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Leopolda dimenticata

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C’ero anch’io a Firenze. Alla prima Leopolda. Quella messa nel cassetto.

Ce lo ricorda oggi Alessandro. Magistrale.

Oh, amici e compagni della prima Leopolda che oggi state al governo o giù di lì, sì, dico a voi: visto che quattro anni fa di questi tempi si era insieme a preparare quella cosa, adesso che voi siete potere state pure serenissimi, e divertitevi, ma abbiate almeno ben chiara una cosa: siete voi ad avere voltato gabbana, pratiche e parole eh. Non io, non noi: voi.

Siete voi che siete andati al governo senza elezioni e senza primarie, quando tutti si diceva che nessun governo mai doveva nascere da manovre di palazzo e senza mandato dei cittadini.

Siete voi che state al governo con un pezzo di destra e state ridisegnando il Paese anche con l’altro pezzo, quello meno dicibile, quando tutti insieme si diceva mai più inciuci, mai più la bicamerale, shame on D’Alema.

Siete voi che state facendo una riforma costituzionale e un’altra elettorale che allontanano entrambe i rappresentanti dai rappresentati, i deleganti dai deleganti, quando tutti eravamo d’accordo che proprio la distanza tra Paese e Palazzo era uno dei primi problemi a cui mettere mano.

Siete voi che avete scordato i cancri mostruosi del paese – le mafie e la corruzione, spariti dai “mille giorni” – eppure a quella prima Leopolda s’era detto che era tema fondante, ricordate?

Siete voi che vi siete dimenticati anche i diritti civili, in nome di una real politik che ha i volti di Giovanardi e Fioroni, quelli che insieme sbeffeggiavamo, quattro anni fa, e ora sono i vostri paletti.

Siete voi, insomma, che avete abdicato all’idea di una sinistra plurale, radicale, laica, sociale e contemporanea, in nome di un ‘partito della nazione’ che è una notte in cui tutti i gatti sono bigi, però piace molto a Giuliano Ferrara – e vi fa sentire vincenti perché avete i numeri, sebbene abbiate decisamente e drammaticamente perso nel realizzare i vostri originari ideali.

Ora, amici miei, che l’abbiate fatto per impazienza o convenienza, per inesperienza o superficialità, a me importa poco.

Ed è probabile che se leggerete questo post, la vostra reazione sia quella del dagli al gufo e al rosicone, perché tra le cose che di quattro anni fa vi siete scordati c’è anche l’obbligo morale a parlare per contenuti e non per slogan imparati dal capo.

E va beh, pazienza.

Tanto un giorno ci si riparlerà, ne sono certo: come con un amico che per qualche anno non si è più visto perché faceva molta carriera e tirava qualche pista, ma poi ne è uscito, e nessuno vuole fargli pesare il tempo in cui era perso altrove.

Resoconto del #confrontomaivisto

Bella, bellissima serata sabato a Minturno per il #confrontomaivisto.

Un pensiero ai presenti e agli assenti. E si, perché rispetto al “cartellone” iniziale ci sono stati un paio di cambiamenti. Gennaro Migliore non ha potuto partecipare a causa di un lutto in famiglia (e ancora un volta desidero fargli sentire la mia personale vicinanza). La senatrice M5S Ivana Simeoni, invece, un paio di giorni prima dell’evento ha dovuto declinare l’invito per “problemi interni al movimento”. Aspettiamo entrambi a braccia aperte, in qualsiasi momento.

Quindi è toccato a Walter Tocci, Raffaella Bolini e Giuseppe D’Acunto (segretario del circolo locale di SEL in sostituzione di Gennaro Migliore) farsi torchiare da Alessandro Gilioli, giornalista de L’Espresso e blogger.

Alessandro Gilioli

Alessandro Gilioli

Si è quindi discusso di riforme, Costituzionali ed elettorali. Di lavoro, di precariato, di job(s)-act. Di Europa. E delle prospettive di “riunione” in un unico grande soggetto della varie anime della sinistra italiana.

Walter Tocci

Walter Tocci

Walter Tocci, firmatario insieme ad altri 22 senatori del PD di una proposta di riforma alternativa rispetto a quella governativa, invita alla prudenza sulle riforme della Costituzione (sul suo blog potete leggere tutti i suoi interventi più recenti) e, su domanda precisa di Alessandro Gilioli, anticipa il suo voto contrario al “modello Renzi” qualora tale proposta di riforma del Senato dovesse arrivare in aula immodificata . Tra le affermazioni, sensatissime, di Tocci, quella che mi piace di più è la dichiarazione di fallimento della sua generazione come padri costituenti: troppe volte, in questi anni, sono state fatte pessime riforme, anche dal centrosinistra, e quindi meglio lasciare questo compito ad altri. In merito al dibattito in corso nel nostro paese su temi “sociali”, Tocci ha lodato le buone intenzioni dell’agenda Renzi, ossia il riportare al centro del dibattito la redistribuzione del reddito e il lavoro. Ottimo anche il partire dalla  ristrutturazione degli edifici scolastici come primo segnale di investimento pubblico per creare lavoro e cultura. L’appello di Tocci a Renzi, in sostanza, è stato: occupati dell’Italia, ma lascia stare la Costituzione. Passando alle elezioni europee, il senatore del PD ha evidenziato la novità di questa consultazione: per la prima volta il PSE (e bene ha fatto Renzi a far si che finalmente, dopo anni di tentativi messi in atto dai leader che si sono succeduti, il PD aderisse alla famiglia del socialismo europeo) si presenta con un programma comune ed un leader candidato alla presidenza della Commissione Europea. E se è vero, ad esempio, che grazie all’impegno di Martin Schulz in Germania, seppur in un governo di larghe intese, è stato possibile raggiungere un accordo su un salario minimo universalmente valido, allora con un successo pieno del PSE alle consultazioni del prossimo 25 maggio sarà possibile mettere in atto politiche sociali, economiche (e monetarie, aggiungo io) che potenzialmente possono offrire una risposta concreta alle politiche di austerithy fortemente volute dalla cancelliera tedesca. Infine, sulle prospettive di un soggetto unico della sinistra italiana (e rispondendo alla provocazione di Gilioli: ma tu, Civati, che ci state ancora a fare nel PD?) Tocci ha ribadito la volontà di tener vivo il dibattito parlamentare per preparare il dopo-Renzi, ma continuando a far politica in acque poco tranquille, e  stando nel gorgo per cambiare le cose. Almeno finché non si rischia di affogare.

Raffaella Bolini

Raffaella Bolini

Raffaella Bolini, candidata alla elezioni europee nella circoscrizione centro per la lista L’Altra Europa con Tsipras, sulla riforma della Costituzione ha le idee chiare. Contesta la lettura della JP Morgan che attribuisce alle Costituzioni dei paesi del sud-Europa una eccessiva attenzione ai diritti delle persone e piuttosto auspica che la Costituzione Italiana sia presa a modello ed esportata in Europa piuttosto che modificata secondo quanto pensato dal governo. Sulle politiche economiche del governo Renzi, Raffaella innanzitutto ci rammenta che a fronte degli 80 euro al mese per i redditi al di sotto dei 1500 € netti al mese, ci sono gli incapienti per i quali non è previsto nulla. E, nel merito, le cifre di cui si parla, seppur meglio di niente, sembrano davvero essere poco più di una elemosina. Il sostegno alla candidatura di Alexis Tsipras nasce dalla volontà di costruire un’Europa diversa, fondata sulle persone, sui diritti, sui beni comuni piuttosto che sul blocco dei poteri banche-finanza. E se la Lista Tsipras sarà decisiva nel disegnare il nuovo assetto del parlamento europeo, allora il PSE dovrà scegliere se rivolgersi a sinistra o piuttosto trasferire anche a Bruxelles le larghe intese con il PPE. Alla domanda di Alessandro, che chiede se l’esperienza de L’Altra Europa nasce e morirà con le Elezioni Europee, Raffaella ribadisce la volontà di proseguire oltre la scadenza elettorale, per consentire una interlocuzione costante del mondo dell’associazionismo con i partiti che rappresentano la sinistra nell’attuale Parlamento.

Giuseppe D'Acunto

Giuseppe D’Acunto

Giuseppe D’Acunto, compagno e amico da una ventina d’anni, ha avuto il compito, eseguito egregiamente (qualcuno aveva dubbi?), di sostituire il Gennaro Migliore. Giuseppe ha avuto parole durissime per Renzi (“il guitto di Firenze”), per l’attuale governo e per il percorso delle riforme, e ha messo in guardia, nel suo intervento, dal rischio di deriva autoritaria che si intravede nella sostanza ma anche nella forma, allorquando si utilizzando parole denigratorie nei confronti delle minoranze e di chi dissente, anche con voce autorevole. E a proposito di legge elettorale, ci ha ricordato che uno dei più autorevoli padri costituenti, Piero Calamandrei, eletto in Assemblea Costituente con un partito che raccolse l’1,6% dei voti, ai giorni d’oggi nemmeno potrebbe sedere in Parlamento dato che la legge elettorale proposta dall’asse Renzi-Berlusconi priva di rappresentanza le minoranze con soglie di sbarramento tanto elevate (8% per chi non si coalizza). Giuseppe ha bocciato senza appello l’agenda economica di Renzi, anche perché ci si accorge che sotto i titoli sono nascoste proposte che fanno regredire il Paese in termini di diritti e di benessere economico, come avviene, a suo dire, per le proposte contenute nel job(s)-act che istituzionalizzano la precarietà. Il segretario del circolo cittadino di SEL pensa, piuttosto, che per far ripartire l’economia sia necessario puntare sulle eccellenze produttive del nostro Paese e solo la fidelizzazione della forza lavoro può far mantenere elevati standard di qualità produttiva, soprattutto nella piccola e media impresa. Giuseppe pensa anche che sia necessario un grande intervento di sostegno pubblico al lavoro, che non vuol dire nazionalizzazione delle imprese ma impegnare risorse finanziarie statali per rimettere in moto l’economia del Paese. Sulle prospettive della sinistra in Italia, infine, il rappresentante di Sinistra Ecologia e Libertà ricorda come sia stato il PD a “tradire” il patto di coalizione che vedeva i due partiti presentarsi uniti alle passate elezioni sotto le insegne di Italia Bene Comune e ricorda anche come nel DNA di SEL sia presente l’aspirazione a fondersi in un contenitore più grande e appartenente alla famiglia del socialismo europeo, a patto però di riconoscersi in politiche comuni in tema di diritti, di ambiente, di politiche del lavoro.

Interventi dal pubblico. Il segretario del circolo PD cittadino Franco Esposito che “difende” (semmai ce ne fosse bisogno) Renzi e il suo governo e, rivolto a Tocci, chiede tempo per poter giudicare se farà bene o male. E conclude dicendo che la riforma del Senato, che prevede la nomina di amministratori locali quali suoi rappresentanti, non dovrebbe spaventare il PD, dato che in una siffatta assemblea gli amministratori del PD sarebbero sempre in maggioranza. Risposta di Tocci che ribadisce il concetto: Renzi si occupi di tutto eccetto che della Costituzione. E sulla seconda parte della domanda: non è che si fanno le riforme perché avvantaggiano una parte politica.

Franco Esposito

Franco Esposito

Altro intervento di Gabriele Russo, giovane segretario dei GD di Minturno che invita gli interlocutori a porre una particolare attenzione, in chiave elezioni europee, alla lotta alla criminalità organizzata e alle politiche giovanili.

Gabriele Russo

Gabriele Russo

Che dire, un dibattito serrato, franco, nel quale i protagonisti hanno mostrato tratti in comune (sulle Riforme) e visioni distinte (sull’Europa). Ma le differenze non sono così incolmabili e lasciano ben sperare per le prospettive della sinistra in Italia. Una sinistra che dovrà continuare a far sentire la propria voce per presentarsi in maniera autorevole agli elettori quando finirà l’epoca delle larghe intese (speriamo prima possibile).

Peccato per l’assenza della senatrice Simeoni, perché credo che il confronto sia necessario soprattutto in questo periodo storico e perché credo sia indispensabile coinvolgere, in Parlamento, le persone perbene e di buona volontà che hanno aderito al movimento per cambiare, in meglio, il nostro Paese e non per soggiacere ai diktat dei guru o di attivisti invasati.

Infine, un pensiero a Minturno, che non è un posto facile per fare politica, ma le persone presenti lasciano ben sperare. Noi insisteremo.

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#confrontomaivisto

In questi giorni appare sempre più evidente la forzatura che il premier sta mettendo in atto. Sulle riforme, sulla legge elettorale. Sulle spalle della Costituzione. Legare il destino del Paese ai propri destini politici e personali è profondamente sbagliato. Ed è un modus operandi che non appartiene alla storia del centrosinistra italiano. Non mancano i malumori, e non solo nel PD. Davanti al rischio di una svolta autoritaria, come evidenziato da Libertà e Giustizia, è possibile far fronte comune, in Parlamento, tra chi si oppone a riforme della carta a dir poco pasticciate? E davanti al rischio di perpetuazione del precariato a vita, è possibile, in Parlamento, trovare convergenze su proposte alternative? E in vista delle elezioni Europee, è davvero utile sbraitare in patria contro i vincoli imposti da Bruxelles per poi dar ragione alla Merkel in sede di confronti bilaterali, oppure è necessario rilanciare l’esigenza di una differente politica economica e monetaria che faccia uscire il vecchio continente dalla logica perversa dell’austerity?

Ecco, di tutto questo parleremo sabato 5 aprile, a Minturno, in un confronto mai visto prima.

#confrontomaivisto

L’evento Facebook lo trovate qui.

 

 

L’agenda. Punto.

Nei giorni scorsi Alessandro Gilioli ha punzecchiato Pippo Civati sulla frase “continuità a sinistra con Monti”, pronunciata nell’intervista rilasciata a Concita de Gregorio. Oggi Pippo precisa, e ditemi che non è questa, la giusta direzione.

Caro Alessandro,

leggo del gin con l’analcolico e faccio fatica a capire (a parte che il gin tonic non è poi così male, ma è il caso di non perdersi nell’analisi delle metafore).

La mia posizione sulla’«agenda Monti» (espressione sulla quale mi sono trovato spesso a ironizzare) è parecchio articolata, come ho scritto più volte, ad esempio qui.

Ci sono cose buone e altre meno, di questa esperienza di governo. C’è Barca e c’è Passera, per intenderci. Con l’impegno del primo a evitare sprechi e investimenti sbagliati (compresa la dispersione dei fondi europei, che vale decine di miliardi ogni anno) e c’è chi ha ancora in mente una ricetta che tutto sommato non è così distante da quelle seguite negli ultimi anni.

C’è la credibilità recuperata a livello internazionale e c’è però un’uguaglianza da recuperare, all’interno, perché le disuguaglianze sono diventate un tema fortissimo, in questi anni.

C’è una linea di rigore per me auspicabile – era quella di Prodi, che la sinistra faticò a capire – e c’è chi la regge che invece dovrebbe cambiare (per questo propongo da «prima di Monti» una patrimoniale per abbassare le tasse ai ceti medi e a chi rischia di più, in questa fase).

C’è la riforma delle pensioni, che non credo si debba mettere in discussione, e ci sono gli esodati, che si sarebbero dovuti affrontare con un atteggiamento diverso. E ci sono i giovani, della cui continuità contributiva in pochi si sono occupati (per altro, anche questo tema per noi precede cronologicamente Monti, perché ne parlammo già nell’ottobre del 2011 a Bologna, in quella piazza a cui anche tu partecipasti).

C’è una politica e delle infrastrutture che non funziona e che a tratti sembra ottocentesca e ci sono cose, ancora in nuce, sulla corruzione e sull’evasione fiscale che sicuramente segnano una netta discontinuità con gli anni precedenti. E sulle quali è necessario proseguire, non arretrare.

C’è una politica energetica che mi piace molto poco, e c’è un atteggiamento di serietà nei confronti delle istituzioni che è un miracolo avere recuperato, dopo vent’anni così.

C’è una sfida da lanciare, quella che abbiamo proposto con i 6 referendum che tu conosci, che riguarda per esempio il reddito di cittadinanza, una di quelle cose che l’Europa non ci chiede, ma che in tutta Europa si fanno.

E poi, certo, c’è una maggioranza improbabile, che è bloccata dalle differenze siderali che ancora – e fortunatamente – intercorrono tra le diverse forse politiche.

L’espressione che tu citi condensava in una frase tutte queste considerazioni.

Se vuoi la versione metaforica, a cui ho fatto ricorso qualche settimana fa, il Pd e il centrosinistra devono avere un’agenda loro, che tenga conto di Monti 2012, ma racconti l’Italia dei prossimi anni. E tra gli almanacchi d’anteguerra e la smemoranda, preferisco una moleskine da viaggio. Alla ricerca dell’unico tempo che non abbiamo perduto: quello che deve ancora venire.

E per quanto riguarda l’eterno dibattito tra socialdemocratici e liberisti, ho proposto una doppia mossa che per me è qualcosa di diverso, che risponde nel modo migliore alle questioni che si pongono all’Italia, ora e in futuro. La trovi qui.

Delle alleanze, infine, sono rimasto tra i pochi a pensare che più che a Macerata – ricordi, la città del modello? – si debba guardare a Milano, senza spingersi verso destra, e cercando di costruire un centrosinistra che si è però, in questi mesi, fino ad oggi, distinto per le distinzioni più che per il lavoro comune e la responsabilità di cui abbiamo bisogno.

Io condivido

Noi crediamo che l’obiettivo del centrosinistra non debba essere quello di vincere per occupare e spartirsi posti di potere.

Noi crediamo che l’obiettivo del centrosinistra debba essere vincere per cambiare davvero l’Italia: rendendola un Paese all’avanguardia nel mondo per i diritti civili e sociali, per legalità ed equità, per qualità di welfare e ambiente, per accesso a Internet.

Noi crediamo che il rocambolesco balletto inscenato nelle ultime settimane dai leader dei partiti del centrosinistra attorno alle alleanze sia offensivo nei confronti di milioni di cittadini e di elettori.

Noi crediamo che il centrosinistra possa e debba proporre agli italiani una prospettiva ideale e concreta che non rimanga paralizzata per tutta una legislatura dal mercanteggiamento triste con chi in anni recenti e meno recenti ha rappresentato una delle componenti che ci è più lontana culturalmente, politicamente ed eticamente, e che soprattutto è stata complice di Berlusconi nel portare l’Italia in questa crisi.

Noi crediamo che non sia una questione di ‘veti’ ideologici ma al contrario di pragmatica consapevolezza che una coalizione innaturale non porterà mai ad alcun reale risultato politico, né potrà mai dare all’Italia quella frustata di civiltà e di giustizia di cui ha fortemente bisogno.

Noi crediamo che sia necessario puntare non a una coalizione da sopportare, ma a un progetto da supportare. Non a una mediazione prima ancora di incominciare, ma a una grande sfida da raccogliere. Non crediamo a scelte che provengono da lontano, ma a quelle che lontano ci possono portare.

Questo testo è stato scritto da Giuseppe Civati, Sara De Santis, Piero Filotico, Alessandro Gilioli, Patrizia Grandicelli, Ernesto Ruffini e Guido Scorza, ma appartiene a tutti coloro che vorranno condividerlo.

Troviamoci sulle cose da fare

Com’era ovvio, la proposta di Prossima Italia di chiedere di svolgere alcuni referendum, utilizzando uno strumento previsto dallo statuto del PD, suscita interesse e reazioni. Reazioni anche di segno opposto, s’intende. In bilico tra entusiasmo, scetticismo, ottimismo e vedonerodappertutto. Ecco, in quest’ultimo filone si inserisce Alessandro Gilioli, che però spera di sbagliarsi. Risponde Paolo:

Impresa disperata? Può darsi. Inutile? Vedremo, intanto però diciamo una cosa: chi oggi sostiene che il Pd vada abbandonato, o pretende di abbandonare la politica del tutto, e con essa l’appartenenza alla società umana, rifugiandosi su un atollo, ne scelga uno bello alto, perché lo scioglimento dei ghiacci che è in atto sommergerà tutto, e non risparmierà nessuna isola felice. Ma, ancora più esplicitamente, se qualcuno pensa invece di lasciare il Pd per far politica fuori da esso, in un partito o un movimento o qualsiasi altra cosa sia, deve puntare a costruire qualcosa che da zero prenda più voti del Pd stesso: che sono 7 milioni, più o meno, al momento, e 12 come potenziale ipotetico. Dovrebbe anche spiegare come si fa, però, e nel caso, auguri. Perché è da sempre, che qualcuno compie questo ragionamento, a sinistra, e finora non si registrano successi significativi.
Altrimenti, stiamo parlando della solita, proverbiale scissione dell’atomo, che da sola non troverebbe neppure l’ossigeno per respirare, ma che se proprio volesse vivere, e qui casca l’asino, alla fin fine dovrebbe comunque allearsi con il Pd. Tutta quella fatica, per tornare al punto di partenza: grazie, ma no, grazie.
Dopodiché, è facile e al momento è un argomento molto popolare, scrivere che bisogna mollare il Pd: costa poca fatica, ed è un esercizio alla portata di tutti, anche di chi è privo di fantasia. Procura di certo molti like, e molto consenso. Ma la cosa finisce lì, e di certo non contribuisce a cambiare le cose.