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Costruire, ma con un progetto

Grazie ad Andrea, vi segnalo un articolo di noiseFromAmerika.org a firma di Sandro Brusco. Un’analisi tanto impietosa quanto veritiera sull’operato del Governo Monti, alla luce della famigerata lettera della BCE. Più che condivisibili le conclusioni:

Se vogliamo qualcosa di diverso, sarà bene che iniziamo a pensare a come costruirlo.

E mi sa che qui iniziano i problemi.

Nascere o morire

Da quel che si può leggere sui giornali, la proposta di riforma del mercato del lavoro, formulata dal governo e accettata da tutte le parti sociali tranne la CGIL, presenta aspetti positivi (pochi) e aspetti negativi (molti). La semplificazione nella jungla dei contratti atipici e la trasformazione dei contratti di apprendistato in contratti a tempo indeterminato dopo 36 mesi è un passo in avanti anche se, quasi sicuramente, la maggiore tassazione dell’1,4 % finirà per essere scaricata sulle retribuzioni. Resta da sciogliere il nodo delle finte Partite IVA, e non mi sembra che possa essere sufficiente l’impegno del governo e delle parti sociali ad un impegno per un “contrasto secco” al fenomeno. Buona anche la sperimentazione sulla paternità obbligatoria. Ciò che, ovviamente, è inaccettabile, è la riforma dell’articolo 18 (a parte l’estensione del diritto al reintegro in caso di licenziamento per motivi discriminatori alle aziende con meno di 15 dipendenti). Non c’è alcuna evidenza, da un punto di vista economico-scientifico, del nesso tra l’articolo 18 nella sua attuale formulazione e la ritrosia delle aziende ad assumere. Sono chiacchiere. L’articolo 18 rappresenta un elemento di civiltà per il semplice fatto di stabilire che un diritto, come quello al lavoro, non è monetizzabile. Punto. Non ci sono 15 o 27 mensilità di indennizzo che tengano. Nel dibattito in corso negli ultimi mesi il concetto onnipresente era quello di spostare la tutela dal posto di lavoro al lavoratore. Mi sembra che in questo modo si sacrifichino sia l’uno che l’altro.

Ma al di là del merito del provvedimento, passibile di modifiche più o meno sostanziali nell’iter di approvazione in Parlamento, ciò che colpisce è il metodo. La concertazione è oggi vista come un disvalore, il male assoluto. Il centrosinistra e il PD hanno osannato per anni il modello Ciampi, portato ad esempio di come coniugare riformismo, rigore economico e pace sociale. Monti e il governo si sento tronfi per aver imposto un modello di riforma senza il consenso della CGIL. Uguale a Sacconi. E infatti il PDL esulta.

Il Partito Democratico deve decidere (e sarà costretto a farlo nel corso del dibattito parlamentare che seguirà alla presentazione della riforma), se la coesione sociale debba essere ancora un principio ispiratore della propria azione politica o se, invece, quel tempo è definitivamente tramontato. E con esso l’idea di PD che molti di noi hanno coltivato. Sempre che sopravviva, il PD, a tutto ciò.

Troviamo insieme nuove forme di lotta

Ieri un post di Ivan che ci spiegava l’ineluttabilità della manovra, nella sua forma e nei suoi contenuti. Sono in parte d’accordo con lui, nel senso che il PD si è assunto la responsabilità (quella si, politica e non tecnica) di contribuire a scongiurare il default del Paese e quindi il cul de sac di cui ci parlavano ieri PippoPopolino (che coppia!) non offre molti margini di manovra, anche ai parlamentari del PD ad oggi indecisi se accordare o meno la fiducia in un eventuale voto del Parlamento. Ciò non toglie che, a parità di saldi, l’ennesimo aggiustamento dei conti pubblici poteva essere realizzato con elementi di maggiore equità sociale e in questo senso le scelte politiche del Governo Monti sono sicuramente discutibili. Ciò che mi “divide” da Ivan, invece è il suo giudizio sullo sciopero. Ieri di tre ore, venerdì quello di otto ore che riguarderà anche la mia azienda. Ora io non voglio, qui, riaprire la solita discussione sui sindacati, sull’efficacia della loro azione, sulla loro rappresentatività tra le nuove generazioni. Tutto giusto. Molte critiche che sento rivolgere al sindacato sono corrette, anche per me che un pò ci vivo dentro. Ciò che preme dire, però, è che non si rinuncia ad una giornata di lavoro per compiacere il sindacato, ma per tutelare noi stessi. Allora quello che chiedo a voi, ed Ivan, è di capire insieme se ci siano altre forme di lotta diverse dallo sciopero, oggi. Se i lavoratori, oggi, abbiano altri strumenti per far sentire la propria voce. Per farla sentire, però.

Piovono pietre

Di che vogliamo parlare, della manovra economica? La faccia di Bersani, ieri sera da Fazio, diceva tutto. Era triste, Pierluigi. E forse oggi lo sarà ancor di più. Perchè si rende conto che la manovra sarà indigesta solo per i soliti noti. Quello che si voleva evitare e che invece non si riesce ad evitare. C’è da dire che il PD è mosso da un senso di responsabilità incredibile, e altrettanto non si può dire per il PDL, che non avrà alcuna difficoltà a votare una manovra che non intacca per nulla gli interessi del suo blocco sociale di riferimento. Resta tanta delusione, perchè ci saremmo aspettati che, davvero, i sacrifici li facessero tutti, ma soprattutto chi, finora, non ne ha fatto nemmeno mezzo. Che dire. Si aspettano le reazioni dei sindacati, delle persone in carne ossa, dei pensionati, dei lavoratori. Sai che roba se lo scontro sociale si acuisce con un governo amico? Vedere alla voce Bonanni e Angeletti. Sono certo che tireranno fuori le palle come non mai, contro il governo Monti. Altro che BerlusconiTremontiSacconiBrunetta. Poi mi fate un fischio. Resta la necessità di andare al voto al massimo a giugno. Per ridare voce alla politica. Per dire agli italiani quale direzione debbe prendere ‘sto Paese nei prossimi vent’anni. Ed agire di conseguenza. Sempre che il PD lo sappia, dove andare. Ma questa è un’altra storia.