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Una storia del sud

Na tazzulella ‘e cafè…cu ‘a sigaretta ‘a coppa pe’ nun vedé…
S’aízano ‘e palazze, fanno cose ‘e pazze, ce girano, ce avòtano,
ce jéngono ‘e tasse… E nuje passammo ‘e guaje, nun putimmo suppurtá…
e chiste, invece ‘e dá na mano, s’allisciano, se váttono, se mágnano ‘a cittá!…

Il mio amico Gaetano ha studiato, è ingegnere civile. Vive in un paese alle porte di Napoli, uno di quei posti che se non ci nasci non puoi capire.  Vuole fare la professione, deve essere un vizio di famiglia. Padre geometra, fratello ingegnere pure lui. Si laurea presto presto e inizia a lavorare in proprio. Le case si costruiscono, dalle sue parti. E lui fai calcoli per case a tre piani che saranno costruite in una settimana, alla faccia del cemento che deve maturare, tanto, ingegnè, ce mettimm’ ll’additivo. Tutto abbusivo. Poi ci pensa il proprietario a sanare la questione, basta fare una DIA fasulla e oplà, la casa fatta da zero diventa la ristrutturazione di una casa degli anni ’40. Chi deve controllare non controlla. I vigili urbani, la ASL, l’ispettorato del lavoro. Tutti quanti. Quelli chiamano prima di arrivare, in cantiere. E allora il capomastro gli dice: jammuncenn’ a piglia’ o’ ccafè. E tutto si acconcia, come per miracolo.

Gaetano non ce la fa più a fare le case così. Se non vuoi fare le case per i privati puoi sempre provare a lavorare per le pubbliche amministrazioni. E Gaetano trova i politici, di tutti i partiti, destra e sinistra. Gaetà nun ce sta problema, io l’appaltino te lo do. Ventimila euro di incarico, cos’ non serve nemmeno la gara. A te 17 mila, a me tre mila. ci stai?

E poi ci sta la camorra. Quella ll’è pavà sempre.

Il vicino di casa di Gaetano è un onorevole, ma a quella porta lui non ci ha mai bussato. I colleghi di Gaetano invece fanno la fila davanti alla sua porta, e quello per toglierseli dalle palle qualche cosa gliela allunga. I colleghi ingegneri di Gaetano faticano tutti quanti.

Il padre gli ha insegnato che si può anche essere comprensivi, vedere quello che si può fare e quello che non si può fare. Però gli ha anche detto che appena vede una busta li deve sbattere fuori dalla porta, perchè quelli si fottono la tua libertà.

Gaetano se ne va. Non ce la fa più. Chiude lo studio e se ne va a Roma, a fare il precario. I colleghi ingegneri sono rimasti e s’aizan’ e’ palazz’.  Mi dice con tanta amarezza che le cose, da quelle parti, non cambieranno mai. Io vorrei dirgli che non è così, che una speranza ci sta sempre, ma forse non ci credo tanto nemmeno io.

È il destino di certe terre, perdere i loro figli migliori. Una terramadre un pò zoccola che prima ti dà la vita, e poi ti tradisce e ti toglie ogni speranza.