoro senza sindacati.
Anche un lavoro per il quale, se sei donna, ti fanno firmare la lettera di dimissioni in bianco da utilizzare nel caso in cui decidi di avere un figlio.
Anche un lavoro per il quale si può morire.

Vero, ministro Sacconi?
Immagino che una cosa del genere il ministro, a suo figlio, non gliela direbbe. Non ce n'è bisogno.
Mi piacerebbe conoscere, però, la risposta del pargolo. Sempre che non sia stato lobotomizzato, suo malgrado, da cotanto padre.

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Ne parla anche Massimo Giannini:
È la stessa logica che caratterizza la Dottrina Marchionne nella vicenda Pomigliano-Mirafiori: accontentati di questo posto, con meno diritti, meno rappresentenza e meno qualità del lavoro, perché l’alternativa è la chiusura dell’azienda. Qui il ragionamento è: accontentati di un lavoro purchessia, malpagato, provvisiorio e dequalificato, perché l’alternativa è finire in mezzo alla strada. Ecco la "proposta" dell’attuale classe dirigente alle nuove generazioni. Altro che "scambio" politico. Questo è un "patto scellerato". Dove una delle controparti non può negoziare, ma solo capitolare.
 

Io sto con la FIOM

Ho firmato l'appello qui.

La società civile con la Fiom: "Sì ai diritti, No ai ricatti". Firma l'appello di Camilleri, Flores d'Arcais e Hack

Il diktat di Marchionne, che Cisl e Uil hanno firmato, contiene una clausola inaudita, che nemmeno negli anni dei reparti-confino di Valletta era stata mai immaginata: la cancellazione dei sindacati che non firmano l’accordo, l’impossibilità che abbiano una rappresentanza aziendale, la loro abrogazione di fatto. Questo incredibile annientamento di un diritto costituzionale inalienabile non sta provocando l’insurrezione morale che dovrebbe essere ovvia tra tutti i cittadini che si dicono democratici. Eppure si tratta dell’equivalente funzionale, seppure in forma post-moderna e soft (soft?), dello squadrismo contro le sedi sindacali, con cui il fascismo distrusse il diritto dei lavoratori a organizzarsi liberamente.

Per questo ci sembra che la richiesta di sciopero generale, avanzata dalla Fiom, sia sacrosanta e vada appoggiata in ogni modo. L’inaudito attacco della Fiat ai diritti dei lavoratori è un attacco ai diritti di tutti i cittadini, poiché mette a repentaglio il valore fondamentale delle libertà democratiche. Ecco perché riteniamo urgente che la società civile manifesti la sua più concreta e attiva solidarietà alla Fiom e ai lavoratori metalmeccanici: ne va delle libertà di tutti.

Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Margherita Hack

Primi firmatari: don Andrea Gallo, Antonio Tabucchi, Dario Fo, Gino Strada, Franca Rame, Luciano Gallino, Giorgio Parisi, Fiorella Mannoia, Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Lorenza Carlassarre, Sergio Staino, Gianni Vattimo, Furio Colombo, Marco Revelli, Piergiorgio Odifreddi, Massimo Carlotto, Valerio Magrelli, Enzo Mazzi, Valeria Parrella, Sandrone Dazieri, Angelo d'Orsi, Lidia Ravera, Domenico Gallo, Marcello Cini, Alberto Asor Rosa.

Capitale e democrazia

…c'è qualcosa di profondamente distorto in un sistema economico e politico che separa il lavoro dalla persona. Il primo è considerato una merce che un'impresa ha pieno diritto di comprare al prezzo che le conviene, o buttare da parte perché non serve più. La seconda è un essere umano che ha una storia, sentimenti, rapporti familiari, desideri, amicizie, un senso di dignità. È possibile, dobbiamo chiederci, che dinanzi al rischio di restare senza lavoro, che significa anche perdere gran parte dell'identità di persona perché la società intera è stata costruita attorno all'idea di lavoro retribuito, nessuno in pratica abbia il diritto riconosciuto di discutere se ci sono soluzioni possibili, altre strade meno impervie, di affermare che una razionalità economica che non lascia nessuna voce agli interessati al di fuori degli azionisti è una forma di irrazionalità che sta minando alle radici la democrazia?

Luciano Gallino. Repubblica, 04/11/2011
Il resto qui.

Sulla pelle degli operai

Poteva il PD avere una posizione unitaria sulla questione Mirafiori?
Ovviamente no.
E in questo caso, meno male, aggiungo.
Cofferati la vede così:

«Vuol dire che la sinistra è cambiata molto, in profondità. Sono sorpreso da certe dichiarazioni, da chi vede una “parte buona” in questo accordo. Ma dove? Agli operai di Mirafiori si promettono 30 euro lordi al mese perchè aumenta il loro sfruttamento. Si impone agli operai di lavorare di più, anche il sabato notte, con lo straordinario obbligatorio e il modesto aumento, una miseria, deriva dalle regole dei turni, non c’è altro. La Fiat punta solo ad aumentare lo sfruttamento.

In effetti, è proprio il mutamento della "sinistra" che colpisce. Quando si invita a firmare un accordo che limita il diritto allo sciopero, che non paga le malattie, che esclude dalla rappresentanza chi dissente, viene proprio da chiedersi che strada ha preso 'sto benedetto PD.
Può definirsi ancora "di sinistra" un partito che accetta di derogare ai diritti minimi dei lavoratori in nome della modernità, della globalizzazione, della produttività?
E non illudiamoci, l'accordo di Pomigliano era solo un apripista, lo sapevamo tutti. Ma qualcuno, davanti a quella forzatura, ha minimizzato, pensando che Pomigliano sarebbe stato un unicum non esportabile. E invece ci troveremo, a breve, con enne situazioni come queste, con enne ricatti del Marchionne di turno. Perchè ciò che interessa è introdurre un nuovo modello di sviluppo, un nuovo modello di fabbrica, un nuovo modello di sindacato.
Con la complicità della Nuova Triplice e di pezzi importanti del PD.
Spero che, davvero, si dibatta anche di questo nella Direzione Nazionale del 13 gennaio.
E che emerga con forza la voce di chi non ci sta.

Post di fine anno

Penso a Fabio, che ho appena salutato, ha passato i 35 e dopo due anni e mezzo di interinale si ritrova a ricominciare daccapo, con una laurea in chimica.
Penso ad Angela, altra laurea in chimica, sangue del mio sangue, 41 anni, precaria nella ricerca, precaria nell'università, precaria nella vita, un affitto da pagare e non si sa come. Sconta anche il suo impegno sindacale, perchè se ti fai i cazzi tuoi, oggi, campi meglio e forse il lavoro lo mantieni.
Ricatto occupazionale. Sta facendo scuola, a quanto pare.
E quando si dispera non c'è parola che tenga.
Penso ad Andrea, il suo compagno, 40 anni, chimico pure lui, precario pure lui, e nella vita ha fatto di tutto. Ricercatore. Operaio. Bidello. Insegnante. Maestro di calcetto. E fra tre mesi il contratto scade e mo' che cazzo faccio?
Tre storie, tre esseri umani.
Non sono numeri.
Respirano. Piangono. Ridono. Si disperano.
Disperare è la parola più abusata, ultimamente. Perchè davvero non mi dembra di vedere come sperare, non mi sembra di vedere luci in fondo a 'sto tunnel nel quale si è infilata l'Italia negli ultimi anni.
Con la complicità di tutti.
E scusatemi se oggi faccio il demagogo e sono pure demastronzo, ma mi incazzo con i miei.
Perchè il PD, quello dei parlamentari con il culo al caldo, quello dei funzionari di partito, non lo può sapere che significa vivere così.
Sono vicini a parole, ma lontani anni luce.
E non hanno uno straccio di niente da offrire a Fabio, ad Angela, ad Andrea.
Hanno Fini, Rutelli, Lombardo, Casini. Marchionne. Montezemolo. I nuovi miti del centrosinistra italiano.
Per loro una parola si trova, tranquilli.
Lavorano per noi.
Per un futuro migliore.

buio

Un principio sacro

Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.
In tema di immigrazione, e di emigrazione, calza a pennello.
Perchè leggendo i dati sulla presenza degli italiani all'estero, forse un piccolo esame di coscienza dovremmo farcelo.
Tutti. Gli Italiani, intendo.

Italiani