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Costruire, ma con un progetto

Grazie ad Andrea, vi segnalo un articolo di noiseFromAmerika.org a firma di Sandro Brusco. Un’analisi tanto impietosa quanto veritiera sull’operato del Governo Monti, alla luce della famigerata lettera della BCE. Più che condivisibili le conclusioni:

Se vogliamo qualcosa di diverso, sarà bene che iniziamo a pensare a come costruirlo.

E mi sa che qui iniziano i problemi.

Il debito può aspettare?

E se, fatte le dovute differenze tra USA e Europa, Paul Krugman avesse ragione?

So yes, debt matters. But right now, other things matter more. We need more, not less, government spending to get us out of our unemployment trap.

Bella domanda

Ma il PD direbbe si a Draghi?
Se lo chiede Stefano Menichini:
 
Ma dalla Bce e da Draghi (alle cui ricette da Governatore il Pd ha sempre dato appoggio) arrivano, tra le altre, richieste dure e precise su mercato del lavoro e liberalizzazione nei servizi pubblici, a partire da quelli locali.
Sono istanze “liberiste”, come si dice qui spregiativamente, che i riformisti di centrosinistra erano arrivati a sfiorare prima però di allontanarsene. Sarebbero aggirabili queste richieste, pur con tutta l’eventuale nuova “forza politica” e contrattuale di un governo di larghe intese? Sono nel range della disponibilità di Bersani a fare «anche cose difficili», come ha detto alla camera? Il fatto che portatori in Italia di ricette così aspre saranno gli impresentabili Berlusconi e Tremonti ci esime dalla verifica. Che prima o poi però arriverà. O almeno, lo speriamo.

A ciascuno il suo

“Perché se a chiederti di cambiare è un governo fatto di partiti personali e di persone che riproducono i tuoi vizi antichi: come fai a credergli?”

“L’immobilismo e l’impotenza di Berlusconi sono diventati il problema dell’Italia, ma la tragedia del Paese è che le opposizioni non hanno usato il lungo tempo del crepuscolo berlusconiano per diventare, esse, la soluzione che il Paese attende.”

La crisi economica Italiana ha cause esogene e cause endogene, come ci ricordano, oggi, Luca Ricolfi e Ilvo Diamanti.

A un passo dal baratro

Non sono un economista, non mi cimenterò in analisi che altri fanno, in queste, ore, infinitamente meglio di me. Ma credo che ciò che sta accadendo in Italia sia sotto gli occhi tutti, al di là delle appartenenze politiche. Al netto della speculazione finanziaria, semplicemente i mercati, le istituzioni europee e mondiali, non hanno una briciola di fiducia sul fatto che, allo stato attuale, il governo italiano possa garantire il pagamento dei debiti. Ma del resto come potrebbero aver fiducia in un premier che, di fronte alla richiesta di mettere in campo da subito provvedimenti strutturali che rilancino l’economia, rimanda a settembre la discussione sulle misure da adottare, mentre il Parlamento chiude e i parlamentari discutono se andare o meno in pellegrinaggio? Come potrebbero avere fiducia in un Paese guidato da un ologramma umano che suggerisce, in tale frangente, di investire nelle sue imprese, ennesimo conflitto di interessi? O che racconta aneddoti del padre che evidenziano, ancora una volta, come B. sia un imprenditore del tutto avulso da qualsiasi forma di rispetto per i mercati, per le istituzioni e per lo stesso mondo imprenditoriale di cui fa parte? Temo seriamente che questi dilettanti porteranno l’Italia al default, allora meglio qualunque cosa che non sia questo scempio, i cui danni ricadranno, al solito, sulla parte più debole e indifesa del Paese.