Archivi tag: Romolo Del Balzo

Un’altra pasta d’uomo, senza dubbio

“Da subito rinuncio alle prerogative connesse alla vicepresidenza, non parteciperò più all’ufficio di presidenza e già dal prossimo consiglio siederò tra i banchi dei consiglieri di minoranza. Sono certo di interpretare anche i sentimenti di chi mi ha eletto nel voler garantire  in queste circostanze il massimo rispetto delle istituzioni”.

Quando si dice salvaguardare le istituzioni. E Penati  è “semplicemente” iscritto nel registro degli indagati, per dire. Le indagini faranno il loro corso. Si doveva procedere così anche a Minturno. Il PD di Minturno aveva il dovere di chiedere un comportamento analogo al Presidente del Consiglio Comunale. Ma paragonare Del Balzo a Penati è come mettere la lana con la seta. E qui mi fermo.

Ecomafie a Minturno

Tratto da Latina Oggi.

Minturno nell’occhio del ciclone secondo l’annuale rapporto sulle ecomafie stilato da «Legambiente Lazio» e pubblicato in questi giorni. Giorni nei quali il Comune di Minturno non sembra trovare pace. Dopo la disfatta dell’amministrazione Galasso, caduta nei giorni scorsi con la conseguente gestione amministrativa passata nelle mani del commissario prefettizio Vincenzo Greco, la città si trova a dover fare i conti con due dei peggiori reati ambientali, legati alla dilagante infiltrazione della criminalità organizzata, contestatigli dall’associazione ambientalista: l’abusivismo edilizio e il ciclo dei rifiuti. «Nel Lazio – ha dichiarato il presidente della sezione laziale di Legambiente Lorenzo Parlati – crescono i reati legati allo smaltimento illecito dei rifiuti e sono saldamente elevati quelli per il cemento illegale, una triste conferma di una illegalità troppo diffusa e di una pericolosa ascesa della criminalità organizzata troppo spesso legata con le amministrazioni locali, ben oltre i livelli di guardia, soprattutto nel sud pontino. Mafie o no – si continua a leggere nel rapporto – la cronaca recente è zeppa di storie riguardanti provvedimenti giudiziari legati al ciclo dei rifiuti con imprenditori e funzionari pubblici solleticati dalla prospettiva di guadagni facili come a Minturno, dove lo scorso 25 ottobre la Guardia di finanza di Formia ha eseguito sette arresti per truffa e frode in appalto pubblico: due imprenditori di Cassino, due di Minturno e tre funzionari pubblici del Comune di Minturno (ai quali va aggiunto il consigliere regionale Romolo Del Balzo, ndr). L’indagine – ricorda la relazione di Legambiente – era iniziata nell’agosto del 2008 con il sequestro di due aree di circa 30mila metri quadri usate illegalmente per lo stoccaggio e lo smaltimento di circa 84 tonnellate di rifiuti industriali: tra cui oli e altri liquidi tossici sversati dentro una cisterna profonda cento metri e situata a breve distanza dal fiume Garigliano». Ma non è finita qui. Perchélo scenario geopolitico profilato dal rapporto s’incupisce ancor di più per Minturno. Infatti, nell’intero documento l’unica classifica nella quale la Provincia di Latina supera tristemente la capitale laziale tra i reati mafiosi legati all’ambiente è quella sul ciclo del cemento, nel cui commento si legge: «Il sudpontino si rivela una delle zone più ambite per lavare e ‘reinvestire’ denaro sporco, soprattutto in immobili con affaccio sul mare. Nell’ambito infatti dell’operazione ‘Arcobaleno’ del 24 marzo 2010, coordinata dalla Dda di Napoli contro il clan Mallardo e conclusa con l’arresto di 11 persone e la denuncia di altre 77, vengono sequestrati beni per oltre 400 milioni di euro, specie nel Lazio, e in particolar modo finiscono sotto i sigilli terreni, fabbricati e attività commerciali proprio di Minturno, oltre che di Fondi, Sabaudia e Latina».

Birra, munnezza e ramazza

L’ipocrisia è una brutta bestia. Lo è nei rapporti tra le persone, e lo è all’ennesima potenza in politica. Uno degli aspetti più deleteri di chi, ai giorni d’oggi, si dedica a questa nobile arte è quello di non parlare chiaro. Usare perifrasi, mezze parole, il detto e non detto, l’allusione. Minturno, ovviamente, non è esente dal morbo. Certe cose non si devono dire, ufficialmente. Si possono far intendere al bar Luccioletta, sulla terrazza Morelli, da Pippetto.E invece bisogna avere il coraggio di dire le cose come sono andate davvero, a Minturno. Anche ufficialmente. Sui giornali. Basta con la cautela. Bisogna far sapere a tutti che la giunta è caduta perchè il consigliere Tomao voleva mano libera sulla Festa della Birra. Voleva imporre la data di svolgimento (a fine agosto, in piena stagone turistica e non a metà settembre, come sempre accaduto) e non voleva nemmeno pagare la tassa di occupazione del suolo pubblico. Altro che bene dei cittadini. Cazzate col botto, quelle dichiarazioni sparate sui giornali. Del resto si sa, l’appetito vien mangiando, e dopo averci guadagato con il Palaghiaccio che faceva cacarissimo (e qualcuno glielo ha permesso), il consigliere avrà pensato di bissare con  la Festa della Birra.

Ma non basta, ovviamente. Il protagonista assoluto, anche stavolta, è Romolo del Balzo. E allora bisogna avere la forza di gridare che il Consiglio Comunale è stato sciolto anche perchè si stava preparando la rescissione del contratto con la EgoEco e probabilmente  l’Amministrazione si sarebbe costituita parte civile nel processo a suo carico. In un periodo nel quale la ditta incaricata della raccolta dei rifiuti nel comune accumula migliaia di euro di multe al mese per inadempienze contrattuali, multe che non si riescono nemmeno ad incassare a causa delle pesanti pressioni che sono fatte sui dipendenti comunali. Comunque chapeau a Romolo che, salvato da una maggioranza che non ha reputato necessario, salvo rare eccezioni nel PD cittadino (Mimma Nuzzo, Ciro Pignalosa e il vostro affezionatissimo), chiederne le dimissioni da presidente del Consiglio Comunale, non ha esitato a ripagare gli “amici” con una moneta ben diversa.

Sullo sfondo, politici alla Faticoni, ex PSI, ex FI, ex DS,  ex PDL, ex tutto. Un pò di qua, un pò di là. Con il PD in Comune ma con Di Giorgi in provincia, basta essere sempre protagonisti.

Che dire, il contraltare all’ipocrisia dovrebbe essere, in un momento di resipiscenza, la responsabilità. Una regola che dovrebbe valere in politica è quella che gli errori si pagano. E Del Balzo, Tomao, Faticoni sono stati errori. Madornali. Grossolani. E allora il senso di responsabilità dovrebbe indurre a riflettere l’ex sindaco, il PD e la maggioranza che ha sostenuto la giunta uscente. Ma non accadrà, tranquilli. Ci sono fulgidi esempi, solo per citare il PD (D’Alema su tutti) che indurranno a ritenere che gli errori politici non si pagano. Mai. Anzi, diventano medaglie. 

E allora serve una ramazzata per dare speranza a Minturno e alla sua gente. Se ce l’hanno fatta a Napoli, abbiamo qualche possibilità anche noi. O no?

Game over a Minturno

E così la primavera minturnese si è dissolta poco prima che iniziasse l’estate, dopo che 11 consiglieri hanno rassegnato le dimissioni.  Del Balzo e Faticoni (ma anche qualcun altro) hanno deciso, pollice verso e  tutti a casa, il sindaco Galasso con la sua anatra zoppa e la giunta di centrosinistradestra. Forse, allora, anche a Minturno è giunta l’ora della chiarezza. Già i protagonisti, in negativo, della vicenda dicono tutto su quanto ci sia bisogno, a Minturno come nel resto del Paese, di una nuova classe dirigente.  Del Balzo, che fino ad ora appoggiava esternamente la giunta (!), ci ripensa, forse davanti all’ipotesi di rescissione del contratto della EgoEco. Faticoni, che non ha avuto l’assessorato che gli era stato promesso, si offende e se ne va, e con lui i due consiglieri di opposizione che però forse erano in maggioranza, o forse no. Il pastone Minturnese era ormai arrivato ad un bassissimo livello di digeribilità. Personalmente, non ho mai nascosto le mie perplessità in merito a come il PD ha gestito la candidatura di Aristide Galasso prima e  la sua presenza nell’amministrazione comunale poi. Le primarie non si sono fatte, la giunta era composta per la maggior parte da persone che fino alla passata consiliatura erano state organiche al centrodestra, non si è avuto il coraggio di chiedere le dimissioni di Del Balzo a seguito del suo coinvolgimento nell’affaire munnezza-EgoEco in nome della realpolitik. E potrei continuare. Una stagione che si annunciava, per il Comune, come rivoluzionaria si chiude in anticipo a causa dei peggiori riti della peggiore politica. Assorbita la mazzata, però, occorre ripartire. Inizia una lunga campagna elettorale che deve, necessariamente, segnare una svolta. Il problema del rinnovamento della classe dirigente non è più eludibile, anche per il PD. Credo inoltre sia doveroso raccogliere le esperienze maturate in questi mesi dai comitati referendari che si sono battuti contro la privatizzazione dell’acqua e contro il ritorno al nucleare. Occorre ripartire dal basso per aggregare quei pezzi di società che hanno dimostrato di essere vivi e desiderosi di rappresentanza. Occorre restituire dignità alla politica, quella che considera i cittadini elettori e non sudditi. Occorre, infine, dare voce ai giovani elettori che non si sentono più rappresentati dai partiti tradizionali, dai loro riti, dalle loro alchimie.   Inizia un cammino non facile, che sperò vedrà protagonista la meglio gioventù minturnese. Io ci sarò, come posso, come so.

Prossima Fermata Napoli

Il mio intervento all’incontro di oggi, a Napoli. A dire il vero ho parlato un pò di meno, la regola dei 5 minuti non guarda in faccia a nessuno. A domani per le impressioni sulla giornata.

Il mio numero è il 39: ‘a fune n’canna, ossia la corda al collo.

La prima fune di cui vorrei parlarvi è quella che la criminalità organizzata stringe al collo di tutti noi. Parlare di criminalità, di camorra, a Napoli potrebbe suonare come un argomento, passatemi il termine, ”obsoleto”. Cosa potrei aggiungere, io, qui, oggi, all’analisi di una realtà sulla quale si dibatte da anni e con la quale si convive da tempo immemorabile? Sul fenomeno camorristico, nella sua declinazione napoletana e campana, si è, nel tempo, ampiamente dibattuto da un punto di vista sociologico, giudiziario, politico. E allora per non parlare di corda in casa dell’impiccato, facciamoci un viaggio un po’ più al nord, spostandoci di poco, però. Imbocchiamo la tangenziale a Corso Malta, direzione Pozzuoli. Poi l’Appia quater, la Domiziana, fino ad oltrepassare il Garigliano. Siamo così arrivati nel Lazio, e incontriamo tutti quei posti che sono mete turistiche per gli abitanti di Napoli e del suo hinterland che sognano di farsi un po’ di mare decente, visto che in città, di farsi il bagno, non se ne parla. Minturno. Formia. Gaeta. Fondi. Terracina. San Felice Circeo. Sabaudia. Poi ci fermiamo, perché siamo già arrivati a Latina e così a nord, partendo da Napoli o da Caserta, non ci si spinge, per un semplice bagno. Sono tutti paesi, quelli che ho appena elencato, che negli ultimi tempi sono balzati agli onori della cronaca, e non per il loro mare. Fin dagli anni ’70 il sud pontino è stato teatro di un’espansione a nord del potere criminale della camorra, tanto che tra Formia e Minturno si erano stabiliti vari esponenti dei Casalesi, dei clan Bardellino e La Torre che dai loro soggiorni obbligati dorati gestivano i loro affari in tutto il litorale. Non mancavano però anche n’drangheta e Cosa Nostra. Estorsioni, pompe funebri, negozi di abbigliamento, discoteche, ristoranti, imprese edili, centri commerciali, rivendite di auto, droga, munnezza, frutta, MOF, cemento. Nel sud Pontino oramai si può ben parlare di Quinta Mafia dove interessi di personaggi locali si intrecciano con quelli dei clan della ‘ndrangheta e della camorra che tra l’altro in zona si scambiano favori. Mentre nel casertano la macchina della giustizia faceva il suo corso con i processi “Spartacus” e vinceva le sue prime battaglie, per anni nel sud pontino tutto ha taciuto. Siamo dovuti arrivare a questi giorni per vedere confermate le condanne inflitte a vari esponenti dei clan dei casalesi, coinvolti nei processi “Anni 90” e “Formia Connection”. Ma l’inchiesta che maggiormente ha catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale sul sud pontino è quella denominata “Operazione Damasco 2”, le cui indagini vertevano sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel mercato ortofrutticolo di Fondi e nell’amministrazione comunale e il cui processo è in corso in questi giorni. La richiesta di scioglimento del Comune di Fondi per infiltrazioni mafiose, chiesta dal Prefetto Bruno Frattasi, non è mai stata attuata. Singolare, nella vicenda, è stata la condotta del Ministro dell’Interno Maroni che, in un primo momento, ha fatto propria la richiesta di commissariamento giunta dal Prefetto, per poi prendere atto della “soluzione del problema” avvenuta, secondo lui, grazie alle dimissioni della giunta comunale che aveva, nel frattempo, sfruttato l’immobilismo del consiglio dei ministri suggerito dal ras del PDL a Fondi, il senatore ed ex poliziotto Claudio Fazzone. Tale soluzione pilatesca ha però permesso a buona parte della vecchia amministrazione comunale, accusata di contiguità con ambienti mafiosi dal Prefetto Frattasi, di ripresentarsi alle elezioni. E ha permesso all’allora assessore all’Urbanistica, De Meo, di diventare sindaco, nonostante le pesanti censure a suo carico presenti nella relazione del Prefetto.

E allora, quando sento dire che Roberto Maroni è il miglior Ministro dell’Interno che la storia patria ricordi, mi viene da ridere. Perché credo che il merito delle azioni di contrasto alla criminalità sia da ascrivere in toto alle forze dell’ordine e alla magistratura, nonostante la mancanza di mezzi, di risorse e nonostante i provvedimenti legislativi che tutti i governi di centrodestra hanno preso per impedire un miglior funzionamento della macchina della giustizia, piegata alle esigenze giudiziarie del capo. E sulla questione Fondi il Ministro tace, come quando Laura Garavini, in Commissione Antimafia, gli chiese come si sentisse dopo che a Fondi sono tornate le persone per i cui comportamenti il Ministro stesso aveva chiesto lo scioglimento per infiltrazioni mafiose. Per non parlare dell’atteggiamento di buona parte degli amministratori locali della Lega di fronte all’ormai evidente condizionamento della vita politica in moltissime realtà del Nord Italia.

Ma questa è un’altra storia.

Tornando a Fondi, il mio pensiero va alle persone che più si sono esposte nel denunciare quanto stava accadendo, ossia il Prefetto di Latina Bruno Frattasi, che ha lasciato l’incarico per assumerne uno più prestigioso presso il Consiglio dei Ministri. Promoveatur ut amoveatur. Bruno Fiore, ex coordinatore del PD di Fondi e attualmente consigliere comunale, vittima di minacce ed attentati incendiari. E infine la giovane giornalista di Sabaudia Maria Sole Galeazzi, cronista di Latina Oggi, malmenata nelle campagne di Fondi perché faceva troppe domande e costretta a subire lettere minatorie e minacce psicologiche ogniqualvolta mette piede fuori di casa.

Come vi dicevo in precedenza, il ras del PDL nel sud pontino si chiama Claudio Fazzone, ex poliziotto e senatore. Ma non è il solo.

Un po’ più a sud di Fondi c’è l’altro feudatario, Romolo del Balzo da Minturno. Del Balzo, in passato, è stato sfiorato da inchieste della DIA di Roma per associazione a delinquere di stampo mafioso, abuso di ufficio e concussione, mentre nell’ottobre del 2010 è stato arrestato con l’accusa di truffa ai danni dello Stato e frode per presunte irregolarità nella gestione dell’appalto di raccolta dei rifiuti nel Comune di Minturno. Mi sembra superfluo ricordare che la criminalità organizzata ha fatto della munnezza uno dei suoi business principali. Del Balzo è attualmente Presidente del Consiglio Comunale di Minturno e, da consigliere regionale, subentrato proprio al Senatore Fazzone, è stato nominato presidente della commissione grandi eventi che si occuperà dei Giochi Olimpici che Roma vorrebbe ospitare nel 2020. In effetti fino a pochi mesi prima era presidente della commissione Lavori Pubblici, mentre in passato è stato vicepresidente della Commissione Sanità. E guarda caso una delle inchieste che lo ha visto coinvolto è stata proprio per presunte raccomandazioni nelle assunzioni di personale presso svariate ASL della provincia di Latina.

Ad ogni modo vorrei prendere spunto da questa vicenda per evidenziare come esista il rischio, stavolta per il PD, di mettersi da solo una fune n‘canna. Si, perché nel nostro partito e nel sud pontino non esistono solo persone come Bruno Fiore. Ma esistono anche amici democratici che, in nome della governabilità, non si fanno scrupoli ad allearsi con persone, come dire, chiacchierate come Del Balzo. Ciò è quanto succede a Minturno, e spero che vicende simili possano fornire uno spunto di riflessione per capire meglio quale debba essere il messaggio che il PD dà sul tema della legalità e della commistione politica-affari, soprattutto nelle regioni del sud.

Io penso che il PD, se davvero vuole essere inattaccabile sul tema della legalità, e con particolare riguardo in quelle regioni nelle quali, spesso, il confine tra lecito e illecito è impalpabile, non debba più tollerare che, ad esempio, propri rappresentanti immaginino di poter taroccare i risultati delle primarie, e ne avete avuto un’esperienza diretta qui a Napoli. Non debba più affidare assessorati a propri uomini che hanno interessi economici nello stesso campo per il quale svolgono il proprio ruolo istituzionale, e sappiamo tutti cosa è successo nella sanità Pugliese e come il PD ha gestito, male, l’intera vicenda. Non debba più candidare persone che, al di là delle verità giudiziarie, hanno tenuto comportamenti a dir poco sconvenienti nel rapportarsi con mafiosi, e mi riferisco al Senatore Crisafulli, del quale nessuno osa chiedere le dimissioni. Come fare tutto ciò?

 Innanzitutto rispettando le regole che il PD si è dato e che sono contenute nel nostro Statuto.

Trasparenza contributiva. Perché chi non è in regola con i versamenti al partito non solo viola una regola statutaria, ma soprattutto perché i nostri circoli sono e devono rimanere liberi e questa libertà passa per l’autonomia finanziaria che, spesso, oggi manca e mette a serio rischio la sopravvivenza e il fondamentale lavoro di presenza e cura sul territorio. Inoltre, solo un partito finanziariamente sano può investire sulle nuove generazioni, sulle competenze e sulle donne, cioè su una potenziale classe dirigente che oggi non avrebbe i mezzi economici per affrontare campagne elettorali autofinanziate.

Tre mandati, poi a casa. Ci sono molti modi per mettersi a disposizione di un partito, se si vuole continuare a fare politica. Ma non si può essere parlamentari, o sindaci, o consiglieri a vita.

Elezioni primarie sempre, con regolamenti certi e condivisi, così da non far scegliere i nostri candidati alle segreterie o in oscure stanze con il caminetto acceso. A me, personalmente, piacciono le file ai gazebo, gli spazi aperti, nei quali le persone si incontrano, discutono e decidono, con strumenti democratici, da chi farsi rappresentare.

Io, personalmente, non mi sento più rappresentato da dirigenti del PD che scrivono pizzini durante le trasmissioni televisive per mettere in difficoltà gli alleati. Non mi sento più rappresentato da dirigenti del PD che hanno congiunti che, guarda caso, iniziano a prendere appalti grazie alla giunta regionale di turno. Non mi sento più rappresentato da dirigenti del PD che tengono per anni nel cassetto i segreti della commissione antimafia e che reputano normale che un altro dirigente del PD, non di Forza Italia o del PdL o dell UDC, ma del PD, in Sicilia, frequenti boss mafiosi. Riuscirà, il PD, a non stringersi ‘sta fune ‘n canna con le sue stesse mani?

Siamo qui per questo. Perché vogliamo un PD diverso rispetto a quello che abbiamo visto finora. E vogliamo città diverse nelle quali vivere. E vogliamo un paese diverso rispetto a quello nel quale 17 anni di Berlusconismo ci hanno relegato. Il PD è vivo, e le persone presenti qui oggi ne sono uno splendido esempio. Le nostre città sono vive, e oggi Napoli ne è uno splendido esempio. Ma soprattutto l’Italia, nonostante Berlusconi, è viva.

Grazie a tutti.