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Gli smemorati di Piazza Ungheria

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Nel 2008, all’epoca del ballottaggio Rutelli-Alemanno, non ero residente a Roma. Non mi trovai, quindi, nell’imbarazzo della scelta. Che poi imbarazzo non sarebbe stato, sia chiaro. Con tutte le remore sulla candidatura di Rutelli, che già allora era percepita come una vera e propria schifezza anche nel campo del centrosinistra, la pregiudiziale antifascista sarebbe stata prevalente su qualsiasi altra considerazione. Non fu così per tutti, però. Molti elettori del centrosinistra di quegli anni decisero di punire Rutelli, e il PD, per dare un segnale di discontinuità. Perché si erano stancati delle scelte calate dall’alto, dei capibastone, delle lotte intestine et similia. Questa fu la scelta che fecero anche molti elettori non propriamente di centrosinistra, o del PD. E che ovviamente fecero gli allora elettori di centrodestra. Sono passati otto anni, e le analisi dei recenti flussi elettorali dimostrano nei fatti come sia cambiato l’elettorato del PD (la mutazione genetica è sotto gli occhi di tutti), che a Roma è il primo partito solo nel I e II municipio, quelli dove si vive meglio (dove anche la sinistra prende più voti che altrove in città, ed è un fatto sul quale meditare per bene). Capita così che oggi proprio quelli che nel 2008 sostennero, con motivazioni “punitive” nei confronti dell’avversario, Alemanno, anziché Rutelli (e l’amministrazione Alemanno ha dato il colpo di grazia ad una città che già non era uscita in forma dalle amministrazioni precedenti), si scaglino contro la medesima scelta che potrebbero fare molti elettori romani votando Raggi anziché Giachetti (che per inciso era capo di gabinetto di Rutelli, cioè il più stretto collaboratore del candidato segato nel 2008, curioso no?) “per dare una lezione al PD”.

Il che, a mio avviso, ci starebbe pure. La vicenda Marino grida ancora vendetta per la forma vigliacca nella quale si è consumata. E quei vigliacchi che firmarono dal notaio sono stati i più votati nelle liste del PD, il che la dice lunga anche sulla natura del suo elettorato. Non voglio parlare di Orfini perché non mi vengono proprio le parole adatte senza insulti. In definitiva appare evidente, agli occhi di molti, che il PD a Roma sia sempre lo stesso che ha consentito, diciamo per omesso controllo, che prendesse piede Mafia Capitale. E a quale titolo, oggi, dovrebbero possedere l’autorevolezza per guidare la città?

Questo un aspetto.

Poi ci sono le cose da fare, a Roma, E quelle da non fare. Giachetti, e il PD, non hanno alcuna intenzione di rispettare la volontà degli italiani sull’acqua pubblica. Non hanno alcuna intenzione di dire basta al consumo di suolo. Non hanno alcuna intenzione di recedere dalla volontà di privatizzare le municipalizzate. Non hanno intenzione di fermare la speculazione edilizia, vedi il progetto complessivo delle stadio della Roma e le Olimpadi.  Non hanno intenzione di bloccare un progetto dannoso per l’intera regione come l’Autostrada a pagamento Roma-Latina (e opere connesse) e la bretella Cisterna-Valmontone.

Ieri Stefano Fassina ha proposto cinque punti ai due candidati al ballottaggio:

I punti sono «la rinegoziazione del mutuo con cassa depositi e prestiti, il referendum sulle Olimpiadi, un’edilizia che punti alla riqualificazione senza altro consumo di suolo, la conferma dell’attuale assetto proprietario di Ama, Atac, Acea, Farmacap, Assicurazioni di Roma e l’attuazione del referendum sull’acqua pubblica, risorse aggiuntive per gli asili nido e le scuole dell’infanzia».

A pare già evidente quale dei due contendenti sia più vicino a tali necessità.

Ciascuno farà la propria scelta, in autonomia, con trasparenza e senza nulla a pretendere. Mantenendo peraltro intatte tutte le remore che si nutrono su M5S.

Ma questa, come direbbe qualcuno, è Roma.

Immagini (apocalittiche) da fine ventennio

Se quanto stabilito oggi dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato in tema di legge elettorale sarà effettivamente promulgato nelle settimane prossime, potremmo finalmente dire di essere arrivati al punto più basso di questi venti anni di merda. Un emendamento proposto da Francesco Rutelli, ex tutto che se solo avesse avuto un minimo di dignità in Senato nemmeno avrebbe dovuto esserci, visto che sta lì con i voti miei e di tutti quelli che hanno votato PD e poi se n’è andato per fondare un partito tutto suo. Un partito che con un consenso da prefisso telefonico decide, insieme a quelli che già hanno votato il porcellum (PDL, Lega, UDC), di impedire ai cittadini di scegliere da chi vogliono essere governati. Di PDL e Lega nemmeno parlo. L’UDC non fa altro che il suo mestiere, galleggiare e provare ad essere l’ago della bilancia con l’unico intento di perpetuare loro stessi e il loro piccolo-grande potere, spesso collusi con la criminalità, e ‘vafanculo il bene Paese, del quale Casini si riempie spesso la bocca. E peccato per chi sta perdendo tempo appresso a ‘ste merde da mesi, quando tutto era ed è chiaro. Io penso che invece di blaterare un’intera classe dirigente del PD che persegue l’alleanza con i moderati dovrebbe autofotonizzarsi all’istante. Altro che rottamazione, qui Renzi non c’entra una mazza. Dovrebbero solo dire: abbiamo preso l’ennesima cantonata, è l’ultima, adesso facciamo cadere il governo, si va al voto con la legge che c’è, i parlamentari li facciamo scegliere ai cittadini con le primarie e noi non ci presenteremo. Ciao a tutti.

Cicciobello nasconditi

Della serie, querelateci tutti! E allora pubblico integralmente il post di Alessandro Gilioli sulla vicenda Lusi-Rutelli. Così saremo almeno due, eventualmente, ad essere chiamati in giudizio per aver pubblicizzato quanto contenuto nell’inchiesta de L’Espresso.

Ho letto più volte, e con molta attenzione, il comunicato con cui Francesco Rutelli ha reagito all’inchiesta di Primo Di Nicola ed Emiliano Fittipaldi.

E’ un documento impressionante di quello che è diventata la politica o, speriamo, una fetta della politica.

Prima di tutto, il merito.

Rutelli non nega – non può negare – la notizia di fondo: e cioè che la fondazione Cfs da lui fondata e presieduta ha preso una valanga di soldi dalla Margherita – Lusi tesoriere – a partire quando il medesimo Rutelli ha fondato il suo nuovo partito, l’Api.

Non so se ci sia un fatto giuridicamente rilevante in questo: so però che evidentemente i ‘rimborsi elettorali’ della Margherita, quando questa era già confluita nel Pd, sono serviti a finanziare le attività politiche di uno che dal Pd se n’era andato e aveva appena creato un partito concorrente e di un altro schieramento (il centro con Casini e Fini).

Allo stesso modo, Rutelli non può negare che Lusi, in quanto tesoriere della ex Margherita, ha versato un’altra valanga di soldi della ex Margherita a un comitato defunto da anni (Cento Città) di cui sempre Lusi era tesoriere: soldi che poi Centocittà ha passato alla fondazione di cui sopra,che a sua volta li ha girati alla neonata Api, che non li ha messi a bilancio.

In nessun passaggio del comunicato di Rutelli, notate bene, queste notizie vengono smentite.

Dice invece il leader dell’Api, parlando di sé in terza persona: «Rutelli non ha avuto personalmente neppure un centesimo dalla Margherita: ha svolto il suo incarico a titolo assolutamente gratuito».

E infatti il problema non è questo.

Il problema è il finanziamento (occulto) da parte della fu Margherita, via Lusi, alla fondazione di Rutelli e poi direttamente all’Api, mentre questa stava nascendo. E il secondo problema è che per quasi due mesi Rutelli ha sostenuto con veemenza di non aver mai preso un soldo da Lusi: una pubblica menzogna, a meno che non s’intendesse che non ha preso soldi privatamente, per usi personali.

Poi Rutelli dice anche che tutto è avvenuto «nel pieno rispetto delle regole e delle previsioni statutarie». Ed è vero, esattamente come Di Nicola e Fittipaldi hanno scritto: «Tutti i versamenti sono inferiori (spesso di poco) alla soglia dei 150 mila euro. Guarda caso, lo statuto della Margherita nel comma 7 delle sue “Disposizioni finali” prevede che durante la fase di costituzione del Pd “gli atti di straordinaria amministrazione e quelli di ordinaria amministrazione di importo superiore a 150.000 euro sono adottati congiuntamente dal Tesoriere e dal Presidente del Comitato Federale di Tesoreria”».

Quindi sono versamenti che hanno rispettato lo Statuto. Io direi aggirandolo, ma vedete un po’ voi.

Poi c’è il metodo.

Che è ancora più impressionante.

Non solo perché Rutelli accusa esplicitamente L’Espresso di aver preso parte al compimento di un paio di reati gravi (inquinamento delle prove e depistaggio!) ma soprattutto per quella frase finale: «L’Espresso (che ha ricevuto e riceve molti fondi pubblici), e quanti riportassero tali diffamazioni, saranno chiamati a rispondere in giudizio». Cioè, la minaccia di querela o causa civile non viene brandita solo verso la testata che ha pubblicato l’inchiesta, ma verso chiunque «riportasse tali diffamazioni».

Attenzione, perché è un salto di qualità, nelle intimidazioni dei politici: si minaccia chi parla dell’inchiesta dell’Espresso, chi ne riporta la notizia su altra testata o nel suo blog, probabilmente perfino chi la linka.

Insomma, è un’intimidazione universale.

Stamattina, alla macchinetta del caffè con Primo Di Nicola, si notava un po’ ridendo e un po’ no che se questa cosa l’avesse fatta Berlusconi saremmo già tutti in piazza.

Peggio di Borghezio

Indovina chi l’ha detto:

“Se introduciamo il criterio dello jus soli, ossia l’automatica cittadinanza italiana per chiunque nasca sul nostro territorio, rischiamo di trasformare l’isola di Lampedusa o il porto di Ancona o la stazione di Trieste nelle succursali della più clamorosa clinica ostetrica d’Europa.”

 

Potevate andare a Pescopagano (CE)

Non ne faccio una questione di moralismo, o di pauperismo, o di quellochevoletevoi-ismo.

È una questione di opportunità.

Parlamentari pagati da tutti noi non possono, in un momento come questo, farsi le vacanze di capodanno a 2.500,00 € a notte. Punto. Se poi appena tornati iniziano a blaterare dei sacrifici che gli italiani “normali” devono sostenere e trovano qualcuno che li manda affanculo, di che si lamentano?

A proposito di arretramenti

Cicciobello Rutelli, oggi:

“Voglio vedere bene il testo per capire se si tratta di un arretramento grave o di una flessibilità gestibile”: il leader di Alleanza per l’Italia, Francesco Rutelli sospende il giudizio sul’articolo 8 della manovra e la deroga dell’art.18. “Bisogna capire se e come recepisce il testo delle parti sociali, e concretamente quali implicazioni prevede”, osserva Rutelli. “Certo, in una fase come quella che stiamo attraversando, simili provvedimenti andrebbero comunque sempre accompagnati da misure contro il precariato”. “Pesa anche lo sciopero generale”, conclude il leader ApI, “una iniziativa del tutto rispettabile, ma attenzione, l’idea che ci siano partiti della sinistra che scodinzolano per partecipare fa parte della archeologia della politica, ci vuole autonomia nel rapporto tra politica e parti sociali”.

L’unico arretramento che ci vorrebbe è il suo, da Senatore della Repubblica. Eletto anche con i miei voti. Buffone.