Archivi giornalieri: 24 Luglio 2013

Occhieggiare a sinistra

Stamattina mi sono divertito a sfruculiare Ivan Scalfarotto, ospite a Radio Città Futura. Sapete com’è, è possibile inviare SMS con domande che i conduttori riportano all’ospite. E non ho resistito.

Prima domanda: ma invece di inventarvi formule astruse, civil partnership, all’inglese, alla tedesca, non sarebbe meglio parlare di matrimoni e basta (sottinteso per le persone omosessuali). Risposta:fosse per me! E lo so caro Ivan, ma sono curioso di vedere cosa proporrà Renzi, visto che, durante le primarie dello scorso anno, aveva (e avevate) spiegato che per andare da A a B è meglio farsi tutto l’alfabeto piuttosto che una linea retta.

Seconda domanda: cosa pensi della candidatura di Pippo Civati al congresso? Risposta: stimo molto Pippo ma mi sembra che occhieggi ad una sinistra radicale, a MircoMega (!), a Ingroia (!!), al M5S che peraltro di sinistra non ha nulla. Ora sarebbe facile rispondere con la battuta che uno sembra tanto più di sinistra quanto gli altri si spostano a destra (cit.). Oppure ricordando a Scalfarotto che la stragrande maggioranza di quelli che votano M5S votavano PD o voterebbero PD, se solo fosse un partito diverso da quello che è oggi. Però credo ancora abbia un senso capire da che parte si sta. O meglio, capire da che parte si vogliono andare a prendere i voti e per farne cosa. Mi dispiace non aver sentito l’opinione di Ivan sulla vicenda FIAT-Cassazione (ero in macchina, sono entrato in un garage), che lui stesso aveva annunciato come eterodossa. Ma posso immaginarla. È giusto rinunciare a diritti sotto lo schiaffo del ricatto occupazionale. È giusto additare la FIOM come massimalisti (che i contratti li firmano, eccome). È inopportuno, anzi sbagliato partecipare alle manifestazioni della FIOM. Come se lì, tra quelle persone, non ci fossero lavoratori con i propri diritti. Spesso calpestati. Beh, io sono contento che ci sia un candidato alla segreteria del PD come Pippo che in mezzo a quei lavoratori ci va, e lo rivendica.

Occuparsi dei lavoratori, dei diritti, dell’ambiente, delle donne, della cultura sarà tanto “di sinistra” ma è sempre qualcosa di rivoluzionario.

Ecco, bene che le posizioni emergano, in vista del congresso. Perchè dovremo capire, nei prossimi mesi, il PD dove vuole andare, e dove vuole portare il Paese.

Il congresso che sarà

Secondo Pippo Civati. E noi con lui.

Azione popolare è un bel concetto-strumento che Salvatore Settis ha recuperato in una delle sue più recenti pubblicazioni. Azione è anche la parola preferita dei sostenitori di Obama e la matrice di tutte le sue iniziative. Organizing for action ovvero Democracy in action.

Ecco, a chi mi chiede che tipo di campagna congressuale farò, rispondo così: che non sarà semplicemente una campagna per la segreteria, ma sarà una campagna politica, in cui le ‘tesi’ non solo siano associate alle ‘persone’, ma a una grande mobilitazione, che spalanchi le porte del Pd e della politica italiana nel suo complesso, che metta alla prova la democrazia rappresentativa attraverso una grande partecipazione di persone e di idee.

Un congresso per campagne e per azioni che muoverà dai temi di oggi per disegnare un futuro che oggi ci neghiamo, perché qui, secondo qualcuno, dobbiamo stare. E pensare al futuro, soltanto pensarlo, potrebbe fare cadere il governo e mettere in discussione chissà quale certezza.

Un cambio di prospettiva radicale: non un paludato e paludoso congresso per mozioni e correnti, ma una campagna che attraversa l’Italia e che ci porterà comunque lontano, che interpellerà le coscienze e si appellerà ai cittadini perché siano loro i protagonisti.

Un modo per disegnare il Nuovo Partito Democratico fin da ora, ribaltandone le consuetudini, dando senso alla mobilitazione cognitiva (come dice Fabrizio Barca) e morale e civile, sulla base di obiettivi in cui il profilo del Pd finalmente si riconosca, perché netto, perché preciso, perché democratico.

Una campagna che finalmente ci rappresenti e che dimostri che si può fare diversamente, che ci sono alternative e che la sfida è proprio quella di scegliere qual è l’alternativa che ci convince di più.

Per dare una prospettiva di governo al cambiamento, per tornare a fare politica, per dare dignità al conflitto sociale e recuperare la sfiducia.

Un congresso può essere la cosa più noiosa del mondo, se si limita a contare dirigenti, a fare tessere in batteria, a misurare le regole sulla convenienza di qualcuno. Ma può essere la cosa più appassionante, se serve a cambiare.

Sono anni che attendiamo un cambiamento di questo tipo, che si tenga lontano da Scilla e dalla partitocrazia più dura e tetragona e da Cariddi e dal populismo più velleitario. Ora tocca a noi, che abbiamo un piccolo vascello, ma sappiamo che il vento soffia nella direzione corretta.

Non che sia facile, ma se lo fosse, non sarebbe così appassionante.