Stavolta non succederà

Sabato saremo di nuovo a Roma per l’Assemblea Nazionale del Partito Democratico. “Di nuovo” si fa per dire, perché non si può certo dire che l’assemblea venga riunita di frequente né, soprattutto, che quella sia una sede solita di deliberazioni sugli indirizzi del partito. Fin qui, la gran parte delle decisioni sono state prese altrove, o non sono state prese affatto.
Sfogliando a ritroso l’album dei ricordi, ci siamo resi conto che è ormai da quasi due anni che cerchiamo di far dire al Pd una parola chiara sul ruolo dei suoi elettori, e sui meccanismi di partecipazione che vorremmo li coinvolgessero per colmare, almeno in parte, un gap sempre più evidente tra politica e cittadini, soprattutto per quel che riguarda la scelta dei rappresentanti e la necessità di tamponare l’infame legge elettorale in vigore.
Un impegno che abbiamo portato in assemblea, ma anche in Direzione Nazionale, ma anche nei circoli, nelle Feste del Pd, in tante iniziative organizzate da Prossima Italia o da altri. Sì, perché nel frattempo altri si sono aggiunti, e su quei temi hanno saputo convergere culture e sensibilità diverse che spesso – purtroppo – nel Pd fanno fatica a convivere, o anche solo a parlarsi. E questo ci rende orgogliosi, perché non è stato semplice, anche se è stato meno complesso di quanto possa sembrare: aldilà delle dichiarazioni di sparuti e ormai molto autoreferenziali top-manager della macchina partito, ormai quella necessità di allargare la partecipazione nel Pd è sentita da tutti, e sui territori in modo particolare, spesso unanime alla faccia delle divisioni correntizie. E che una federazione regionale come quella dell’Emilia Romagna – non certo un covo di rottamatori – abbia ormai sposato le primarie come metodo di scelta per i prossimi parlamentari ne è un segno clamoroso.
Può il vertice del partito continuare a ignorarlo? Due anni fa, e a dire il vero ancora poco più di un mese fa, nel corso della penultima Direzione Nazionale, abbiamo accettato di ritirare le nostre proposte di fronte alla prospettiva di poter correggere il Porcellum con una legge nuova e migliore. Ancora l’ultima volta, Bersani aveva indicato tre settimane come il termine di tempo oltre il quale una decisione si sarebbe imposta da sola: ne sono passate molte di più. Sei mesi fa aveva parlato di 90, massimo 120 giorni. E ieri l’ultimo monito è arrivato addirittura da Napolitano, cui è seguita la mobilitazione urgente per approvare una legge, fosse anche per stretta maggioranza. Nel frattempo, le ipotesi sui singoli sistemi sempre più fantasiosi e poco comprensibili si sono affastellate e contraddette, una dopo l’altra, e solo un paio di giorni fa Anna Finocchiaro ha coniato l’ossimoro secondo cui “il Pd è per restituire ai cittadini il diritto di scegliere i parlamentari”, “ma non con le preferenze”.
La confusione è grande sotto il cielo, e la situazione è tutt’altro che eccellente, in compenso il tempo inizia a mancare. Così, sabato, torneremo alla carica, questa volta con tre ordini del giorno distinti.

Il primo, quello sulle primarie per i parlamentari, che è sostanzialmente la riproposizione di quello già presentato in gennaio. E’ molto circostanziato, anche sui termini regolamentari, oltre che sulle scadenze, perché pensiamo che il Pd debba prendersi un impegno ben definito, e perché quel lavoro sulle regole che abbiamo fatto mettendo insieme le diverse sensibilità del partito, nel tempo, è diventato patrimonio di quei molti territori che sullo stesso tema hanno voluto deliberare positivamente, e lanciare così un segnale inequivocabile.

Il secondo, quello sul limite di tre mandati indicato dal nostro statuto, l’odg chiede non solo che la norma sia rispettata – e non è così banale come dovrebbe – ma anche che la quota di deroghe, pari al 10 per cento del numero di eletti alle precedenti politiche, venga motivata per scritto, una per una, dai richiedenti, e discussa apertamente in Direzione, in base a regole certe e senza automatismi, accordi sottobanco o deliberazioni formalizzate a cose già fatte e decise altrove.

Il terzo, quello sulla scelta del candidato premier, si basa né più né meno che sulle parole pronunciate da Bersani nella sua relazione, regolarmente approvata in direzione. E quindi: una scadenza certa per la definizione delle regole, perché questo clima di incertezza non fa bene al partito; l’apertura, come indicato dal segretario, a più candidature espresse dal partito; la garanzia che vi possano partecipare tutti i nostri elettori, senza l’aggiunta di pre-iscrizioni o di albi, esattamente come si è fatto in precedenza.

I tre documenti – a cui hanno lavorato e aderito, tra gli altri, Salvatore Vassallo e Sandro Gozi – sono disponibili e scaricabili in pdf ai link sopra riportati, chiunque li può diffondere. Le sottoscrizioni dei delegati devono avvenire il giorno stesso dell’assemblea, sabato, e chi volesse firmare può quindi cercarci in quella sede.

Quando mancano ormai pochi mesi alle elezioni, nessuno sa dire se veramente questa legge elettorale sarà cambiata (pare improbabile, comunque), e soprattutto se il cambio avverrà in meglio. Quanto alla scelta del candidato premier, l’ipotesi che il Pd si presenti a sostegno di un Monti bis sostenuto da una coalizione – pare – leggermente modificata è decisamente sul tavolo, e minaccia di togliere agli elettori anche quest’ulteriore esercizio democratico, oltre ad aprire problemi politici di ulteriore complessità; nel frattempo i mesi passano, e a un certo punto inizierà la campagna elettorale (e con essa, la compilazione delle liste): il consenso che a torto o a ragione avevamo accordato – forse con ingenuità, ma con speranzoso rispetto del partito – a rimandare ulteriormente queste semplici e sentite decisioni, e insomma a ritirare i nostri odg in attesa che altrove si sciogliessero i nodi fin qui descritti, questa volta non lo daremo più. Perché c’è un problema di tempi, e perché il dibattito e le dichiarazioni dei singoli non sembrano promettere nulla di buono. Senza offesa.
Insomma, possiamo facilmente prevedere – non per mancanza di fiducia, ma semplicemente basandoci sui precedenti – che anche questa volta ci sarà un dietro le quinte in cui ci verrà insistentemente chiesto di ritirare i nostri documenti, e di non farli votare. Non succederà.

Prossima Italia, qui.