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Conflitto su confitto

Ci vive di conflitti, Renzi. È la sua cifra. Correre implica abbattere ostacoli. Quindi demolire. Quindi confliggere con persone, idee, tutto ciò che possa osare rallentare la corsa.

Vecchi contro giovani. Precari contro garantiti. Insegnanti gli uni contro gli altri. Magistrati contro cittadini.

Quanto renda il suo correre, e il suo confliggere, non è chiaro. Dopo le Europee sembrava che la strada, dal suo punto di vista, fosse quella giusta. Dopo il voto delle Regionali forse un po’ meno, ma non credo che il ragazzo cambierà rotta.

E infatti di conflitto se ne inventa un altro.

Assistenzialismo contro lavoro.

Qui lancia la sfida alla sinistra, ai movimenti, alle associazioni, a tutti quelli che del reddito minimo garantito stanno facendo una battaglia importante, giusta e rivoluzionaria, almeno per il nostro Paese.

È un argomento facile, quello dell’assistenzialismo, che colpisce alla pancia delle persone prima che al cervello. Un cervello che, se acceso, dovrebbe far riflettere su un welfare che va rivisto dalle fondamenta, tra detrazioni, CIG, sovvenzioni a pioggia ad imprese che rendono, di fatto, inapplicata la nostra Costituzione e ci relegano in fondo alla UE, unico Paese, con la Grecia, a non essersi dotato si uno strumento di sostegno al reddito che accompagna i lavoratori in caso di disoccupazione.

Quindi da una parte i parassiti, che vogliono vivere di assistenza, quelli della sinistra massimalista, quelli del gettone nell’IPhone. Dall’altra parte “noi” che corriamo, che produciamo, che vogliamo creare lavoro, che vogliamo uscire dalla crisi (come non è dato sapersi).

Tutto molto semplice, chiaro, schematico, nella vulgata renziana. Il nuovo nemico è servito. Se otterrà i risultati sperati, si vedrà. Mi permetto di nutrire qualche dubbio.

Il rispetto che manca

Ballarò l’ho visto a spizzichi e bocconi, ieri sera. C’era la Juve, è comprensibile. Finita la partita mi sono sorbito l’intervista a Renzi, finalmente incalzato da un giornalista che non piega la testa davanti al potente di turno. Da quel che ho visto c’era Pippo in gran forma, che ha espresso bene il timore di avere un governo troppo di sinistra. Meglio stare con i piedi per terra, non si sa mai.

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Però nell’intervallo ho visto al volo il collegamento con i pensionati e ho provato una grande tenerezza e una grande rabbia insieme. La dico in maniera brutale: alimentare il conflitto sociale mettendo figli contro padri è criminale. Dileggiare le piazze nelle quali i pensionati manifestano per difendere i loro diritti e i diritti delle generazioni future lo è altrettanto. Se il Paese regge, se c’è un welfare familiare parallelo che consente a tantissimi under 45 con lavori e situazioni precarie di tirare avanti lo dobbiamo anche a loro. Ci vuole rispetto. Un rispetto sacro. Quello che manca quando si utilizza la boutade del gettone e dell’Iphone. Anziani trattati come ferro vecchio, da rottamare, appunto. Persone che hanno ancora tanto da dare al Paese in termini di esperienza, di aiuto materiale alle giovani generazioni messe contro il loro stesso sangue, per la sola colpa di aver lavorato una vita ed aver maturato diritti ed una pensione spesso da fame.

Senza rispetto questo Paese non si risolleverà mai.

Welfare, welfare e ancora welfare

Finché non avverrà la riforma degli ammortizzatori sociali e l’avvio di un sistema di formazione continua, la cosiddetta flexsecurity rimarrà una chimera. Questa è la vera leva affinché il mercato del lavoro sia meno diseguale e più fluido. Soprattutto, che premi effettivamente il merito delle persone, le loro capacità, la loro volontà d’impegno e diminuisca il peso (favorevole, per chi ce l’ha) delle posizioni di rendita familiari o di casta.

Daniele Martini, il resto qui.