Archivi tag: FIOM

Il Jobs Act, per quello che è

jobs_act_640

Dall’intervista di Luciano Gallino a Micromega.

Scusi professore, lei parla di un progetto vecchio eppure il governo – che del nuovismo ha fatto un cavallo di battaglia – lo sponsorizza proprio per modernizzare il Paese. Dov’è l’imbroglio? 

Nel Jobs Act non vi è alcun elemento né innovativo né rivoluzionario, tutto già visto 15-20 anni fa. E’ una creatura del passato che getta le proprie basi nella riforma del mercato anglosassone di stampo blairiano, nell’agenda sul lavoro del 2003 in Germania e, più in generale, nelle ricerche dell’Ocse della metà anni ’90. Inoltre si tratta di una legge delega, un grosso contenitore semivuoto che sarà riempito nei prossimi mesi o chissà quando. Non mi sembra un provvedimento che arginerà la piaga della precarietà né che rilancerà l’occupazione nel Paese. 

Una bocciatura netta. E del premier che giudizio esprime, molti iniziano a considerare il renzismo come il compimento del berlusconismo. E’ d’accordo? 

Per certi aspetti sì, il Jobs Act potrebbe tranquillamente esser stato scritto da un ministro di un passato governo Berlusconi. Non a caso Maurizio Sacconi è uno dei politici più entusiasti. Renzi continua nel solco di politiche di destra impostate sul taglio ai diritti sul lavoro, sulla compressione salariale e sulla possibilità di un maggiore controllo delle imprese sui dipendenti, vedi l’uso delle telecamere. 

In un recente editoriale su Repubblica ha contrapposto alla Leopolda renziana, la piazza della Cgil. Eppure in altre occasioni passate aveva espresso dubbi sull’organizzazione di Susanna Camusso, accusandola di aver “appannato la bandiera del sindacato”. Ha cambiato idea? 

Negli ultimi mesi ad esser cambiata è la Cgil. In diversi frangenti non ha contrastato i nefasti provvedimenti avanzati dai governi, come nel caso della riforma pensionistica. Ha accettato supinamente leggi micidiali e lo smantellamento del nostro welfare. SulJobs Act è stata incisiva mettendo in piedi una dura resistenza. E le divergenze tra Cgil e Fiom – che invece ha sempre mantenuto la barra dritta – ora sono minori, questo va salutato positivamente. 

Any given friday (ovvero dello sciopero generale)

sciopero-generale-1

Seguo abbastanza allibito le polemiche sullo sciopero generale proclamato per venerdì 5 dicembre.

Maledetto venerdì.

Due parole, sul piano strettamente politico, le ha dette l’amico Gianpaolo:

“Io capisco i renziani-renziani. I fighetti alla Serra che lo sciopero lo vorrebbero abolire o limitare, quelli che in realtà hanno fatto molti “ponti” nella loro vita ma non sanno cosa sia perdere una giornata di salario, con la crisi che morde. E’ la loro natura, non possono cambiarla.
Ma quelli acquisiti, quelli che fino a ieri in piazza ci scendevano, quelli che si definivano “di sinistra”, beh, quelli mi fanno un po’ schifo e anche un po’ paura.”

Aggiungo: quale sarebbe il vantaggio per la CGIL, e per il lavoratori, scioperare di venerdì? Il ponte? Cioè, per fare un giorno di vacanza in più un lavoratore, di questi tempi, rinuncerebbe senza colpo ferire ad una giornata di lavoro, che in busta paga fanno sempre 60-100 €? Come dire, bruciarsi un mese di 80€ renziani per far sega al lavoro? Ma non sarebbe più furbo prendere un giorno di ferie, come in effetti molti, di quelli meno sindacalizzati, fanno? E la CGIL, cosa ne guadagnerebbe, forse milioni di aderenti allo sciopero? E come si fa, se le aziende sanno benissimo quali siano i giustificativi che i lavoratori utilizzano per il giorno di assenza?

E poi consentitemi: si dice che il sindacato non deve fare politica, che non può permettersi di contrattare con il governo le leggi, se vuole può farsi eleggere in parlamento. Si chiama disintermediazione, che è l’opposto della concertazione. Si dice anche che lo sciopero è uno strumento obsoleto. Ma allora i lavoratori quali strumenti hanno per far sentire la propria voce?

Una gara di peti a Piazza San Giovanni? Le mazzate? Andare in giro con il culo di fuori? Attaccarsi un cartello in fronte con su scritto fate di me quello che volete?

Oppure, davvero, si sta facendo strada l’idea che i diritti sono le elemosine che il tuo datore di lavoro, forte delle pseudo-riforme in vista all’orizzonte ti concede, perché l’imperativo è produrre con un costo del lavoro sempre più basso, e vinca il più forte?

Ma l’idea che un lavoratore scioperi per difendere i diritti di tutti noi, proprio no, veh? Molto meglio mettere i lavoratori gli uni contro gli altri.

Divide et impera.

Occhieggiare a sinistra

Stamattina mi sono divertito a sfruculiare Ivan Scalfarotto, ospite a Radio Città Futura. Sapete com’è, è possibile inviare SMS con domande che i conduttori riportano all’ospite. E non ho resistito.

Prima domanda: ma invece di inventarvi formule astruse, civil partnership, all’inglese, alla tedesca, non sarebbe meglio parlare di matrimoni e basta (sottinteso per le persone omosessuali). Risposta:fosse per me! E lo so caro Ivan, ma sono curioso di vedere cosa proporrà Renzi, visto che, durante le primarie dello scorso anno, aveva (e avevate) spiegato che per andare da A a B è meglio farsi tutto l’alfabeto piuttosto che una linea retta.

Seconda domanda: cosa pensi della candidatura di Pippo Civati al congresso? Risposta: stimo molto Pippo ma mi sembra che occhieggi ad una sinistra radicale, a MircoMega (!), a Ingroia (!!), al M5S che peraltro di sinistra non ha nulla. Ora sarebbe facile rispondere con la battuta che uno sembra tanto più di sinistra quanto gli altri si spostano a destra (cit.). Oppure ricordando a Scalfarotto che la stragrande maggioranza di quelli che votano M5S votavano PD o voterebbero PD, se solo fosse un partito diverso da quello che è oggi. Però credo ancora abbia un senso capire da che parte si sta. O meglio, capire da che parte si vogliono andare a prendere i voti e per farne cosa. Mi dispiace non aver sentito l’opinione di Ivan sulla vicenda FIAT-Cassazione (ero in macchina, sono entrato in un garage), che lui stesso aveva annunciato come eterodossa. Ma posso immaginarla. È giusto rinunciare a diritti sotto lo schiaffo del ricatto occupazionale. È giusto additare la FIOM come massimalisti (che i contratti li firmano, eccome). È inopportuno, anzi sbagliato partecipare alle manifestazioni della FIOM. Come se lì, tra quelle persone, non ci fossero lavoratori con i propri diritti. Spesso calpestati. Beh, io sono contento che ci sia un candidato alla segreteria del PD come Pippo che in mezzo a quei lavoratori ci va, e lo rivendica.

Occuparsi dei lavoratori, dei diritti, dell’ambiente, delle donne, della cultura sarà tanto “di sinistra” ma è sempre qualcosa di rivoluzionario.

Ecco, bene che le posizioni emergano, in vista del congresso. Perchè dovremo capire, nei prossimi mesi, il PD dove vuole andare, e dove vuole portare il Paese.

Incompreso

Così Gad Lerner, ieri, commentava l’ennesima prova di forza dell’AD FIAT:

[…] “I diciannove lavoratori di Pomigliano posti ieri in mobilità rappresentano un costo annuo insignificante per la multinazionale dell’ auto: meno di quel che guadagna Marchionne in una settimana. Ma vengono sacrificati come ostaggi in una guerra che Fiat ha dichiarato non solo contro il sindacato metalmeccanico col maggior numero di iscritti, ma anche contro la magistratura italiana, cioè lo stato di diritto, e quindi contro le regole condivise della nostra collettività.” […]

[…] “Dalla rappresaglia contro gli iscritti alla Fiom ora la Fiat passa alla rappresaglia contro i lavoratori in genere. Diffonde la paura negli stabilimenti, trasmettendo l’ idea che “per colpa” dei pochi che hanno osato difendere i propri diritti facendo ricorso e ottenendo giustizia, a pagare potrà essere chiunque.” […]

Difficile non essere d’accordo. Però c’è chi pensa che l’atteggiamento di Marchionne sia semplicemente il frutto della volontà di modernizzare le relazioni indistriali del nostro Paese, nel quale l’AD FIAT è un incompreso, uno troppo avanti.

«Marchionne non vìola la legge quando cerca di praticare il modello di relazioni industriali “all’americana” che l’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori consente. È la cultura dominante che lo respinge».

Troppo avanti, anche Pietro Ichino. Troppo cool. Si arriva a dire, come ormai si sostiene da tempo, che i diritti possono essere monetizzati. E così la dignità del lavoratore:

«Secondo la legge italiana, l’ad di Fiat ha il diritto di non riconoscere le rappresentanze del sindacato che non ha firmato alcun contratto collettivo applicato in azienda. Ma non ha il diritto, come potrebbe fare in America, di discriminare i suoi iscritti. Ciononostante, a mio avviso, il provvedimento adottato dal giudice in questo caso è inappropriato». «Di fronte a un caso come questo, in qualsiasi altro paese il giudice avrebbe adottato la sanzione più appropriata, che è quella del risarcimento del danno.

Forse l’onestà intellettuale di ammettere che FIAT un piano indistriale non ce l’ha mai avuto, ultimamente, non guasterebbe.

E comunque, se questo è il futuro della sinistra riformista e del PD…

 

Due parole sulla manifestazione della FIOM

Venerdì c’ero anch’io, a manifestare con la FIOM. Ma non ero lì per la FIOM. La FIOM fa il suo lavoro, con i suoi limiti, le sue certezze, le sue contraddizioni. Difende i lavoratori e saranno i lavoratori a dire se lo fa bene o lo fa male.  E comunque la storia che il sindacato voglia giocare un ruolo politico non mi convince. Le stesse cose furono dette a Sergio Cofferati quando portò 3 milioni di persone in piazza per l’articolo 18, e sono passati giusto 10 anni e il sindacato continua a fare il sindacato e le questioni sono ancora le stesse.

Ero lì per i lavoratori. Non c’erano pericolosi terroristi, bolscevichi in tuta da lavoro o rivoluzionari con la pancia piena. C’era il mondo del lavoro operaio. Quello che paga, come molti e forse più nel Paese, il prezzo della crisi. Un mondo che chiede equità, giustizia sociale, democrazia. Che chiede lavoro. Forse parole davvero rivoluzionarie, al giorno d’oggi. Chissà cosa ne penserebbe Di Vittorio. Non potevo che essere lì, venerdì. E anche il PD avrebbe dovuto esserci. E in effetti c’era, in qualche forma. C’era Pippo Civati, c’era Vincenzo Vita, c’era Marco Miccoli, c’era Furio Colombo e c’erano, soprattutto, tanti iscritti e militanti del PD nel corteo, sicuro. Non per una passeggiata, ma perchè condividono la preoccupazione per tutte quelle domande che non hanno ancora trovato una risposta. Ma se non c’è il PD come partito significa che in quella piazza è assente la politica.

E chi, se non la politica, ha il compito di dare soluzioni alle questioni che affliggono il mondo del lavoro? E chi, se non il PD, ha il compito di indicare una strada che sappia coniugare protezione sociale, difesa dei diritti e nuova forma del rapporto tra capitale e lavoro? E chi, se non il PD, ha il dovere di evitare che opposti settarismi spingano la FIOM da un lato e la Confindustria dall’altro ad assumere posizioni intransigenti che rischiano di spingere un intero ceto produttivo verso posizioni sempre più estreme? Sempre che il PD voglia fare il PD, ovvio. Trovare le risposte. Tic toc tic toc.

p.s. per chi volesse approfondire, tre bei post sulla manifestazione qui, qui e qui.

Ci siamo capiti

Se ho capito bene oggi dovrebbe esserci una iniziativa a favore de Il Manifesto che rischia di sparire, come molte altre testate giornalistiche. Aderiscono in massa, com’è giusto che sia, molti esponenti del PD. Perchè Il Manifesto è una voce importante della sinistra italiana e la democrazia non è mai troppa, anche nel campo dell’editoria. Anche se Il Manifesto di certo non è tenero con il governo Monti. Un giornale molto di lotta e poco di governo, sicuramente. Se, allora, ciò che importa è il fine (la difesa della democrazia) e non il mezzo (la testata giornalistica), con la stessa logica in piazza con la FIOM dovrebbe andarci anche il PD. Perchè non è in gioco la sponda politica alla FIOM (il mezzo), ma la difesa dei diritti dei lavoratori (il fine). E in quella piazze chi ha a cuore le sorti dei lavoratori, la democrazia nelle fabbriche, ci deve stare.

Tempi moderni

Nei giorni scorsi Pietro Ichino ha inviato una lettera al Corriere della Sera: argomento Pomigliano e gli errori della sinistra. Va bene tutto. Lo dico meglio, si può discutere di tutto. Della mancanza di lavoro. Della camorra fuori la porta. Di De Magistris che decide di n0n visitare lo stabilimento. Della FIOM fuori dalla fabbrica. Della necessità di rivedere le leggi. Dell’automazione industriale che ha sicuramente migliorato le condizioni di lavoro degli operai. Però, per cortesia, Ichino non ci faccia passare una fabbrica, moderna quanto si vuole, per il salotto di casa.

Chi non firma è fuori

Se non firmi un contratto non hai più diritto ad esercitare il ruolo di sindacato in una azienda. Anche se hai gli iscritti. Anche se hai la maggioranza tra gli iscritti. Fuori. Oggi tocca alla Magneti-Marelli.  Sarà pure un principio sancito dalla legge, ma ritengo sia un principio sbagliato e profondamente antidemocratico. I buoni da una parte, i cattivi dall’altra. Vallo a sape’, poi chi so’ i buoni e chi so’ i cattivi.

E se, per assurdo, nessuno avesse firmato, i lavoratori si sarebbero trovati del tutto privi di rappresentanza sindacale?

Gli operai piangono, Angeletti ride

Oggi sentire Luigi Angeletti dire, sostanzialmente, che la decisione unilaterale di FIAT di disdire il CCNL in tutti i suoi stabilimenti non è un problema e che, anzi, i lavoratori potranno migliorare le proprie condizioni, beh, mi ha dato un leggero senso di fastidio. Tra l’altro rideva, mentre parlava. Rideva, quando ha fatto notare che è la legge a stabilire che chi non firma i contratti resta privo di rappresentanza sindacale. Rideva. Ma che cazzo ci sarà stato da ridere.