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Ciao Carlo

imagesLa memoria va coltivata. Sempre.

Cinque anni fa scrissi questo. Sono considerazioni ancora valide.

E attuali.

Per anni si è dibattuto sul presunto fallimento del movimento no-global, che in quegli anni metteva a soqquadro città e piazze, con forme di protesta spesso estreme. Alla luce degli avvenimenti di questi altri cinque anni possiamo dire che il movimento aveva visto giusto. Le contraddizioni che nel 2001 sembravano essere evidenziate da una minoranza di facinorosi, oggi sono sotto gli occhi di tutti. Se ne fa portavoce quotidianamente Papa Francesco, capo attuale dei no-global.

 

 

Carlo Giuliani, ragazzo

Sono passati dieci anni da quel luglio del 2001. Sembrava che il mondo potesse cambiare davvero, sotto la spinta di un Movimento che si opponeva alla “globalizzazione” e immaginava una società più giusta. Una società a misura d’uomo, non solo commercio, business, sfruttamento delle risorse indefinito senza tenere in considerazione la natura. Grande attenzione per i poveri della Terra, esclusi da qualsiasi forma di progresso. Sfruttati, loro e loro terre. Lo sentivo vicino alle mie idee, alle mie aspirazioni, il Movimento. Mi riconoscevo spesso nelle parole di Luca Casarini, anche se  erano chiare le contraddizioni, il rifiuto-non-rifiuto della violenza come forma di opposizione alle multinazionali, alla politica dei Grandi, ai processi economici in atto. Volevo andare a Genova, quel luglio del 2001, per il concerto di Manu Chao e per i cortei, le manifestazioni. Volevo esserci. Poi scelsi di rimanere a Roma, un pò per pigrizia, un pò per timore che il clima potesse surriscaldarsi oltre quanto si immaginasse già dalle tensioni della vigilia. Ho sempre pensato che se fossi stato a Genova, in quei giorni, e avessi visto con i miei occhi le violenze, i soprusi, gli abusi delle forze dell’ordine contro persone inermi (i “black-block” furono lasciati devastare pezzi di città indisturbati), avrei preso anche io un sasso in mano e l’avrei lanciato contro un poliziotto, un finanziere, un carabiniere infedele. O forse solo fedeli agli ordini che Fini, Ascierto e Mantovano impartivano dalle sale operative.  Forse avrei preso un estintore e l’avrei lanciato contro una camionetta dei carabineri, nella quale c’erano ragazzi mandati allo sbaraglio, senza preparazione per poter fronteggiare i tumulti di quei giorni. Forse avrei fatto esattamente quello che ha fatto Carlo. Un ragazzo, come me, come tanti.