Archivi tag: riforme

Corsi e ricorsi storici (sottotitolo: datemi un leader qualsiasi che mi sento meglio)

Se Berlusconi, da premier, avesse proposto la metà di quanto proposto da Renzi in tema di riforme Costituzionali, poteri del Presidente del Consiglio, legge elettorale, avremmo fatto le barricate al grido di golpe.

Per non parlare delle controriforme del mercato del lavoro, della non-concertazione con sindacati e confindustria. Della demagogia. Della retorica del fare. Del populismo.

Cazzo, il populismo. Ci siamo assuefatti pure a quello, a sinistra.

Due passaggi decisivi

Tratti dall’intervento di Walter Tocci, ieri, in direzione Nazionale del PD.

Il primo riguarda le cosiddette riforme costituzionali:

Il presidenzialismo non è un emendamento, è un’altra Costituzione. Non tutte le generazioni hanno l’autorevolezza per cambiare la Costituzione. Che possa farlo una classe politica al minimo storico di credibilità è un ardimento senza responsabilità. Lasciamo il compito alle generazioni successive. Apprezzeranno la nostra umiltà.

Il secondo riguarda il PD:

Bisogna cambiare il PD, non la Costituzione. La politica seguita in questi mesi va messa in discussione. E invece sento dire che la linea era giusta, è mancata solo la disciplina. Lo disse anche Cadorna dopo Caporetto. Poi il comando fu affidato al generale Armando Diaz, il quale riformò radicalmente l’organizzazione militare, suscitando in questo modo un nuovo senso della disciplina e unificando le forze per vincere la guerra. Al momento del suo insediamento disse: “L’arma che sono chiamato a impugnare è spuntata: bisognerà presto rifarla pungente; la rifaremo”. Aspetto ancora un nuovo segretario del PD che si presenti con una simile intenzione. Invece la tendenza è sopire, attutire, rinviare. Come se non fosse successo niente i responsabili della sconfitta pretendono ancora di comandare.

 

C’è sempre chi dice no

Gli inciucisti a prescindere non mi piacciono, nemmeno un pò. Però sono sempre pronti a pontificare, a gridare allo scandalo, non appena si paventa la benché minima remota possibilità di dialogo tra PD e PDL sulle riforme. Tralascio i commenti sul blog di Beppe Grillo, ridotto a macchietta di se stesso, commenti che fanno semplicemente vomitare per omofobia, razzismo, fanatismo. Sarebbe troppo banale chiedersi con chi, il PD, dovrebbe farle, ‘ste riforme. Campioni della democrazia che si sentono talmente democratici da dire che le riforme bisogna farsele da soli. Una parte contro l’altra. Esattamente come ha fatto il centrodestra negli anni in cui ha governato. Un metodo criticatissimo, e ci mancherebbe. Le riforme, quelle che riguardano le regole, i sistemi elettorali, l’architettura istituzionale, in qualsiasi paese civile si fanno con le forze politiche che stanno in Parlamento. L’importante è farle alla luce del sole, senza sotterfugi. Tenendo alto il livello di attenzione. Certo, il passaggio è stretto, strettissimo però non si può essere contrari a prescindere.

I ragazzi non si applicano

Quando la politica «decide» qualcosa – riformare la sanità, dismettere parte del patrimonio pubblico, ridurre gli sprechi di un servizio – dovrebbe avere già i piani operativi pronti, come li hanno gli stati maggiori degli eserciti. Nessun Paese è privo di piani militari di difesa, nessun Paese rinuncia ad aggiornarli costantemente, perché in caso di attacco bisogna essere in grado di reagire subito, non c’è il tempo per riunirsi, studiare, discutere, dibattere, nominare commissioni. Invece le forze politiche, pur sapendo da almeno venti anni quali sono i problemi strutturali dell’Italia, sono del tutto prive di piani operativi (non hanno studiato!), tanto è vero che, quando decidono di intervenire su qualcosa, invariabilmente procedono nominando una commissione «per studiare il problema», come se il problema fosse sorto in quel momento. Ma quella commissione, di nuovo, non avrà tempo per studiare. E così la storia si ripete all’infinito.

Luca Ricolfi, qui.

Agazio, Bobo e il PD

l142Loiero se ne va dal PD.
Che dire, non è che mi straccio le vesti.
Sarà stato anche uno dei fondatori del PD, però credo che sia uno di quelle personalità politiche che hanno fatto il loro tempo, dopo più di trent'anni di attività e vari cambi di casacca.
Diciamo che Loiero incarna il prototipo, nel bene e nel male, del castosauro.
Un ras regionale del quale personalmente non sentirò la mancanza.
Forse qualcun'altro si, pensando alla barca di voti che smuoveva ancora in Calabria.
Però, annunciando la separazione dal PD, Loiero pone due questioni interessanti.
Primarie e federalismo.

« Le primarie si possono eliminare – si è chiesto Loiero – perchè, se si fanno, vince Vendola contro il segretario?».
Domanda legittima, se la pongono in tanti.

«Ho l'impressione netta – ha aggiunto Loiero – che la tendenza prevalente nel Pd sia quella di occhieggiare a Bossi. Appena c'è un problema all'interno della coalizione di governo nazionale, ecco che ci sono subito delle aperture alla Lega.»

Sono 18 anni, a mio avviso, che si corre appresso alla Lega sul tema del federalismo.
Posto nei termini della Lega, il federalismo è una bufala. E sono sotto gli occhi di tutti gli effetti devastanti che avrebbe per i comuni l'approvazione di quanto in discussione in Parlamento.
Poi c'è una questione squisitamente tattico-politico, ma credo di fondamentale importanza.
In tutti questi anni la stampella di B., chiesa a parte, è stata la Lega.
Che ha fatto dell'approvazione del federalismo la ragione della propria esistenza, mentre i danni colaterali aumentavano a dismisura.
Senza federalismo, non c'è alleanza Berlusconi-Bossi che tenga.
B. rischia di rimanere solo.

maroni-1_280xFreeHa senso allora continuare a dirsi pronti, da parte del PD, a discutere di federalismo?
O forse non avrebbe più senso puntare sul fallimento di questo federalismo e quindi dichiararsi indisponibili a qualsiasi trattativa?
A meno che qualcuno non abbia detto a Bossi di stare tranquillo, il federalismo lo avranno a patto di liberarsi di Berlusconi.
Ci penserà il primo governo Maroni, appoggiato anche dal PD.

L’effetto domino di Pomigliano

Qualcuno ragionevolmente pensava che Pomigliano non avrebbe fatto scuola?
Le relazioni industriali in Italia stanno cambiando unilateralmente, anzi, trilateralmente, visto che CISL e UIL hanno rinunciato al loro ruolo di controparte rispetto all'azianda, ma si sono fatti sindacato-azianda a loro volta.
Ci sarà un referendum anche a Mirafiori, certo, ma ha senso una consultazione tra lavoratori quando su di essi pende la spada di Damocle del ricatto occupazionale?
E' possibile competere sui mercati globali semplicemente esportando modelli produttivi che comportano una diminuzione delle tutele dei lavoratori?
Anche a Pomigliano la FIOM aveva proposto all'azienda un contropiano che coniugava le esigenze di maggiore produttività con la salvaguardia dei diritti, ma se l'obiettivo ultimo della Nuova Triplice (FIAT-CISL-UIL) è quello di isolare la CGIL, allora non c'è trattativa che tenga.
Susanna Camusso, oggi, su La Repubblica.

camusso_susanna--400x300"Sergio Marchionne? Un antidemocratico, illiberale e autoritario", risponde Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, che per la prima volta parla dell'accordo separato alla Fiat-Chrysler raggiunto alla vigilia di Natale. Un'intesa – dice – che la Cgil non avrebbe mai firmato perché "non si può concordare l'esclusione di un sindacato". Camusso attacca Cisl e Uil: "Si sono trasformate in sindacati aziendalisti che propagano la posizione della Fiat". Poi la Confindustria: "O fa sentire la sua autorevolezza nel sistema delle imprese oppure prevarranno le regole della giungla. Non può limitarsi a guardare perché è in atto un'offensiva pure nei suoi confronti". Ma ci sono anche errori della Fiom, sostiene il leader della Cgil: "Dovremo discuterne al nostro interno". Nessuno sciopero in vista (a parte quello della Fiom) ma una grande campagna sul tema della libertà sindacale. E il Pd? "Bene Bersani – risponde Camusso – ma troppo spesso a sinistra si sviluppa uno stucchevole dibattito sull'innovazione senza accorgersi che può rappresentare anche un profondo arretramento".

Cosa significa l'esclusione della Fiom da Mirafiori, fabbrica simbolo nella storia industriale italiana?
"Significa il ritorno agli anni Cinquanta. Allora c'erano i reparti confino, oggi c'è l'esclusione della rappresentanza sindacale. L'idea, tuttavia, è esattamente la stessa. E cioè quella di costruire un sindacato non
aziendale bensì aziendalista il cui unico scopo è quello di propagare le posizioni dell'impresa".

Non le pare un po' offensivo nei confronti della Cisl e della Uil?
"Guardi, nel suo libro "Il tempo della semina", Bonanni racconta con orgoglio come, proprio negli anni Cinquanta, la Cisl rifiutò la richiesta della Fiat di inserire nelle liste cisline per l'elezione delle Commissioni interne alcuni nomi graditi all'azienda. È Bonanni che illustra bene come il sindacato aziendale sia la negazione di quello confederale. Ora dovrebbe spiegarci lui come considera un accordo che contiene al suo interno le regole per escludere un altro sindacato confederale".

Si sta prefigurando un sistema di relazioni industriali senza la Cgil?
"Secondo me la Fiat ha deliberatamente costruito una successione di eventi per negare la libertà sindacale".

Marchionne ha sempre detto che tesi di questo genere non stanno né in cielo né in terra.
"E allora, perché non applica l'accordo interconfederale del '93 sulla libertà sindacale? Vorrei poi ricordare a Confindustria che non può restare immobile se vuole evitare che salti, come ha riconosciuto, il sistema della rappresentanza sindacale. Se non si vuole rischiare che il conflitto sociale diventi ingovernabile bisogna al più presto trovare un accordo sulla rappresentanza e la democrazia sindacali che completi il protocollo del '93".

Spetta alla Confindustria aprire il negoziato?
"È irrilevante chi lo fa. Io credo che Cisl e Uil abbiano sottovalutato l'effetto dell'intesa per Mirafiori. Perché quando si permette a una grande impresa di escludere un sindacato, si sa con chi si comincia ma non si sa con chi si finisce".

Considera Marchionne un innovatore o, come si diceva un tempo, un reazionario?
"Penso che il tratto distintivo di quell'accordo sia il suo essere anti-democratico. Direi che Marchionne è un anti-democratico e illiberale. Il tema vero è questo. Aggiungo che non può esserci un modello partecipativo che si fondi sull'impedimento della libertà sindacale".

Ma la Fiom non poteva firmare "turandosi il naso", rimanendo però all'interno della fabbrica?
"È difficile applicare il principio del voto con il naso turato nelle trattative sindacali. La Fiom, possibilmente con la Cgil, dovrà aprire una discussione su questa sconfitta. Perché, l'ho già detto, un sindacato non può limitarsi all'opposizione altrimenti rinuncia alla tutela concreta dei lavoratori".

Sta criticando la Fiom. Le colpe, allora, sono anche a casa sua?
"Quando c'è una sconfitta non possono non essere stati commessi degli errori. Nessuna grande sconfitta è solo figlia della controparte. Ce l'ha insegnato Di Vittorio: se anche ci fosse una responsabilità in percentuale minima, su quella ci si deve interrogare".

Perché condivide il no all'accordo per Mirafiori?
"Perché quella proposta è poco rispettosa della fatica del lavoro. Non si può applicare ai lavoratori la cosiddetta "clausola di responsabilità", secondo la quale non è possibile opporsi all'intesa e scioperare anche se le condizioni di lavoro diventano insopportabili. Una clausola di quel tipo possono sceglierla sindacati e imprese ma non possono subirla i lavoratori".

Dunque, questo è il motivo del no?
"Questo è il motivo . Comunque la Cgil non firmerebbe mai un accordo che escludesse un altro sindacato".

Ammetterà almeno che Cisl e Uil hanno reso possibile l'investimento della Fiat e così il futuro produttivo di Mirafiori?
"Capisco questo ragionamento e lo considero un tema importante. Tuttavia mi piacerebbe sapere qual è il progetto "Fabbrica Italia" e come la Fiat pensi di colmare il ritardo che ha accumulato rispetto ai suoi concorrenti sul versante dei modelli. Ma anche per questo continuo a non comprendere quale necessità ci fosse di ricorrere a un modello autoritario che ci riporta agli anni Cinquanta".

Una naturale reazione

Si sa, gli studenti sono, come dire un pò naif, un pò burloni. Ma tanto incazzati. E allora la ministra capirà se un pò di olezzo arriverà alle finestre della sua casa nella natìa Bergamo. Così forse ricorderà meglio le condizioni di vita di tante persone alle quali viene negato un futuro. Una vita di merda. Appunto.

20100522_gelmini-mariastella

10, 100, 1000 Pomigliano? Ma davvero?

Bonanni è convinto che si tratti della strada giusta. Quella che tutela di più i lavoratori. E i loro diritti.
Poi qualcuno prova a fargli capire che, invece, sono sulla strada sbagliata.

vernice-436Episodi da non sottovalutare.
Ma chi soffia, davvero, sul fuoco? 

Ma cosa vuoi che sia?

È la frase più esilarante, o drammatica, del colloquio tra Fini e Berlusconi riportata dal Corriere della Sera.
Ma cosa vuoi che sia una riforma costituzionale? Se fossi Bersani ci penserei bene prima di concordare una qualsiasi riforma con chi non ha il minimo rispetto della Costituzione e delle istituzioni.